Nacque a Osoppo (Udine) nel 1880 da Antonio e Anna Venchiarutti. Secondogenito di tre figli, mosse i primi passi nel mondo del lavoro nel laboratorio meccanico per la lavorazione del legno di proprietà del padre, dal quale apprese i segreti del mestiere. La sua figura di imprenditore va ricordata per la larghezza di vedute e la capacità di cogliere di volta in volta le occasioni: qualità che emersero nella loro pienezza alla fine della grande guerra. Posto alla direzione dell’azienda, infatti, affrontò il difficile momento, caratterizzato inoltre da una crisi del settore del mobile, puntando sulla diversificazione della produzione. Dedicatosi in una prima fase alla realizzazione di serramenti per caserme, volse poi il suo interesse al settore meccanico e a quello automobilistico in particolare. Iniziò così a costruire «cabine e cassoni per autocarri su autotelai Om, Fiat e Alfa Romeo», per sperimentare nello stesso torno di tempo l’utilizzo del legno per la trasformazione di autocarri militari residuati bellici in veicoli destinati al trasporto pubblico. Senza abbandonare del tutto il lavoro di falegnameria, negli anni Trenta, anche grazie alla collaborazione di un altro osoppano, Luigino Bottoni, avviò la produzione di carrozzerie in metallo per autobus, attività che alla vigilia della seconda guerra mondiale dava lavoro a una quarantina di operai. Durante il periodo bellico l’attività della fabbrica rallentò, venendo prima requisita dai tedeschi (1943-1945) e poi danneggiata dai bombardamenti. In quegli anni D. S. venne chiamato a occuparsi della vita pubblica di Osoppo, ricoprendo la carica di giudice conciliatore e di commissario prefettizio. Dopo aver superato non senza patimenti personali le ultime fasi del conflitto, seppe dare nuova linfa all’attività della sua azienda, che nel 1949, anno della sua morte, venne affidata alle cure dei figli Ilvo e Ubaldo.
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