È possibile seguire tutte le tappe della carriera artistica di D. N. perché fu lui stesso a raccoglierne e sistemarne la documentazione in album di fotografie e di bozzetti, che permettono di datare le opere conosciute e farsi un’idea di quelle perdute. Delneri (questa la grafia del cognome fino al 1915) nacque a Gorizia il 18 marzo 1890 da Clemente e da Caterina Paulin. Dal padre, affermato decoratore di chiese, a sua volta figlio del pittore di genere Giuseppe, ricevette una buona preparazione tecnica, ulteriormente consolidata da Giovanni Cossar, suo insegnante di materie artistiche presso le Scuole reali di Gorizia. L’indole vivace e il talento precoce lo condussero poi, appena diciottenne, a Vienna, città che – insieme a Monaco di Baviera – attirava tutti i giovani artisti giuliani. Nella capitale frequentò con profitto i quattro anni dell’Akademie der bildenden Künste, in cui si mise in luce soprattutto per l’abilità nel disegno, e un quinto anno di specializzazione nelle tecniche dell’incisione. A parte le esercitazioni accademiche, i primi dipinti risalgono alle vacanze che trascorreva in famiglia: ritratti dalla notevole resa fisionomica e psicologica e paesaggi all’olio e all’acquerello di gusto ancora tardoromantico. Nelle prove calcografiche, in cui rivelò subito una straordinaria abilità, l’impostazione risentiva della tecnica usata: più tradizionalmente naturalistica nelle acqueforti, più aggiornata in direzione decorativa e secessionista nella xilografia. Lo testimonia una nutrita serie di opere dedicate a Grado, frequentata come località balneare e scoperta nei suoi valori umani e paesaggistici grazie all’amicizia con il poeta Biagio Marin. Nel 1911 disegnò a carboncino il fine Ritratto di Antonia Maran, nonna del poeta, e incise diverse acqueforti con scorci delle strette calli dell’isola. ... leggi Nel 1912 illustrò con xilografie la prima raccolta di versi di Biagio Marin, Fiuri de tapo; altre xilografie seguirono nel 1913 con ritratti di personaggi tipici di Grado: il venditore di ostriche, il vecchio pescatore “Barba Sanson”. Mentre nelle vedute all’acquaforte, giocate sul contrasto tra zone d’ombra e partiture luminose, il segno minuzioso è finalizzato ad una resa realistica, nelle xilografie prevale la sintesi vigorosa e le rughe scavate nei volti trovano eco nelle ruvide trame dei panni, con esiti decorativi che nulla tolgono alla calda simpatia umana nei confronti dei soggetti ritratti. Al 1913 risale la seconda raccolta di poesie di Biagio Marin, Per le nozze di Mercedes, cui l’artista fornì la copertina e due vignette, ancora memori del gusto secessionista. Nel 1914 incise le tavole per il volume Friuli di Riccardo Pitteri e ottenne il prestigioso incarico dall’editore Formiggini di illustrare la IV giornata del Decameron nella collana “Classici del ridere”. Conclusi gli studi a Vienna e completata la sua formazione con un soggiorno a Monaco, allo scoppio della guerra D. N. decise di trasferirsi a Roma, che conosceva avendo partecipato nella primavera dello stesso anno alla II Esposizione internazionale della secessione romana, nella sezione del “bianco e nero”. All’inizio del periodo romano fu importante l’adesione alla Società amatori e cultori di belle arti, alle cui iniziative ed esposizioni avrebbe poi partecipato con assiduità. A Roma strinse amicizia con Pieretto Bianco, Arrigo Bartoli Natinguerra, Aleandro Terzi, Enrico Lionne. Il diario fotografico che egli tenne fino al 1925 ci restituisce l’atmosfera dell’ambiente artistico romano e delle serate nella terza saletta del caffè Aragno. Gli amici romani gli offrirono la possibilità di mettersi subito al lavoro, ad esempio il Bianco, con cui collaborò alla realizzazione di un pannello decorativo per l’Esposizione internazionale di San Francisco, o il Lionne e il Terzi, che lo introdussero nel mondo dell’editoria nel quale iniziò subito un’intensa e proficua attività, spinto anche dalla necessità di mantenersi, non potendo contare sulla famiglia lontana. Nell’album di bozzetti che l’artista intitolò E. D. N. Goritiensis (in deposito fiduciario ai Musei Provinciali di Gorizia), sono incollati innumerevoli bozzetti di copertine di riviste come «Noi e il Mondo» (mensile de «La Tribuna» di Roma, con cui collaborò regolarmente), il «Secolo XX» di Milano, il «Giornale d’oggi» di Torino, «La Lega navale italiana», «La Marina mercantile italiana», fino alla copertina del marzo 1920 per la più prestigiosa rivista italiana d’arte, «Emporium». Non vi mancano bozzetti per illustrazioni legate al tema della guerra, contraddistinte non di rado da una vena espressionista, che si manifestava negli stessi anni anche in alcuni ritratti. Nel 1921 fu tra i fondatori del Gruppo romano incisori artisti (GRIA), grazie al quale fece conoscere la sua indiscussa abilità di acquafortista e xilografo: espose regolarmente alle mostre organizzate da quel sodalizio, sia lavori degli anni precedenti (Grado, calle del Palazzo, 1911), sia ciò che andava via via creando (Donna di Terracina, 1926; A Scanno, 1927). Il fatto che influì maggiormente sulla sua produzione pittorica fino alla metà degli anni Venti fu la “scoperta” della campagna romana, che ispirò numerose tavole ricche di colore: le contadine nei loro variopinti costumi, i butteri dai volti segnati, le greggi al pascolo o alla tosatura, le paludi Pontine dove regnava la malaria, divennero i protagonisti di varie composizioni, contrassegnate spesso da una voluta semplificazione dei volumi, da una certa ingenuità prospettica, talvolta da una spiccata simmetria. Tali caratteristiche sono particolarmente evidenti nei dipinti che presentano singoli personaggi, cui la veduta frontale e la posa statica conferiscono una ieratica monumentalità (Buttero, 1918; Donna delle Paludi Pontine, 1920 ca.). Gli stessi temi furono affrontati anche nella grafica, dove i giochi delle linee venivano esaltati nella loro portata espressiva e decorativa ad un tempo, come ad esempio nelle rughe profonde dei volti (Ritratto di vecchia, 1917, Musei Provinciali di Gorizia) o negli scialli a fasce bianche e nere delle donne (Donna di Terracina, 1920-1921, Galleria d’arte moderna di Roma). I vagabondaggi alla ricerca del folclore pittoresco lo condussero anche in Abruzzo, dove fu affascinato dalle potenzialità formali degli arcaici costumi femminili (Donna di Scanno, 1922; Donne di Scanno, 1926), e soprattutto alla cittadina di Anticoli Corrado, che accoglieva ogni estate numerosi artisti italiani e stranieri. Al paese arroccato su un’altura del Lazio orientale dedicò nel 1921 un disegno e un’acquaforte, tra le sue opere più note e lodate. Proseguiva nel frattempo l’impegno nella cartellonistica (primo premio al concorso della Società valori industriali e commerciali italiani, 1920; secondo premio al concorso per il manifesto del «Messaggero» di Roma, 1921) e nelle arti applicate (terzo premio al concorso nazionale per la decorazione di scialli delle Seterie Piatti, 1925). Al culmine della sua carriera, D. N. ricevette l’incarico dal governo di decorare due sale del padiglione italiano alla grande Exposition internationale des arts décoratifs et industriels modernes di Parigi (Expo ’25), per cui fornì i disegni anche di tutti gli arredi (lampade, tessuti, vetrate). Nell’autunno dello stesso anno si recò in Libia per raccogliere materiale illustrativo a corredo del volume La rinascita della Tripolitania del conte Volpi di Misurata, allora governatore della colonia. Affascinato ancora una volta dagli aspetti pittoreschi ed esotici sia dei paesaggi sia dei costumi e delle fisionomie degli abitanti, ne ritornò con un numero impressionante di disegni. Da alcuni furono tratte le xilografie a corredo del volume, da altri derivarono in seguito dei dipinti di grandi dimensioni, venticinque dei quali furono presentati con successo nel 1931 in una personale alla I Mostra d’arte coloniale di Roma. Questi ultimi, però, rispetto alla produzione precedente, si segnalano per una tavolozza più spenta, terrosa, quasi monocroma, atta a sottolinearne soprattutto i volumi, in linea con la poetica del “Novecento”. A riprova della compresenza di ingredienti diversi nell’arte di D. N. si collocano alcune opere importanti dell’ultimo quinquennio. È del 1926 l’acquaforte con La Maga di Saracinesco, vertice della sua produzione grafica, in cui la massiccia composizione piramidale di chiara ascendenza rinascimentale è corrosa dal gioco ossessivo delle pieghe spigolose e spezzate, che rimandano direttamente allo “Zackbrüchiger Stil” tardogotico di matrice tedesca. Nel 1928 realizzò i disegni per le tarsie lignee della Casa madre dei mutilati di Roma su incarico dell’architetto Marcello Piacentini, unica opera moderna scelta per illustrare la voce “tarsia” nell’Enciclopedia Italiana (1937). Risalgono invece, rispettivamente, al 1929 e al 1930 due cicli decorativi dove assai diverse sono le componenti: quello del Circolo della stampa estera di Roma, in cui si riconoscono suggestioni quasi futuriste, e quello del Circolo degli aviatori di Merna presso Gorizia, dove echi futuristi convivono addirittura con reminiscenze secessioniste ed eleganze art déco. Una tardiva adesione al futurismo, con elementi quasi cubisti, si può rintracciare anche nel disegno a carboncino Maternità, presentato alla Biennale di Venezia del 1932, mentre nello stesso anno un pannello per l’atrio d’ingresso agli uffici del palazzo delle Poste di Gorizia esaltava i temi cari al futurismo: l’episodio mitologico di Danae e Giove vi è raffigurato in una improbabile oasi africana, circondata da una miriade di simboli della modernità – gru, ponteggi metallici, ciminiere, grattacieli a gradoni –, da cui si irradiano stormi d’aeroplani e giganteschi fasci di luce. L’opera rimase incompiuta per l’improvvisa scomparsa del pittore, avvenuta a Roma il 21 aprile del 1932.
ChiudiBibliografia
DBF, 279-280; Chi? Dizionario degli Italiani d’oggi, Roma, A. F. Formiggini, 1931, 253; A. M. COMANDUCCI, Pittori italiani dell’Ottocento, Milano, Comanducci, 19452, 219; SERVOLINI, 270-271; A. M. COMANDUCCI, Dizionario illustrato dei pittori, disegnatori e incisori italiani moderni e contemporanei, Milano, L. M. Patuzzi, 1962, 586-587; ROSSITTI, Dizionario, 29; M. MALNI PASCOLETTI, Del Neri, Edoardo, in DBI, 38 (1990), 164-166; Edoardo del Neri (END), in Catalogo Bolaffi del Manifesto Italiano. Dizionario degli illustratori, Torino, Edizioni Giulio Bolaffi, 1995, 78.
Edoardo Del Neri 1890-1932. Catalogo della mostra, a cura di M. MALNI PASCOLETTI, Gorizia, Arti grafiche Campestrini, 1977; M. MASAU DAN, Il Novecento goriziano e la critica d’arte, «Quaderni giuliani di storia», 19/1 (1998), 49-76, 66, 68, 71, 75-76; A. DELNERI, Edoardo Del Neri, scheda in Novecento a Gorizia, 120-125, 175-177; L. DRASCEK - K. ARIOKA, Il palazzo Postale di Gorizia (1929-1932), ibid., 111-113, n. 16; C. H. MARTELLI, Artisti di Trieste, dell’Isontino, dell’Istria e della Dalmazia, Trieste, Hammerle, 20013, 127-128; P.E. TRASTULLI, Con i pittori delle Paludi e Edoardo Del Neri, scheda biografica, in La campagna romana da Hackert a Balla. Catalogo della mostra, a cura di P.A. DE ROSA - P.E. TRASTULLI, Roma, Edizioni Studio Ottocento/Edizioni de Luca, 2001, 31-35, tavv. ... leggi 117, 255; Secessione ed esotismo. L’avventura artistica di Edoardo Del Neri. Catalogo della mostra, a cura di A. DELNERI - R. SGUBIN, Gorizia, Edizioni dei Musei Provinciali di Gorizia, 2004 (con ampia bibliografia); M. BERNONI, L’epoca di Dudovich, Gorizia, LEG, 2006, 171; A. DELNERI, scheda, in Pinacoteca Gorizia, 168-169.
Nessun commento