Nacque a Venezia il 22 gennaio 1688. Dopo aver ricevuto la prima formazione in ambito domestico proseguì gli studi presso il collegio di Parma, presumibilmente con la finalità di essere avviato alla carriera politica. Infatti, dopo aver estratto, secondo l’usanza del tempo, la balla d’oro, poté entrare a far parte del Maggior consiglio nonostante avesse appena ventun anni. Nel dicembre del 1714 gli si aprì l’opportunità di entrare a fare parte della gerarchia ecclesiastica, mediante la nomina a coadiutore, con diritto di futura successione, dello zio Dionisio che era patriarca di Aquileia dal 1699. A tale scopo il pontefice Clemente XI lo ordinò vescovo di Aureliopoli. Nel 1715 si laureò presso l’Università di Padova; le fonti tacciono però in quale ambito disciplinare. Due anni più tardi gli furono attribuite le commende delle abbazie di Moggio e Rosazzo, le cui giurisdizioni erano molto ampie e garantivano cospicue rendite. Nel ventennio compreso tra la sua nomina a coadiutore e la successione al soglio patriarcale, il D. lavorò costantemente al fianco dello zio Dionisio, dividendosi tra Venezia e Udine ed assistendolo in tutte le attività pastorali. Il 21 agosto 1734, una settimana dopo la morte dello zio, egli prese possesso del patriarcato e l’8 maggio dell’anno successivo fece il suo ingresso solenne nella città di Udine. Molto devoto alla Madonna, il D. si dimostrò molto attento alla cura della vita pastorale dei territori soggetti alla sua giurisdizione; questa preoccupazione si esplicitò con l’effettuazione di numerose visite pastorali (una delle più importanti è quella che fece nel 1740 all’abbazia veronese di S. Maria in Organo, di cui è rimasta una dettagliata relazione e l’indizione del sinodo udinese nel 1740, di cui fece stampare gli atti nel 1740-41). Il patriarca si fece promotore dell’istituzione del culto del beato Bertrando e dei santi Ermacora e Fortunato, che erano molto cari ai fedeli; numerosi furono anche gli interventi finalizzati a sostenere istituti per il sostentamento e l’educazione dei poveri. ... leggi I trentacinque anni di patriarcato del suo predecessore, buona parte dei quali il D. aveva tra l’altro trascorso al fianco del carismatico zio, influenzarono, almeno in parte, alcune sue scelte, soprattutto quelle che riguardavano l’ambito culturale. L’operato del D. si orientò infatti da un lato al proposito di percorrere il cammino tracciato da Dionisio, dall’altro a quello di connotare il suo ministero sulla base dei suoi personali interessi ed inclinazioni. Nella organizzazione della biblioteca, ad esempio, egli si prese diligentemente cura dell’ordinaria gestione e manutenzione, commissionando tra l’altro la compilazione di un catalogo aggiornato dei libri – di cui però non esiste traccia – ma non provvide a incrementare sensibilmente il patrimonio librario o ad apportare modifiche organizzative sostanziali; nel 1745 egli fondò un’Accademia ecclesiastica, che idealmente doveva costituire la prosecuzione di quella di scienze del patriarca Dionisio, ma l’istituzione riscosse tiepide adesioni, tant’è vero che la documentazione registra la presentazione di tre sole relazioni, tutte di argomento teologico. Ben diverso fu invece l’apporto che il D. diede in qualità di committente di opere d’arte, in particolare architettoniche: nel 1737 fece costruire gli altari dei SS. Ermacora e Fortunato e della SS. Trinità nel duomo udinese, commissionando a Giambattista Tiepolo la realizzazione delle pale; nello stesso anno fece scolpire una statua di sant’Antonio abate che fu collocata nella chiesa omonima, posta accanto al palazzo patriarcale; fra il 1739 e il 1741 fece realizzare, nel palazzo patriarcale, i locali destinati ad ospitare la cancelleria e l’archivio, il riordino del quale fu affidato, dopo la sua morte, al canonico Giuseppe Bini; nel 1744 dispose l’edificazione del duomo a San Vito al Tagliamento; dall’inizio degli anni Cinquanta commissionò la realizzazione di numerosi altari, nella sola Udine quelli delle chiese di Santo Spirito, delle Zitelle, di S. Francesco dei minori conventuali. Al 1757 risale la sua committenza più prestigiosa, quella per la costruzione della chiesa della Purità, i cui interni furono affrescati da Giambattista e Giandomenico Tiepolo. Il D. volle che quel luogo di culto consacrato alla Vergine sorgesse in una posizione adiacente al duomo cittadino e per questo fece abbattere il preesistente edificio del teatro, provocando i malumori degli Udinesi. L’ultima realizzazione in ordine di tempo è quella della chiesa di S. Giorgio, costruita ad Udine nel 1760. L’attività del D. è testimoniata puntualmente in quattro registri amministrativi, tuttora conservati nella Biblioteca arcivescovile, comunemente noti con il nome di “Libri de’ scossi, e spesi” in cui egli annotò sistematicamente le entrate e le spese effettuate nell’intero arco del suo patriarcato, dal 1734 al 1762. Nel 1747 il pontefice Benedetto XIV lo creò cardinale di S. Maria sopra Minerva e il D. per ringraziarlo, gli inviò in dono una raccolta scelta di edizioni friulane rare, il cui elenco fu redatto dall’erudito Domenico Ongaro e dato alle stampe, senza note tipografiche, con il titolo Catalogo di libri di scrittori friulani antichi e moderni. Il problema della gestione dei territori austriaci, giurisdizionalmente soggetti al patriarcato, ma ostili alla sua posizione filoveneziana, stava cominciando a profilarsi appena. La questione divenne pressante nel 1750, quando cominciarono ad esserci serie discussioni riguardo all’opportunità di sopprimere il patriarcato a favore di una sua divisione, con competenze territoriali ben distinte, nei vescovadi di Udine e Gorizia. Dopo lunghe trattative, a cui partecipò Giuseppe Bini in qualità di consultore della Repubblica di Venezia, Benedetto XIV sancì la soppressione del patriarcato di Aquileia il 6 luglio 1751, e consentì al D. di mantenere il titolo di patriarca, ma con un valore puramente formale. Due anni più tardi, il 19 gennaio 1753, fu ufficialmente eretto l’arcivescovado di Udine e il D. nominato primo arcivescovo della nuova diocesi. È proprio a questo periodo che corrisponde la fase più febbrile della committenza per l’edificazione di chiese ed altari, quasi a voler compensare il ridimensionamento dell’autorità ecclesiastica. Anche l’attività pastorale del D. si intensificò, esplicandosi nella stesura di lettere pastorali ed omelie e in un sistematico sostegno della catechesi. Morì a Udine il 13 marzo 1762.
ChiudiBibliografia
ACAU, 914, 915, 916, 917, 918, 919, 920, 921, 922, 923, 924; Ibid., 123; mss BAU, 507, 508, 509, 510, Libro de’ scossi […].
G. CAPPELLETTI, Chiese d’Italia, VIII, Venezia, Antonelli, 1851, 534-553; MARCUZZI, Sinodi, 292-293; MARCHETTI, Friuli, 752; P. PRETO, Dolfin, Daniele, in DBI, 40 (1991), 479-481; PASCHINI, Storia, 851-855; DBF, 273-274; Tiara et purpura veneta ab anno 1379 ad annum 1759 serenissimae reipublicae venetae […], Brescia, Rizzardi, 1761, 317; F. FLORIO, Dissertazioni accademiche ed altri opuscoli inediti di monsignor conte Francesco Florio patrizio udinese […] con la vita del medesimo scritta in latino da mons. Angelo Fabroni trasportata in italiano ed arricchita di note dal p. d. Carlo Maria Narducci barnabita, Roma, Bourlié, 1816, 139; L. DOLFIN, I Dolfin attraverso i secoli 452-1797, Genova, Tip. della Gioventù, 1904, 46; B.G. DOLFIN, I Dolfin (Delfino) patrizi veneziani nella storia di Venezia dall’anno 452 al 1910, Belluno, Tipografia commerciale, 1912, 160-162; G. BIASUTTI, Il primo arcivescovo di Udine s. em. il card. patriarca Daniele Delfino e la sua devozione alla Madonna, Udine, AGF, 1953.
Nessun commento