EBERARDO

EBERARDO

marchese del Friuli

Conte-duca-marchese del Friuli. Figlio di Unroch, esponente della nobiltà di corte al servizio di Carlo Magno, E., di origine alemanna, discendeva dagli Unrochingi, una delle tante stirpi franche, alemanne, burgunde e bavare stabilitesi in Italia dopo la caduta del regno longobardo e, conservando proprietà ed interessi nel bacino della Mosa, in Fiandra e nella stessa area alemanna, condivideva la sorte di quanti lo avevano preceduto nell’ufficio in Friuli. In assenza di dati sui primi anni della sua vita, restano oscuri l’anno e il luogo della sua nascita. Le prime notizie disponibili lo ricordano già “comes” del Friuli. L’estensione del territorio affidatogli non coincideva più con l’estesa marca retta a suo tempo da Baldrico che, sconfitto dai Bulgari, fu deposto nell’828 e vide i suoi dominii divisi in quattro contee. Le fonti tuttavia non concordano sul titolo ufficiale di E. e, probabilmente influenzate dalla tradizione longobarda o franca, alternano di volta in volta “dux”, “comes” e “marchio”. Verso l’830 un tale Lupo, quasi certamente Lupo di Ferrières, compilò una raccolta di leggi germaniche, seguite da un’appendice di capitolari, dedicandola ad E. L’opera dev’essere verosimilmente posta in relazione con gli incarichi affidati all’ormai influente funzionario carolingio in Italia settentrionale. Nell’834 E. si recò difatti presso Ludovico il Pio per dirimere i contrasti insorti fra l’imperatore ed il figlio Lotario, confinato in Italia per essersi opposto al genitore; e qualche anno dopo, forse verso l’836, si vide investito del ducato del Friuli. Delicate missioni diplomatiche erano state affidate da Carlo Magno, fin dagli inizi del secolo, ad altri esponenti di questa schiatta proprio nell’area sud-orientale dell’Impero: così nell’817 il marchese Cadalo e un tale Albgardo, «Unrochi nepos», erano stati in Dalmazia per definire il “limes” franco-bizantino. ... leggi Anche Unroch ebbe spesso incarichi prestigiosi, confermando il ruolo di primo piano della famiglia di E. nell’ambito della corte carolingia. Questa posizione si consolidò decisamente grazie al matrimonio di E. con Gisella, figlia di Ludovico il Pio e Giuditta, sua seconda moglie, celebrato fra l’835 e l’840. Il 22 febbraio 840, fu sottoscritto il “Pactum Lotharii”, che definiva i rapporti fra il doge Pietro ed il “Regnum”; sempre in relazione alle trattative fra i Carolingi e il doge Pietro, il nome del marchese del Friuli compare in un diploma dell’841, emanato pochi mesi dopo la battaglia di Fontenoy. Nell’856 Venezia affidò al marchese del Friuli il ruolo di mediatore presso l’imperatore Ludovico II, che doveva confermare quanto sancito dal suo predecessore. Non è dato stabilire con esattezza quando E. fu costretto ad opporsi alle scorrerie di Narentani e Croati che, dalle coste orientali, infestavano l’Adriatico e minacciavano la marca friulana. Alle gesta del marchese contro Slavi e Saraceni sono dedicati alcuni componimenti poetici di Sedulio Scoto. La difesa delle frontiere fu accompagnata da un’intensa attività missionaria della Chiesa aquileiese che portò, probabilmente incoraggiata anche dallo stesso E., ad un progressivo assestamento dei rapporti con i Croati della Dalmazia. Il marchese difese presso l’imperatore Ludovico II i diritti rivendicati dal patriarca aquileiese Teudemaro sull’Istria (854); e il sovrano continuò ad affidargli anche in seguito importanti missioni diplomatiche. La già ricordata opera di Lupo di Ferrières deve ricondursi ai vasti interessi coltivati da E., la cui figura emerge sotto il profilo non solo politico, ma anche e soprattutto culturale, rappresentando una vera e propria eccezione se paragonata a quelle, spesso di infima levatura, della maggior parte degli esponenti – aristocratici o non – della coeva società laica. In contatto con dotti e teologi fin dall’infanzia, come ricorda Sedulio Scoto, che visse alla sua corte e compose alcuni carmi in suo onore, aveva ricevuto un’ottima educazione. Oltre a Sedulio, ebbe modo di conoscere e frequentare Incmaro di Reims, Rabano Mauro e Hartgar di Liegi. Nell’847 diede asilo al sassone Gottescalco, condannato e perseguitato per la sua teoria sulla predestinazione, e nell’848 accolse Anastasio Bibliotecario, colpito da scomunica. Ancor più delle relazioni e delle amicizie, i volumi della biblioteca personale elencati nel testamento del marchese (e della consorte) confermano il livello delle sue frequentazioni culturali: dettò le sue ultime volontà a Musestre sul Sile, non lontano da Treviso, verso l’863-864. Tale fonte, preziosissima, consente di valutarne appieno gli interessi di alto esponente dell’aristocrazia carolingia, estesi dalla teologia alla medicina e alla storia, dal diritto alla geografia e alla teoria militare; e di definire per questa via le relazioni e gli scambi culturali fra l’Italia settentrionale, la Baviera e, più in generale, le varie componenti dell’Impero. Non è però facile stabilire il contributo di E. alla vita culturale della marca da lui governata: ben pochi sono i manoscritti, spesso semplici frammenti, di età carolingia sopravvissuti in Friuli alle devastazioni portate dagli Ungari a partire dalla fine del IX secolo. I codici della biblioteca di E. furono divisi fra i figli, secondo un ordine razionale fondato sulla materia dei vari testi. Le opere di diritto, germanico e romano e, più in generale, quelle di argomento profano furono quindi destinate ad Unroch, il figlio maggiore, designato a succedere al padre nella marca. Fra i codici affidati ad Unroch spiccano il Liber rei militaris, probabilmente opera di Vegezio, ovvero il testo di strategia più diffuso in età carolingia, il Liber bestiarum, la cosmografia di Aethicus Hister, pseudonimo sotto il quale, secondo Löwe, si celava Virgilio, vescovo di Salisburgo; e ancora una raccolta di leggi franche, ripuarie, longobarde, alamanne e bavare, e il Liber de constitutionibus principum et edictis Imperatorum, ovvero la raccolta teodosiana di leggi ed editti. La cosmografia di Aethicus Hister, diffusa in area bavarese, potrebbe attestare la presenza di relazioni e scambi culturali fra l’Italia settentrionale e il mondo germanico. A Berengario, oltre alle opere storiche (Gesta pontificum Romanorum, ossia il Liber pontificalis e Gesta Francorum) furono assegnati alcuni testi sacri e patristici, mentre ad Adalardo e alle figlie furono generalmente destinati i codici a carattere religioso. Lo stesso accadde ai beni fondiari: il marchese destinò quelli situati in Italia ed Alemannia al primogenito Unroch, suo successore in Friuli. Al riguardo, il testamento getta una luce significativa sugli sforzi di E. per tutelare l’integrità dell’Impero carolingio, quando ne era entrata in crisi l’unità originaria, sforzi almeno in parte destinati a difendere un patrimonio familiare disperso fra Gallia, Fiandra, Alemannia ed Italia. E. morì tra l’864 e l’866; la moglie abbandonò l’Italia ritirandosi a Cysoing, non lontano da Tournai, dove aveva fondato un’abbazia verso la metà del secolo e dove le spoglie del marchese furono traslate un decennio più tardi. Il figlio Unroch gli successe in Friuli. Morto anch’egli di lì a poco, la marca fu affidata al secondogenito Berengario che, nell’888, avrebbe cinto la corona di re d’Italia.

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Bibliografia

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