È, con Francesca Nimis Loi, tra le scrittrici che, nella prima metà del Novecento, partecipano alla scrittura in friulano, attratta dal mondo popolare. Nata a Zompicchia di Codroipo (Udine) il 20 gennaio 1872, dedicò la vita all’insegnamento (a Codroipo fu direttrice didattica, medaglia d’oro dell’istruzione) e, ricorda Chiurlo, iniziò a pubblicare in friulano «per gentili scopi di propaganda, durante la guerra, seguitando poi più liberamente», firmando anche con lo pseudonimo «Fabiane». L’arco di un’esistenza modesta e laboriosa la condusse oltre le due guerre mondiali (morì a Udine il 2 febbraio 1959), defilata ma coerente a un modo di vivere e scrivere che esprimeva, oltre che nella poesia, in un teatro popolare senza pretese, il cui pubblico ne apprezzava i risvolti morali e la disposizione al riso leggero. Sui periodici della Società filologica friulana la sua presenza in poesia e prosa è stata assidua, e basta scorrere i titoli (sulle riviste i contributi vanno anche nella direzione del rilevamento legato alle storie di paese e alle tradizioni orali, mostrando passione per la restituzione di ciò che riguarda gli usi passati) per avvicinare la natura bonariamente illustrativa di tanti interventi. Donna d’altri tempi «per pudore e rispetto» (Menichini), sarebbe stato via via più profondo il solco che la allontanò dalla nuova letteratura in friulano, vincolata com’era a modi ottocenteschi (versi rimati e cadenzati, con prevalenza di settenario e ottonario), ma anche a un’idea della vita, pur non esente da turbamento e senso di solitudine, avvertita come un dovere (centrale, anche nell’opera letteraria, è l’azione pedagogica), perciò ostile al vittimismo e all’indugio sull’io (l’ammoniscono i fiori: «pense, sù, che ’l glaz nol dure / in chel cûr che vivi al sa; / e no stà bramâ la flame, / che la flame a pò brusà! // […] Un suspîr e po’ indevant!» [pensa, su, che il ghiaccio non dura / nel cuore che sa vivere; / e non desiderare la fiamma, / perché la fiamma può bruciare! // Un sospiro e poi avanti]). Il teatro («minore» ma non inutile: Menichini), con bozzetti (anche scenette per bambini, come Fasint il compit [Svolgendo il compito]) e commedie (da Pa la Patrie [Per la Patria], a Feminis [Donne] e A passe la scalmàne [Passa la scalmana]), aderiva all’obiettivo sotteso di educare «castigando i costumi» (soprattutto le donne che si sottraggono al ruolo fissato), dando vita a personaggi non problematici, situazioni lineari. ... leggi La poesia (in gran parte di interesse didascalico: D’Aronco) è suggerita dalle occasioni più quotidiane. La raccolta Qualchi spi dal gno ciamp [Qualche spiga del mio campo], del 1930, «poesiutis» che «no àn pretesis di nuje: son vignudis al mont par gust di lôr mari o par qualchi bon fin» [poesiette che non hanno alcuna pretesa: sono venute al mondo per il piacere della loro madre e per qualche buon fine], va da un primo segmento più intimo, con alcune poesie ispirate, a quelle orientate in chiave sociale, patriottica o inneggianti al dovere sacro del lavoro, che sforano nella retorica. L’urgenza morale è però sincera, come l’adesione al lavoro (alla «Ciare int, o int di vore» [Cara gente, o gente lavoratrice], e il «dio Lavôr» [il dio Lavoro], anche proletario, della fabbrica, rima con progresso civile e onore), mentre nella prima corda emerge il sottofondo sofferto, il contrasto tra dovere e passione, un senso di malinconia quando l’atteso domani è trascorso («Ti vìsistu, ben gno, di chei momèns? / Ce paradîs il mont, ce duc’ contèns […] Dal timp an d’è passât, / e destin nol è stât […] ma ’l cûr che jo ti ài dât / nol à dismenteât. Nol pò, nol pò» [Ti ricordi, mio bene, quei momenti? / Che paradiso il mondo, tutti contenti […] Tempo ne è passato, / e destino non è stato […] ma il cuore che ti ho dato / non ha dimenticato. Non può, non può]. Il volume del 1958, Scoltand drenti e notand fûr [Ascoltando dentro e annotando fuori], ripropone, nella prospettiva della voce interiore trattenuta, strofette argute, sentimentali e patriottiche.
ChiudiBibliografia
Opere di A. Fabris: Il concetto educativo in Dante. Conferenza ai maestri, Udine, Del Bianco, 1922; Vite contadine: quadrùz e çiacaris in famee, Udine, Del Bianco, 1923; A passe la scalmane! Scenis di vile, Udine, SFF, 1925; Feminis, Udine, SFF, 1930; Qualchi spi dal gno ciamp. Poesiis furlanis, Udine, SFF, 1930; Pa’ la Patrie, Udine, SFF, 1932; Fasìnt il compit, scene per ragazzi, «Ce fastu?», 11/3-4 (1935), 77-84; Scoltand drenti e notand fûr, Udine, AGF, 1958.
DBF, 322; CHIURLO, Antologia, 503; G. LORENZONI, Un libro di poesia, «Ce fastu?», 6/11-12 (1930), 204-207; A. VIGEVANI, Delle poesie friulane di Anna Fabris, ibid., 18/1-2 (1942), 45-47; A. FALESCHINI, Anute Fabris, «Sot la nape», 4/3-4 (1952), 3-4; D. MENICHINI, In memoria di due scrittrici, «Ce fastu?», 33-35 (1957-1959), 218-222; L. PERESSI, L’opera di Anute Fabris nelle pubblicazioni della Società Filologica Friulana, «Sot la nape», 24/4 (1972), 73-75; D’ARONCO, Nuova antologia, II, 219-220.
Nessun commento