Figlio di Nicolò e di Chiara Tartagna, nacque a Udine il 28 gennaio 1709 in una famiglia del patriziato udinese che aveva consolidato nei due secoli precedenti la sua posizione sociale e politica grazie alla formazione giuridica e all’esercizio di professioni liberali da parte di alcuni suoi appartenenti. Tra essi vanno ricordati Daniele Fabrizio, estensore della Dissertazione sui feudi giurisdizionali della Patria e tra i diretti ascendenti del F. un Gabriele e un Tomaso che erano stati notai nel corso del Cinquecento, attività esercitata anche da suo nonno Tomaso – appellativo ricorrente nel casato visto che anche il figlio che nacque dal matrimonio di C. con la nobile pordenonese Silvia Cristofori avrebbe portato questo nome – ricordato anche quale cancelliere della città di Udine e cancelliere del patriarca di Aquileia Giovanni Dolfin. Iniziati i suoi studi a Udine presso le scuole rette dai barnabiti, passò intorno all’anno 1727 all’Università di Padova dove studiò il diritto sotto il magistero di illustri docenti come Marcello Alaleona e si laureò in utroque il 10 maggio 1731. Agli studi giuridici affiancò lo studio delle scienze e delle lettere classiche, coltivando rapporti con celebri eruditi quali il latinista Facciolati e il grecista Giacometti. Condivise la formazione universitaria a Padova con altri nobili udinesi – Daniele e Francesco Florio, Carlo, Giuseppe e Francesco Tartagna ma soprattutto Paolo Fistulario – uomini che più tardi, come lui, avrebbero ricoperto incarichi di rilievo nelle magistrature cittadine o in quelle della Repubblica Veneta; a loro lo univa il comune obiettivo di promuovere un accrescimento e rinnovamento culturale della città e la sua affermazione come capitale del territorio. ... leggi Insieme con Fistulario, Francesco Beretta e Giovanni Battista di Montegnacco, fratello di Antonio, avviò negli archivi del comune udinese un importante lavoro di riordino di tutte le scritture e carte storiche, primo e fondamentale sostegno documentario alla politica di affermazione della città che il gruppo dirigente perseguiva, sulla linea di una tradizione ormai secolare ma con strumenti politicamente più incisivi e culturalmente improntati ad una diversa concezione della storia e del suo uso per la costruzione di un’immagine della città. Non a caso il F. e il Fistulario collaborarono direttamente con Antonio di Montegnacco nella difesa della città nella controversia con l’ordine di Malta e ne supportarono con la documentazione prodotta la memoria che l’illustre giurista avrebbe steso a sostegno. Fu anche promotore di iniziative e attività in seno alle istituzioni culturali cittadine, membro delle più importanti tra queste, protagonista del loro rinnovamento. A ventidue anni, il 7 maggio 1731 ricevette da Giacomo Gorgo, principe del sodalizio, il diploma di appartenenza all’Accademia degli Sventati. Il 16 agosto dello stesso anno Francesco Belgrado, adempiendo alle incombenze di segretario, gli comunicò che il patriarca, apprezzandone le qualità letterarie, aveva determinato di aggregarlo all’Accademia dolfiniana. Nella seconda metà degli anni Trenta, Gianrinaldo Carli gli mandò la patente dell’Accademia di Capodistria: «non poteva io aspettarmi cosa che mi fosse più grata di quello sia l’onore che ha voluto farmi cotesta ragguardevolissima Accademia coll’aggregarmi ad essa», avrebbe scritto in risposta il F. Nel 1758 fu tra i fondatori dell’Accademia udinese, nata dalle ceneri di quella degli Sventati. La raccolta di lettere a lui dirette lo vede al centro di una fitta rete di scambi eruditi con i maggiori intellettuali friulani (e non solo) del momento: da Domenico Ongaro a Giuseppe Bini, dal ricordato Gianrinaldo Carli a Gian Giuseppe Liruti, da Bernardo Maria de Rubeis a Francesco Florio. La preparazione giuridica, l’interesse erudito e una grande attenzione per la valorizzazione delle fonti storiche – quelle stesse che, utilizzate a fini pubblici e politici, erano servite a sostenere il rafforzamento della centralità di Udine nei confronti del territorio della Patria – avrebbero indirizzato anche i suoi studi storici. «Egli il primo pose la mano nel pubblico archivio – scrive il Bianchini – e colla lettura delle carte antiche si diede tutto a disotterare le più recondite memorie con quella fatica e diligenza, che ben si ravvisa in tanti tomi di documenti o illustrati o copiati di suo pugno». Quello che ci resta della sua produzione riguarda due dissertazioni, lette nell’Accademia e per cura di questa pubblicate postume nel 1774: Delle usure del Friuli nel XIV secolo e Della marca ad usum curiae. La prima verte sul tema del prestito del denaro a utile, sullo sviluppo di questa pratica nel Friuli medievale e sulle leggi che qui la regolamentarono, fossero gli statuti della città di Udine o quelli della Patria; un inquadramento storico generale del problema e un’analisi comparata del fenomeno favoriscono il confronto tra le usure in Friuli e quelle praticate nelle altre città italiane durante questi secoli. La seconda opera affronta la materia delle monete patriarcali e si concentra in particolare sul valore di un tipo di marche di rendita secondo la consuetudine della curia patriarcale. Entrambe queste trattazioni sono corredate da un ricco apparato di documenti posti in appendice e tratti dagli Annali della città, dai libri dei Camerari di comune, da fonti di notai e di cancellieri patriarcali oltre che da fonti normative statutarie, a conferma del grande valore metodologico attribuito dal F. al reperimento delle fonti documentarie nella ricostruzione storica. Va sottolineato che i due studi del F. dialogano con quelli che altri illustri intellettuali venivano dedicando ad un tema cruciale della riflessione filosofica ed economica nei decenni centrali del Settecento: dal già ricordato Gianrinaldo Carli (sulla Moneta e le zecche d’Italia), al padre de Rubeis (De nummis patriarcharum Aquilejensium, inserito da Filippo Argelati nel primo tomo del suo De monetis Italiae variorum dissertationes) a Gian Giuseppe Liruti (Della moneta propria, e forestiera ch’ebbe corso nel Ducato di Friuli dalla decadenza dell’Impero Romano sino al secolo XV) per arrivare ad Antonio Zanon che offre la sua riflessione sopra tale argomento nella lettera quinta del tomo VI della sua innovativa opera Dell’agricoltura, delle arti e del commercio in quanto uniti contribuiscono alla felicità degli Stati. Il F. lascia anche manoscritti cataloghi di informazioni circa medici, maestri, cancellieri, giureconsulti del Friuli e giuristi friulani che insegnarono nell’Università di Padova; estratti che, a detta di Domenico Ongaro, formano il più ricco e autentico corpo di cronaca dei secoli XIV e XV. Si tratta in particolare del manoscritto intitolato Excerpta ad historiam Foroiuliensem spectantia che raccoglie notizie tratte dai libri dei Camerari dal 1338 al 1500; manoscritto appartenente un tempo alla raccolta di Jacopo Pirona e ora conservato nella Biblioteca comunale udinese insieme con altri tra i quali quello intitolato Excerpta ad rem nummarium foroiuliensem, ma anche i materiali preparatori per le due dissertazioni pubblicate, oltre ad una raccolta di lettere varie a lui dirette, minute di discorsi detti nel Consiglio di Udine, suppliche, rapporti e atti relativi ai suoi uffici pubblici. Pur nella poliedricità dei suoi interessi e attività intellettuali, che ne fanno una delle figure più importanti del panorama culturale udinese della metà del Settecento, coltivò sempre e soprattutto lo studio del diritto come testimoniava la sua ricca biblioteca – a quanto racconta il suo primo biografo, quel Giovanni Fortunato Bianchini che ne tesse l’Elogio nell’Accademia udinese alla sua morte – né abbandonò l’esercizio della pratica del diritto. Giureconsulto nelle magistrature cittadine assunse in seguito l’incarico di giudice in diversi possedimenti feudali dei Savorgnan. Una lettera originale che porta il sigillo della famiglia, datata Flambro 28 giugno 1758 e firmata dal giusdicente Giovanni Ettore Savorgnan del Monte e della Bandiera, conferma al F. l’incarico di giudice d’appello nel contado di Belgrado, una delle giurisdizioni privilegiate e separate della famiglia, dove ampie erano le prerogative giurisdizionali e specialmente quelle inerenti l’amministrazione della giustizia, anche nel penale. Gli veniva dunque rinnovata «la facoltà di udire e decidere in primo grado di appellazione le controversie tutte tanto civili che criminali così miste che insorger potesse tra quei nostri soggetti». La prima nomina che troviamo documentata porta però la data del 3 novembre 1750. L’anno seguente, per la morte di Pietro Braida, restò vacante anche la carica di capitano della giurisdizione di Pradamano e ville annesse, sempre sotto la signoria dei Savorgnan che tuttavia ormai affidavano ad agenti e giureconsulti l’amministrazione dei loro possedimenti, avendo spostato definitivamente la loro residenza a Venezia. La scelta cadde nuovamente sul F. che si segnalò, come dicono nella lettera di nomina, datata primo gennaio 1750 more veneto, «per virtù, prudenza ed integrità». Avrebbe mantenuto a lungo queste giudicature se ne troviamo testimonianza per il periodo 1757-64 e ancora, più tardi, nel 1771. Morì il 1 aprile del 1773. L’Accademia di Udine ne avrebbe affidato il ricordo, come segnalato, al Bianchini e in seguito anche al più giovane Carlo Susanna.
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ASU, Beretta, 11, Malta serie istorica, 15 aprile 1750; mss BCU, Joppi 179, f. 142; 185, f. 259; Ibid., Principale, 443, F. C., Diploma di laurea in Padova e di ammissione alle Accademie degli Sventati di Udine, dei Risorti di Capodistria e all’Accademia Patriarcale di Udine e altri documenti di nomina; Ivi, 444, F. C., Minute di lettere; Ivi, 445, F. C., Minute di discorsi detti nel Consiglio di Udine, suppliche, rapporti etc. relativi ai suoi uffici pubblici; Ivi, 599, F. C., Studi e documenti; Ivi, 600, F. C., Excerpta ad rem nummariam Foroiuliensem; Ivi, 601, Raccolta di lettere varie dirette a Carlo Fabrizi; Ivi, 883, F. C., Excerpta ad historiam Foroiuliensem spectantia.
C. FABRIZI, Delle usure del Friuli nel XIV secolo e della marca ‘ad usum Curiae’. Dissertazioni due dette nell’Accademia di Udine. Dissertazioni due dette nell’Accademia di Udine … con un parere intorno al valore dell’antica Marca del Friuli. Udine, Gallici, 1774; ID., Della marca ad usum curiae. Dissertazione detta nell’Accademia di Udine da Carlo Fabrizj, giureconsulto accademico e nobile udinese con un parere intorno all’antica marca del Friuli. Opera postuma pubblicata dall’Accademia medesima nel 1774, s.n.t.
G.F. BIANCHINI, Elogio premesso a C. FABRIZI Delle usure del Friuli, cit., III-XIX; C. SUSANNA, Discorso del nobile signor conte Carlo Susana sopra l’elogio fatto al Fabrizj dal nobile signor Fortunato Bianchini in Componimenti recitati nell’Accademia di Udine nel corrente anno 1775 dedicati al nob. Sig. Giuseppe Mangili, Udine, Gallici, 1775; G.D. CICONI, Udine e sua provincia, Udine, Trombetti-Murero, 1862 (= Udine, AGF, 1992), 336; DI MANZANO, Annali, VI, 463; G. TREBBI, Il Friuli dal 1420-1797. La storia politica e sociale, Udine, Casamassima, 1998, 328, 331.
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