La figura di F. viene qui doverosamente considerata per gli alti meriti da lui conseguiti nella rivalutazione storico-critica di artisti e momenti dell’arte del Friuli e nell’approfondimento dei rapporti di quest’ultima con la cultura veneziana. Alla sua scuola si sono formati allievi di provenienza friulana che ne hanno continuato la ricerca in tale ambito, frequentando come da tradizione l’Ateneo patavino. Nato il 16 novembre 1884 a Giacciano con Baruchella nel Polesine, dove la famiglia possedeva ingenti proprietà, F. si laureò in giurisprudenza a Roma, iscrivendosi successivamente alla Facoltà di lettere dell’Università di Bologna, dove si laureò con lode nel 1911 con una tesi su Lorenzo e Cristoforo Canozi da Lendinara, discussa con Iginio Benvenuto Supino. Nello stesso anno, durante un soggiorno a Monaco, F. conobbe Hugo von Tschudi, già direttore della Galleria Nazionale di Berlino, e incontrò il geniale archeologo Carlo Anti il cui intervento, una volta divenuto preside della Facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Padova, fu decisivo per l’istituzione della prima cattedra ufficiale di storia dell’arte medievale e moderna in quell’ateneo. F. ottenne, sempre nel 1911, una borsa di studio alla Scuola superiore di storia dell’arte, presso l’Università di Roma, diretta da Adolfo Venturi, diplomandosi con lode nel 1914. Prestò poi servizio militare, dal quale fu congedato nel febbraio 1919 con il grado di tenente. Dal 1924 al 1927 venne assunto dalla Soprintendenza di Venezia e Firenze. Dopo un anno di permanenza alla Soprintendenza fiorentina, ottenne l’idoneità nel concorso per l’insegnamento universitario bandito dall’Università di Pisa, venne nominato professore in quella di Firenze alla fine del 1927 e fu in seguito chiamato, per trasferimento, nel 1929 a Padova, dove insegnò stabilmente fino all’anno accademico 1954-1955. Così, tra i poli sempre presenti di Firenze e Venezia, lo studioso andò dipanando i rapporti intrecciati con gli artisti ad opera di personalità come quella dell’esule fiorentino Palla Strozzi e di Alvise Cornaro, illuminando le discese in Veneto di Paolo Uccello, Filippo Lippi, Andrea del Castagno, Donatello. ... leggi Da costoro trasse linfa Andrea Mantegna, suo grande eroe, all’arte del quale F. dedicò il fondamentale volume del 1926. Mantegna si formò pittore a Padova: città dove, a giudizio di F., nacque anche la vera architettura veneta con Falconetto e Palladio. Precisò F. che, se quest’ultimo rappresentava in terraferma la categoria del “pittorico”, fu Baldassare Longhena a cogliere invece in laguna quello spirito del “pittoresco” insito nella tradizione costruttiva di Venezia. Apporti puntuali, con recupero di opere, F. rivolse a temi riguardanti l’arte a Verona (lui che era quasi veronese per anagrafe; inoltre in quella provincia la sua famiglia possedeva altre proprietà), scrivendo sul Balestra (1930), su Giambettino Cignaroli (1931), Falconetto (1932), Fra Giocondo e Gerolamo dei Libri (1933), Girolamo Moretto e Domenico Morone, Paolo Veronese (1935) e Giambattista Zelotti (1937), Stefano da Verona (1956); e con predilezione per il periodo tardogotico, presentando il catalogo della mostra Da Altichiero a Pisanello (Venezia, 1959) curata dal suo allievo Licisco Magagnato (1958), e Disegni del Pisanello e di maestri del suo tempo (Venezia, 1966). Fondamentali risultano i contributi rivolti da F. all’arte toscana negli studi su Andrea del Castagno, e all’arte veneta in quelli su Paolo Veneziano (1930), Niccolò di Pietro, Andrea Mantegna, sul Pordenone e sul Veronese. Gli scritti sul Pordenone, iniziati nel 1921 con l’articolo intitolato significativamente Pordenone ignoto («Bollettino d’arte del Ministero della Pubblica Istruzione», 1/5, 1921, 193-210) e culminati nel 1939, quarto centenario della morte del pittore, con la monografia e la grande mostra nel castello di Udine, imposero il maestro friulano come pioniere dei romanisti veneti e protagonista indiscusso della pittura veneta del primo rinascimento accanto al cadorino Tiziano. Bene indagati furono da F. anche i pittori della “scuola di Tolmezzo”, a cominciare da Domenico e Gianfrancesco Mioni, nel cui ambito si svolse la prima formazione del Pordenone. Un’altra mostra udinese del 1961 consacrò la complessa personalità del pittore friulano Nicola Grassi, rivalutato dai suoi studi decisivi: Ancora di Nicola Grassi («Rassegna marchigiana», 1930), Terzo contributo a Nicola Grassi («La Panarie», 1937), Nicola Grassi (Udine, 1961). I meriti di medievalista di F., orientati sempre a una ricerca di “senso” che implicava l’“irruzione di preistoria” del Focillon e l’azione dell’arte bizantina, si concretizzarono nei contributi sull’arte esarcale (dal 1937 al 1943) e sull’architettura della casa veneziana con le connesse pitture e sculture (1949). Il Settecento italiano, come già scriveva F. nel 1929, in occasione della esposizione tenuta ai Giardini di Venezia, «non ha valore universale e non ha valore reale altro che fra le lagune», passa «dal decorativo al costruttivo», spargendosi in Europa da Pietroburgo a Madrid. Nell’ambito di una sistematica visitazione del Settecento veneziano, lo studioso si era naturalmente interessato alle figure del Piazzetta (saggio del 1921 su «Dedalo»), di Francesco Maffei (articolo del 1924-1925 su «Dedalo»), del Forabosco ritrattista (in «Belvedere», 1926), di Giambattista Crosato (monografia del 1941). Negli studi su Francesco Guardi, dalla monografia del 1923 a quella del 1966, F. scandagliò la multiforme attività dell’artista come pittore di teatro e di battaglie, ritrattista e figurista, pittore di fiori e vedutista dopo la morte del fratello Gianantonio. Fu Francesco Guardi a dare «l’avvio alla pittura della luce, quella che impropriamente poi fu detta ‘impressionismo’». Lo studioso non trascurò infatti lo studio dell’arte moderna e contemporanea (in casa teneva dipinti dei padovani Pendini, Fasan, Zancanaro, De Poli, e altri). Nel 1936-1937 dedicò il corso universitario proprio all’impressionismo, entusiasticamente scoperto a Monaco nel lontano 1911, visitando la raccolta Marc Zell von Nemes, esposta alla Alte Pinakothek con introduzione di Hugo von Tschudi. Per quel che concerne l’aspetto metodologico F., in tutti i suoi interventi, riconobbe e ripose il concetto di critica nella storia più che nella teoria, rifiutando ogni estetica normativa: un approccio che, per le arti figurative, significava l’utilizzo illuminato e simpatetico della filologia. Fu un maestro completo sotto ogni aspetto: dalla conoscenza profonda dei fatti artistici d’ogni epoca alla creazione di Istituti di storia dell’arte a Padova e Venezia, alla didattica. Nei viaggi di visita a monumenti e musei con colleghi e studenti, F. si impegnava a impostare e verificare i problemi di interpretazione storico-critica, dialogando e sollecitando l’acquisizione e la conoscenza delle fonti e dei testi. Generoso e vivace, coinvolgente nel dialogo con studiosi ed allievi, ironico, polemico e talora sprezzante nei giudizi, rimase nel fondo un uomo disponibile, indulgente e buono. Uscito dalla scuola di Adolfo Venturi, F. possedeva per istinto un senso raffinato per l’inquadramento storico, che lo portava a “curiosare” su ogni genere di documento con la passione del ricercatore, a scovare in musei e collezioni opere rimaste orfane di padre e di luogo d’origine, a far emergere le ignote piccole figure d’artista accanto ai grandi e celebrati maestri. Fu promotore e animatore dell’Istituto di storia dell’arte della Fondazione Giorgio Cini nell’isola di San Giorgio a Venezia, che fece crescere dal 1954 al 1971, del quale costituì negli anni Sessanta la fototeca, ricca di migliaia di fotografie da lui donate, arricchendone le collezioni con il lascito di cinquecento disegni e organizzando numerose esposizioni. F. collaborò con varie voci al Künstlerlexicon (dal 1921 al 1947) e all’Enciclopedia Treccani (dal 1929 al 1937). Lo studioso si spense nella sua casa padovana di Prà della Valle, che fu già di Palla Strozzi, nel settembre 1971.
ChiudiBibliografia
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