FLAMIA GIOVANNI BATTISTA

FLAMIA GIOVANNI BATTISTA (1759 - 1842)

giurista, avvocato, amministratore pubblico, diplomatico

Nacque a Venzone (Udine) nel 1759 dal nobile Valentino e da Giovanna Rozzi. Studiò al collegio dei barnabiti di Udine, successivamente si laureò nel 1775 in utroque iure all’Università di Padova. Dopo quattro anni di praticantato di avvocatura a Venezia, nel 1779 si stabilì a Udine, dove divenne socio della Società di agricoltura pratica. Rappresentante della comunità di Venzone nel parlamento della Patria, F. nel 1782 fu nominato, con Francesco Florio per i prelati e Giorgio di Polcenigo per i castellani, membro della commissione che avrebbe dovuto riformare le costituzioni della Patria. Nel 1783 rispose al quesito della Società di agricoltura udinese sull’eliminazione del pensionatico, suggerendo la necessità della persuasione più che dell’intervento diretto del legislatore con una memoria premiata. Nel 1788 fu nominato internunzio della città di Udine a Venezia e l’anno successivo nunzio, dopo essere stato aggregato alla nobiltà udinese, in quanto tale incarico, che gli fu rinnovato fino alla caduta della Repubblica veneta per le sue buone entrature nell’ambiente marciano, poteva essere conferito soltanto a un cittadino dell’ordine nobile. I suoi rapporti con l’ambiente udinese in questo periodo sono attestati, oltre che dalla corrispondenza ufficiale con i deputati della città, dalle lettere indirizzate al bibliofilo Antonio Bartolini e a Lavinia Florio Dragoni, la nobildonna nel cui salotto scorreva la vita intellettuale cittadina. ... leggi Dopo la caduta della Serenissima F., il quale probabilmente conosceva, sia pure in modo generico, i preliminari della pace di Leoben che prevedevano la cessione all’Austria dei territori della Repubblica, fu pronto a dialogare e a mediare sia con i francesi sia con gli austriaci sulle riforme necessarie a un riordinamento della provincia friulana. Rientrato il 6 maggio 1797 a Udine, dove fino al 1807 esercitò la professione di avvocato, partecipò ai governi democratici (Municipalità centrale di Udine, Governo centrale del Friuli) assumendo una linea moderata, diventando uomo di fiducia del generale Bernadotte, ma scontrandosi con i democratici giacobini, in particolare con il loro leader locale Giovanni Maria Benvenuti e con l’abate Giuseppe Greatti. A difesa del suo operato di questo periodo scrisse nel 1798 l’Apologia della sua condotta politica nel 1797, conservata autografa presso la Biblioteca civica V. Joppi di Udine. È una difesa che, da un lato, aiuta a ricostruire alcune dinamiche del momento, dall’altro è una dichiarazione di una linea politica moderata. Nel 1798 durante il governo austriaco F. ebbe dai deputati della città incarichi quale esperto legale per problemi istituzionali o economici di Udine e della provincia. Tra l’altro, in questo periodo egli scrisse la prefazione alle Osservazioni critiche intorno alla storia della città di Udine di Paolo Fistulario, manoscritto steso dall’autore nel 1769 e donato dai familiari al comune perché fosse conservato nella cancelleria. C’era la volontà di stampare l’opera, ma gli avvenimenti politici successivi ne fermarono l’edizione. Le argomentazioni a favore di Udine del Fistulario furono riprese da F. nella questione legale che nel 1798 contrappose ancora una volta la città e il parlamento, questione per cui egli redasse la memoria, pubblicata anonima, Allegazione per la fedelissima e magnifica città di Udine, a cui risposero Detalmo di Brazzà e Francesco di Polcenigo con l’Allegazione del fedelissimo Parlamento della Patria del Friuli. Al ritorno dei francesi F. nel 1807 fu nominato membro della Congregazione di carità, l’organo che amministrava i beni delle congregazioni religiose soppresse e degli istituti di beneficenza, carica che egli mantenne fino allo scioglimento della stessa nel 1821, svolgendo funzioni di consulente legale. Nel 1807 fu incaricato dal prefetto Somenzari di confrontare con dati di fatto la compilazione dell’estimo del dipartimento di Passariano a cui aveva collaborato il perito agrimensore Francesco Rota, autore di uno studio a cui F. rispose con una memoria fortemente critica, Alcune osservazioni sopra il libro intitolato “Estensione e reddito censuario del Dipartimento di Passariano”, stampato in Udine per li fratelli Pecile 1807, destinato alla direzione generale dell’estimo provvisorio, memoria in cui Rota è accusato di avere attribuito al dipartimento di Passariano la stessa produttività di quello della Brenta, di non conoscere quindi la realtà del proprio dipartimento. Ma, nonostante gli sforzi di F. di dimostrare che Passariano non poteva superare i 9.000 scudi, l’estimo provvisorio del 1811 gli assegnò 17.800.000 scudi. Dal 1809 al 1812 F. esercitò la carica di consigliere di prefettura del dipartimento con funzioni prefettizie in assenza del titolare, nonché di vicepresidente della Commissione del censo; dal 1815 al 1832, quando chiese il pensionamento, fu aggiunto fiscale della provincia di Udine. Proposto tra i candidati al Senato del Regno d’Italia nel collegio dei “possidenti”, fu definito da Melzi «legale, non ricco, probo». Morì a Udine nel 1842. Su F. si appuntarono nel 1797 le proteste dei democratici, che lo accusarono di “tradimento” e “infamia” per il suo riformismo moderato, per aver impedito la partecipazione del Governo centrale del Friuli al congresso di Bassano, svoltosi tra luglio e agosto di quell’anno, dove si voleva votare una ormai impossibile unione alla Cisalpina; si appuntarono anche le accuse degli ecclesiastici per aver sostenuto, sulla base del giurisdizionalismo settecentesco, la legittimità della vendita dei beni nazionali, accuse che trovarono i toni più forti negli scritti di Francesco Braida e Michele Strassoldo. L’opera di F. come diplomatico, politico e collaboratore tecnico dei vari governi succedutisi in Friuli tra fine Settecento e inizio Ottocento, trascurata dagli scrittori di matrice risorgimentale e antiaustriaca che vedevano nel periodo napoleonico l’origine dei mali della provincia friulana trascinatisi fino al 1866, più recentemente è stata oggetto di indagine per definire le dinamiche interne della Municipalità udinese e del Governo centrale del Friuli, gli assetti istituzionali, cetuali e censuali, oltre che il ruolo da lui avuto nella compilazione dei primi estimi catastali dipartimentali.

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Bibliografia

Note autografe manoscritte di memorie e di carriera politica e amministrativa di F., in mss BCU, Principale, 1004. La corrispondenza di F. con i deputati della città nel periodo in cui è nunzio a Venezia in ASU, Comunale antico, 191, 201, 208; la corrispondenza con Lavinia Florio Dragoni in ASU, Caimo, 78; la corrispondenza con i fratelli Bartolini ibid., 50, oltre che nell’archivio privato Florio, Persereano (Udine), 226/4 e in BBU, 163.

[G.B. FLAMIA], Allegazione per la fedelissima e magnifica città di Udine, stampa ad lites, s.l., s.n., [1798]; ID., Alcune osservazioni sopra il libro intitolato, Estensione e reddito censuario del Dipartimento di Passariano, stampato a Udine per li fratelli Pecile 1807, Milano, Sonzogno, 1807.

T. CASINI, I candidati al Senato del Regno Italico, «Rassegna storica del Risorgimento», 3 (1916), 43, 52; Tradizione e nuova agricoltura, a cura di L. MORASSI, Udine, Ribis, 1980, 123-183; F. BIANCO, Nobili, castellani, comunità, sottani. Il Friuli dalla caduta della Repubblica alla Restaurazione, Monfalcone, EdL, 1997, passim; L. CARGNELUTTI, Momenti di storia della società udinese, in Dopo Campo Formio, 115-121; L. CARGNELUTTI - R. CORBELLINI, Udine napoleonica. Da metropoli della Patria a capitale della provincia del Friuli, Udine, AGF, 1997 (in appendice Apologia della sua condotta politica nel 1797, 140-151).

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