Figlio di Giacomo da Bologna, maestro di grammatica, nacque a Conegliano intorno al 1500-05; morì prima del 1564. È uno dei pittori più interessanti e problematici tra quanti operarono in Friuli nel secolo XVI. La sua opera è documentata a partire dal 1523, allorché ricevette un pagamento per pitture (non più esistenti) eseguite nel castello di Conegliano. Nel 1525 si impegnò ad eseguire una pala (perduta) per la chiesa di Villanova di San Daniele del Friuli. Nello stesso anno, il 27 settembre, stipulò un contratto con il pittore Martino da Udine detto Pellegrino da San Daniele, nella bottega del quale aveva lavorato per qualche anno. Con lui si era impegnato a sposarne la figlia Aurelia entro due anni, vivendo intanto nella casa del maestro e lavorando per lui gratuitamente. Le nozze non ebbero in seguito luogo, forse per la morte prematura di Aurelia o forse per una lite tra i due artisti. Nel 1525 il F. eseguì una pala d’altare per la confraternita dell’Immacolata Concezione della città di Conegliano (il dipinto è ora all’Accademia di Venezia); nel 1528 fu presente ad una seduta del Minor consiglio di Gemona del Friuli, essendo stato incaricato di eseguire un disegno del canale sul fiume Tagliamento e dell’acquedotto che la città voleva costruire. Nel documento relativo a tale atto si dice che F. non avesse un domicilio fisso, ma che vivesse a Udine, dove aveva litigato con Pellegrino, e dove tuttavia lavorava dipingendo quadri per molti cittadini, tra i quali lo stesso luogotenente Giovanni Moro. ... leggi Nell’ottobre del 1528 eseguì una grande pala d’altare per la confraternita di S. Giorgio di Udine; nel 1529 venne bandito dalla Patria del Friuli per aver ucciso un sarto in seguito ad un litigio. Da questo momento le notizie sulla sua vita e sulla sua attività si fanno più incerte: nel 1533 era a Padova, dove firmò e datò un polittico per la chiesa di S. Bovo, nel 1538 e 1539 era a Cividale del Friuli, dove dipinse una pala d’altare per la cappella di S. Giuseppe nel duomo ed un gonfalone per la fraternita di Santo Spirito; nel 1540 era arbitro a Udine, insieme con Giovanni Antonio Cortona, in una contesa tra gli intagliatori Adamo di Salisburgo e Giovanni Martini; nel 1541 ricevette un pagamento per un dipinto sulla porta del convento di S. Maria in Valle a Cividale (le pitture furono apprezzate da Giovanni da Udine due anni più tardi). Nel 1543 da parte dei parenti del sarto ucciso gli venne accordata la pace e quindi nello stesso anno prese in affitto un’abitazione a Conegliano; nel 1550 ricevette un pagamento per la pala di S. Orsola eseguita per il monastero di Cella a Cividale del Friuli. Al 29 dicembre 1564 risale il testamento di donna Aloisia, indicata come vedova del pittore. Documentatamente allievo di Pellegrino da San Daniele, il F. è in realtà seguace in senso stretto del Pordenone, come tra l’altro ben mostrano la bella Sacra Conversazione dell’Accademia di Venezia ed il Polittico di S. Bovo (smembrato in sei parti per essere inviato al Louvre nell’Ottocento, diviso oggi tra il Museo di Padova, l’Accademia dei Concordi di Rovigo e collezione privata friulana) e soprattutto la bella Pala di S. Giorgio nella chiesa di tal nome a Udine, dove il pittore mette in mostra le sue capacità coloristiche ed inventive, mettendo in evidenza inoltre il suo amore per il dinamismo dell’azione e per il paesaggio. Non è ancora possibile stendere un profilo accettabile della sua poetica: discutibile il giudizio che ne dà Remigio Marini il quale, considerandolo il maggior pittore friulano dopo il Pordenone, scrive che «ogni qual volta un’opera pittorica o grafica è vicinissima al Pordenone ma non è un Pordenone, essa è senz’altro un Florigerio». Al F. sono state attribuite, ma con notevoli incertezze, alcune parti del ciclo a fresco steso da Pellegrino nella chiesa di S. Antonio Abate a San Daniele del Friuli, e con maggiore fondatezza le parti laterali (con i santi Sebastiano e Rocco) del polittico di S. Maria dei Battuti di Cividale (ora nel Museo archeologico di quella città), eseguito da Pellegrino nel 1527-28. Si può discutere anche su altre interessanti attribuzioni, relative ad una pala d’altare del duomo di Cividale, ad altra della chiesa di S. Martino a Chiasottis e ad un dipinto con il Cristo morto nel Monte di pietà di Treviso. Altri dipinti gli sono stati attribuiti da Poz, mentre Furlan ha rifiutato la tradizionale attribuzione che a lui veniva fatta del ritratto di Raffaello Grassi conservato agli Uffizi.
ChiudiBibliografia
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