Nacque circa nel 1550 nel castello di Tarcento dal nobile Giovanni Battista e da Antea di Pers, donna di elevata cultura, ricordata dal Liruti nelle biografie di Delle donne del Friuli illustri per lettere, pubblicate postume. Sposò in prime nozze Giovanni Battista di Montegnacco e in seconde Pietro Urbano Frangipane, luogotenente imperiale di Trieste e consigliere di stato dell’arciduca Carlo d’Asburgo. Rimasta nuovamente vedova nel 1576, senza figli, da Trieste si trasferì a Udine. Qui con Pompea Arcoloniani, vedova di Emilio Candido, e con la cognata Anna Candido, vedova di Giovanni Battista Mels, cugino del giureconsulto Giovanni entrato nell’ordine barnabitico con il nome di Paolo, fece parte di un gruppo di donne che volevano aiutare le giovani («putte» o «donzelle») collocate presso l’ospedale di S. Maria della Misericordia perché orfane o illegittime o abbandonate dalla famiglia per un rovescio della fortuna o per un innalzamento della soglia di povertà. Difficoltà di gestione e preoccupazione per l’alto numero di presenze giovanili, che per le ragazze avrebbero dovuto essere contenute in ventiquattro, segnarono più volte la storia dell’ospedale, che all’epoca svolgeva le funzioni – oltre che di curare infermi – anche di ospizio. Nel 1558, per esempio, in un periodo di riforme di tutta la struttura dell’ente assistenziale, erano stati stesi capitoli – di cui però non è pervenuto il testo – per il “governo” delle “puellae” e dei “pueri”. Però alcune difficoltà interne portarono la dirigenza del S. Maria della Misericordia ad assumere provvedimenti estremi, come quello del 1574, non attuato, di allontanare le “putte” di età superiore ai sedici anni. ... leggi Dalla metà del secolo alcune nobildonne cittadine, per esempio una Giulia Mels, prestavano la loro opera volontaria in aiuto dei poveri dell’ospedale, affiancandosi al lavoro dei salariati; in data imprecisata, probabilmente intorno al 1590, a loro si aggiunse il gruppo di cui facevano parte la F., Anna Candido Mels e Pompea Arcoloniani Candido. La Mels scrisse in una memoria che esse entrarono in conflitto con i governatori dell’istituto. È probabile che la F. e la Mels volessero sostituirsi all’“educatrice” stipendiata dall’ospedale, intervenendo forse nella pratica quotidiana al di là degli ordini previsti dai capitoli dei regolamenti. Desiderose in ogni caso di aiutare giovani che avrebbero potuto essere traviate dalla miseria e di costruire nella città un modello alternativo di più forte spiritualità, informate, come attestano i documenti d’archivio, e forse a contatto con contemporanee esperienze italiane del secondo Cinquecento promosse dalla carità dei laici, le nobildonne nel 1595 rivolsero una supplica al patriarca Francesco Barbaro per potersi raccogliere con alcune compagne in vita comune vestendo l’abito secolare, «per ricoverare a proprie spese citele e pute da bene che stano esposte per povertà et pocho governo a dover cadere ad rovinare». In questo modo le nobildonne vollero fondare non un nuovo ordine religioso femminile, che dopo il concilio di Trento avrebbe imposto la clausura, ma una congregazione laica che come precedenti analoghi – ma del tutto indipendenti e per alcuni aspetti diversi – aveva la Casa delle Zitelle di Venezia e quella di Brescia. Ottenuto il consenso dell’autorità ecclesiastica, che diede come confessore Luca Mehilli, già curato dell’ospedale di S. Maria della Misericordia e poi nominato canonico e vicario foraneo dal Barbaro, la F. e la Mels acquistarono il 26 aprile 1596 una casa «extra purtellum Poscollis», fuori la porta Poscolle interna, nell’attuale via Zanon, dando immediatamente avvio a lavori di ampliamento per costituire la Casa delle Zitelle. Lo statuto, approvato nel 1608 dal patriarca Barbaro e rimasto inalterato fino al 1880, fu redatto dalle due fondatrici. Prevedeva a capo della comunità una «madonna», una specie di superiora dotata di ampi e inappellabili poteri, aiutata da una coadiutrice e da una congregazione formata da sei protettori e sei protettrici provenienti dal mondo ecclesiastico o dal ceto mercantile e nobile cittadino, con la funzione di stabilire un legame tra la Casa e la comunità esterna. Le giovani ospiti, per cui era previsto un progetto educativo sia manuale sia spirituale, erano lasciate libere sia di vivere la vita conventuale sia di reinserirsi nella società diventando mogli di onesti artigiani, ottenendo allo scopo piccole doti, tali da renderle bene accette in famiglie onorate. La F., risolte questioni dotali ed ereditarie con i parenti del primo e del secondo marito, lasciò, come la Mels, tutto il suo patrimonio alla Casa. Nel 1608, venuta meno la Mels che fu la prima madonna delle Zitelle, le subentrò nel ruolo fino alla morte, nel 1616.
ChiudiBibliografia
ACAU, AOSMM, Verbali del consiglio, 1542-1561, f. 254r-v, 24 giugno 1558 (approvazione capitoli per il governo di puellae e pueri); ivi, f. 244v (deliberazione di allontanare dall’ospedale le ragazze di età superiore ai sedici anni); ivi, f. 285 r-v, 28 giugno 1574 (deliberazione del salario per l’“educatrice” delle “putte”); Archivio storico della Casa secolare delle Zitelle di Udine, Supplica di Flavia Frangipane e Anna Mels al patriarca Barbaro per il riconoscimento della Casa, 1595, b. 1.1; ivi, Libro delle elemosine, 1597-98, 1600 (con memoria autografa di Anna Mels), b. 1.3.
Statuto della secolar Casa delle Zitelle dettato dalle fondatrici Anna Mels e Flavia Frangipane, Udine, Vendrame, 1836; G.G. LIRUTI, Delle donne del Friuli illustri per lettere, Udine, Seitz, 1865, 17-18 (biografia di Antea Mels Frangipane); G. BALDISSERA, Cittadini illustri e benemeriti di Tarcento, Gemona, Toso, 1934, 125-126; M. ROMANELLO Le spose del principe. Una storia di donne: la Casa secolare delle Zitelle in Udine, 1595-1995, Milano, Angeli, 1995; G.T. FACCIOLI - A. e V. JOPPI, Chiese di Udine, a cura di G. BERGAMINI - P. PASTRES - F. TAMBURLINI, Udine, Deputazione di storia patria per il Friuli, 2007, 241-243, 245.
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