Nato intorno al 1475, probabilmente a Tolmezzo, figlio di Giacomo, è ricordato a partire dal 1497, quando compariva come teste in un processo in quella città. Ancora testimone nel 1502, nel 1506 firmò gli affreschi della chiesa di S. Leonardo a Osais, sua prima opera documentata (nella volta e nelle pareti del presbiterio della vecchia chiesa, ora inglobata nella nuova, Eterno Padre, Evangelisti, Apostoli, Santi e scene della vita di S. Leonardo). Testimone ad una compravendita a Prato Carnico nel 1509, nel 1512 operò nella chiesa di S. Leonardo a Cavalicco (due affreschi raffiguranti la Madonna in trono con Bambino, firmato e datato, e S. Sebastiano) e di S. Maria a Raspano (lavoro perduto); nello stesso anno fece pace con i figli di Nicolò Flumiani di Liariis, da lui ferito a morte in un duello, e venne inoltre accusato di furto di noci e di mele da un vicino di casa. Nel 1513 affrescava il presbiterio della chiesa di S. Giorgio a Colza (Cristo benedicente, Dottori della Chiesa, Apostoli, Santi e scene della vita di S. Giorgio, con firma e data) e nel 1515 quello della chiesa di S. Vito a Liariis (ciclo di affreschi nella volta del vecchio coro, raffiguranti il Padre Eterno, Evangelisti, Santi, documentati 1515). Nel 1516 affittò a Giovanni Tomat un suo casale sul monte di Tolmezzo, nel 1519 lavorava nella chiesa di S. Caterina a Luint (ciclo di affreschi nel coro raffiguranti Dottori della Chiesa, Santi, scene della vita di S. Caterina, documentati) e comparve come testimone a Forni Avoltri, nel 1527 e 1528 a Flagogna eseguì alcuni affreschi per la chiesa del castello (rimangono frammenti raffiguranti S. Pietro e S. Giovanni Battista). Lo troviamo infine come testimone in alcuni atti stipulati a Tolmezzo nel 1535, 1536 e 1537. Ebbe un figlio, Toffolo, di professione falegname. ... leggi Ignorato dalla critica dell’Ottocento e del primo Novecento, che assegna a Gianfrancesco da Tolmezzo o a Domenico da Tolmezzo gli affreschi eseguiti dal F. in Carnia, il pittore è stato riscoperto da Giuseppe Fiocco che ne ha tracciato un interessante profilo, gratificandolo infine dell’appellativo di «Crivelli in sedicesimo». Più severo, anche se per certi versi accettabile, il giudizio di Remigio Marini che inserì il pittore in un credibile contesto culturale. Il F. fu con tutta probabilità allievo e forse anche collaboratore di Gianfrancesco da Tolmezzo, la cui poetica e le cui invenzioni iconografiche possono essere considerate l’unico modello del suo operare. Nella sua vasta produzione a fresco che si sviluppa, per quanto riguarda quella conosciuta, nell’arco di un ventennio, non si rinvengono apprezzabili mutamenti. I colori sono vivaci e l’uso insistito della linea di contorno trasforma spesso i dipinti in una sorta di disegni colorati, le figure appaiono sempre bloccate nel movimento, spesso sgrammaticate ed infelici nelle proporzioni, costrette entro lo spazio che le contiene. Il paesaggio, anche nelle scene di maggior respiro, è ridotto all’essenziale. Gli va riconosciuta una notevole capacità di sintesi, quasi da “cartoonist” ante litteram, ed un afflato poetico che ben si sviluppa negli episodi lasciati alla sua invenzione: così nelle scene relative ad episodi della vita di S. Leonardo ad Osais, di S. Giorgio a Colza, di S. Caterina a Luint, o negli episodi evangelici di Mione. Il ciclo di affreschi di Mione, dove particolarmente riuscito è l’episodio della Fuga in Egitto dominato da un’atmosfera di sognante stupore, non è datato né documentato e viene posto dalla critica all’inizio della sua attività (1500), in quanto più evidenti paiono i richiami all’arte di Gianfrancesco, o nella piena maturità, intorno al 1520. Quest’ultima pare la data più probabile, anche alla luce di un inedito documento dal quale apprendiamo che al F. era stata affidata dalla stessa chiesa l’esecuzione di un’ancona intagliata, lavoro che venne però sospeso nel 1518. Non si sa in quale grado di parentela fosse con il pittore Leonardo Fuluto di Tolmezzo, del quale esistono affreschi firmati nella parrocchiale di Zuglio (Santi Leonardo e Valentino, 1550) e nella chiesa di S. Michele Arcangelo a Formeaso (Madonna in trono con Bambino, angeli e S. Lorenzo, 1564). Si sa inoltre che nel 1550 gli abitanti di Chialina in Carnia pagarono un’opera (oggi non più esistente) da lui eseguita per la loro chiesa. La sua pittura, modesta e di carattere devozionale, si rifà, per impostazione, grafismo e colore, ai modelli di Gianfrancesco da Tolmezzo e di Pietro F.
ChiudiBibliografia
G. FIOCCO, Piccoli maestri. III. Pietro Fuluto, «Bollettino d’arte del Ministero della pubblica istruzione», 4/9 (1925), 389-401; F. QUAI, Leonardo Fuluto, «Quaderni della FACE», 39 (1971), 54-57; A. RIZZI, Profilo di storia dell’arte in Friuli. 2. Il Quattrocento e il Cinquecento, Udine, Del Bianco, 1979, 84, 88; G. BERGAMINI, Un naïf in Carnia: Pietro Fuluto, in Studi Tolmezzini, «Antichità Altoadriatiche», 20 (1984), 107-115; J. STEER, Alvise Vivarini, Cambridge, Cambridge University Press, 1982, 183; BERGAMINI - TAVANO, Storia, 325, 355; La conservazione dei beni storico-artistici dopo il terremoto del Friuli (1982-1985), «Relazioni della Soprintendenza per i B.A.A.A.A.S. del Friuli Venezia Giulia», 5 (1986), 32-33, 51-52; P. CASADIO, Fuluto, Pietro, in Pittura in Italia. Il Quattrocento, II, Milano, Electa, 1986, 630; BERGAMINI, Friuli Venezia Giulia, 131, 150, 246, 293, 407; L. PASUT, Il ciclo degli affreschi di Pietro Fuluto ad Osais, in Prato Carnico. Itinerari e ricerche, a cura di A. GIUSA - M. VILLOTTA (Quaderni del Centro regionale di catalogazione dei beni culturali, 24), Villa Manin di Passariano (Udine), 1995, 18-21; E. GOTTARDO, La chiesa di San Leonardo a Cavalicco, Cavalicco-Udine, Circolo culturale Cavalicco, 1997, 155-170; F. DALL ’AGNESE, La pittura parietale di Gianfrancesco da Tolmezzo: distribuzione territoriale e costanti iconografiche, in Tumieç, 613-634; G. BERGAMINI, Restauri in provincia: affreschi ed altro ancora, in L’antico a nuovo. Catalogo della mostra (Udine, 11 maggio-1 luglio 2001), Pasian di Prato, Editrice Leonardo, 2001, 30-33; ID., Fuluto, Pietro, in AKL, 46 (2005), 297-298.
Nessun commento