Nacque nel 1832 in Val Raccolana in comune di Chiusaforte (Udine). Conseguita la laurea in ingegneria, entrò nell’amministrazione forestale del Lombardo Veneto austriaco, come assistente forestale presso l’ispettorato generale dei boschi, con sede a Venezia. Lavorò con Adolfo di Bérenger, celebre selvicultore dell’Ottocento. Nel 1865 passò alla foresta del Cansiglio dove, su incarico del governo austriaco, si impegnò nel progetto della strada forestale che doveva unire le celebri foreste dell’altipiano con i centri commerciali e la rete ferroviaria del fondovalle. Si tratta della strada ancora esistente che, superato il passo della Crosetta e attraversato il Cansiglio, giunge, dopo ventiquattro chilometri, a Spert, in Alpago. La costruzione fu portata a termine in undici anni, ma consentì una valorizzazione dei boschi del Cansiglio, il cui legname ebbe un aumento nel prezzo di mercato di quasi il 20 per cento. Nel 1868 fu destinato a Vallombrosa (Firenze), due anni dopo che la celebre abetaia piantata dai monaci benedettini della locale abbazia era passata allo Stato a seguito della legge per l’incameramento dei beni delle comunità religiose al Demanio. L’anno successivo fu nominato assistente alla cattedra di matematica dell’Istituto superiore forestale, fondato nel 1867. A Vallombrosa G. elaborò il primo piano di utilizzazione razionale della celebre foresta e lì rimase fino al 1881, quando fu chiamato come ispettore superiore forestale presso l’amministrazione centrale a Roma. Dopo un periodo di grande operosità, la sua carriera subì un rallentamento quando prescrisse per l’abetina di Montemaiori, nella foresta dell’Abetone, un trattamento simile a quello dei boschi di conifere della Carnia, andando incontro ad un grave insuccesso, previsto invece dai suoi colleghi che ritenevano più opportuno il trattamento a taglio raso, applicato con buoni risultati sempre a Vallombrosa. ... leggi L’insuccesso non impedì a G. di essere incaricato del delicato compito di applicazione della legge 21 febbraio 1892 n. 57, che prevedeva la sdemanializzazione dell’ampia foresta del Montello (5000 ettari) e la ripartizione in quote della metà della superficie del bosco da vendere alle famiglie locali, garantendo ai nullatenenti la raccolta di legname morto nel restante bosco non quotizzato. In seguito fu incaricato di redigere il piano generale di sistemazione idraulica e forestale dell’Adige, dopo la terribile rotta del settembre 1882. Ricoprì, negli ultimi anni, il ruolo di presidente del Consiglio superiore forestale. Morì a Roma nei primi giorni d’aprile del 1905.
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