Orafo e uomo politico, ebbe a Udine un peso rilevante nella storia della zecca patriarcale nell’ultimo periodo della sua attività a partire dal 1371, anno nel quale essa fu gestita da Giovannutto di Giacomo Porcari e dal cambiavalute Nicoletto di Francesco da Venezia. G. da M. aveva laboratorio nel borgo Udin, ossia nel cuore della vecchia città. Sposato a tale Lucia, ne aveva avuto Gianfrancesco, che già nel 1392 risultava notaio e nel 1400 cancelliere patriarcale, Ermagora drappiere, che gestiva un negozio in Speronariis e quattro figlie che procurò di accasare onorevolmente: Caterina al notaio Cristoforo Missulini, vedova dal 1398, Elena al notaio Tommaso Ronconi, Dorotea a Rainerotto Rainerotti e in seconde nozze a Pietro di Passerino drappiere e cambiavalute, nonché Bartolomea al notaio Girolamo di Ettore Miulitti e in seconde nozze a Pietro Bredi. La carriera politica di G. fu contrassegnata da una serie di magistrature: giudice “in maleficiis” nel 1395, camerario nella tornata 1399-1400, deputato “ad regimen” dall’aprile 1399. Oltre a ciò fu considerato e impiegato come persona di fiducia per la questione della moneta. Un’occasione importante si presentò nel 1401 quando si trattò di valutare l’opportunità di mutare la moneta d’argento (di lega ormai molto bassa) da denaro in soldo, da g 0, 86 a g 0, 83 e di discuterne coi rappresentanti di Cividale. Collaboravano con lui in tale circostanza il saggiatore Domenico Brunacci e Giovannutto di Bene. La comunità ricorse anche alla competenza dell’orafo il 30 maggio 1402 perché cercasse insieme con altri esperti un sistema per migliorare la moneta. Nel contempo, essendo di nuovo deputato “ad regimen” nel 1403, egli era coinvolto nei problemi di politica estera come ambasciatore a trattare con il re d’Ungheria, che minacciava il Friuli mentre si profilava un allontanamento del patriarca, eventualità per fortuna degli Udinesi scongiurata per il momento. ... leggi L’autorevolezza e l’esperienza di G. da M. contribuirono a risolvere molti problemi in quegli anni turbolenti della vita politica di Udine, da una parte dominata dai Savorgnan e dall’altra angustiata da una crisi economica sempre più grave. Nel 1409 fu inviato ambasciatore della comunità con Leonardo Tealdi e Biagio di Lazzaro presso i conti di Cilli, Ortenburg e Gorizia per protestare contro le angherie inflitte a certi cittadini udinesi da alcuni loro sudditi. Nuovamente impegnato con il problema della moneta sotto il patriarca Ludovico di Teck, trattò, invano, con questo a nome della comunità per la scelta del soldo equivalente a 12 piccoli piuttosto che per il denaro equivalente a 14 piccoli. Era l’aprile del 1413 quando l’emissione di denari dimostrò l’inutilità delle richieste dei cittadini. Ma evidentemente le preoccupazioni delle comunità maggiori, Udine e Cividale (che concordavano solo su questo punto), indussero a ridimensionare le esigenze di Ludovico di Teck, tanto che dal 19 aprile 1414 fino alla chiusura della zecca si batterono soldi. Contemporaneamente G. da M. trafficava con il proprio peculio in varie direzioni, non trascurando la sua bottega di orefice dalla quale uscivano oggetti di diverso impegno, dai bottoni agli anelli, ai calici, alle cinture d’argento dorato. Accettava compartecipazioni “ad lucrum et perditam”, come si ricava dai documenti societari: contratti con il medico udinese Nicolussio, con Nicolò Bombeni (settecento velli di pecore) e con Domenico Brunacci, con il quale per altro anche investiva in immobili insieme con il notaio Leonardo di Mattia. Prestò denaro ai privati e al comune in varie occasioni. Condusse un’ultima ambasceria per preliminari di pace al campo di Pozzuolo con il Bragadin e l’Arcelli per la capitolazione a Venezia. Dettò il testamento definitivo il 25 agosto 1420 e un documento dell’11 gennaio dell’anno successivo lo dava per defunto.
ChiudiBibliografia
FABRIZI, Excerpta, f. 42r.
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