Originario di Rizzolo, a nord di Udine, maestro G. svolse la sua attività – nella duplice veste di notaio, prima, e poi di canonico e tesoriere del capitolo – per tutta la metà del XIII secolo a Cividale. Nato probabilmente intorno alla metà degli anni Venti, a Cividale egli scrisse il suo primo documento noto, uno dei primi rogati in Friuli con la formula imperiali auctoritate notarius (3 febbraio 1249). Poi, per oltre vent’anni G. esercitò l’attività di notaio quasi esclusivamente per il locale capitolo. Non fu infatti un notaio patriarcale, come credeva Guglielmo Biasutti: i rari casi in cui il notaio agì su mandato del patriarca Gregorio di Montelongo o del suo vicedomino, il vescovo di Concordia Alberto de Collice, sono da rapportare alla coeva prassi per l’esemplazione in pubblica forma di imbreviature di notai defunti. A giudicare, invece, dall’alto numero di pergamene autografe pervenute (poco meno di trecento), nel primo ventennio della seconda metà del secolo G. fu senza dubbio il notaio più attivo per la locale Collegiata. A partire dal 1250 quando, in una minuta in pergamena conservatasi, G. scrisse gli statuti capitolari di Cividale per darne lettura al capitolo congregato; ricevutane l’approvazione, il notaio esemplò il regolare instrumentum, con l’apposizione del suo signum e l’indicazione della data (15 aprile). Già dal 1256 a G. si accompagna la qualifica di magister, legata probabilmente agli studi giuridici e al suo insegnamento nelle scuole cividalesi. Nel 1267 i canonici di Cividale elessero G. arbitro a giudicare in una causa su beni acquistati dal capitolo, contestati dalla moglie del venditore in quanto oggetto di una Morgengabe (30 dicembre). Nel 1275 (21 e 22 dicembre), poi, su mandato di frate Folchero vescovo di Concordia, il notaio escuteva alcuni testimoni nel castello di Ragogna per giudicare sulla reale esistenza di una dispensa papale concessa a Bernardo da Ragogna, decano del capitolo di Cividale e canonico di Concordia, di poter sommare benefici ecclesiastici nel Patriarcato d’Aquileia (fino a un importo di cento marche). Il 10 ottobre 1277, G. rogava il testamento di Ermanno, custode della chiesa Maggiore di Cividale, alla cui carica era destinato a succedere. ... leggi È del 1278, infatti, un atto in cui per la prima volta maestro G. è menzionato quale tesoriere della chiesa capitolare di Cividale (5 settembre) e, in quanto tale, presumibilmente già canonico (il 24 novembre 1282, in ogni caso, G. risulta vicedecano). Da allora in poi si fanno sempre meno frequenti i documenti rogati da G. per il capitolo, in ciò sostituito ormai da Giovanni Rosso, e aumentano proporzionalmente le attestazioni della sua nuova mansione. Il titolo di thesaurarius distinse G. dall’omonimo nipote, Giuliano da Cavalicco, autore della Civitatensis Chronica (acquisizione relativamente recente della ricerca che inizialmente lo aveva identificato con maestro G.), anch’egli canonico di Cividale a partire dall’ultimo decennio del secolo. Nel 1286 (13 e 18 gennaio), G. fu eletto da un suo collega, maestro Rinaldo detto Pizzul, che aveva insegnato ars grammatice nelle scuole di Cividale, quale suo esecutore testamentario. Se il tracciato della carriera pubblica di G. si riesce a delineare in modo abbastanza preciso, molto poche sono, al contrario, le informazioni sulla sua vita privata. Tanto più prezioso appare, dunque, un documento dell’8 di gennaio del 1288: in presenza del figlio Giovanni da Cividale e di Riccarda, il maestro G. da R., canonico di Cividale, rinunciava al capitolo tutti i beni immobili che teneva per conto di questa istituzione per esserne reinvestito assieme a Giovanni; se, infine, padre e figlio non avessero ordinato diversamente prima di morire, tali beni sarebbero passati alle sorelle di Giovanni, Giuliana e Margherita, e alla loro madre Riccarda. Si sa da altre fonti che la casa di G. era situata in borgo S. Pietro, non lontano dal fiume Natisone, sulla cui riva sinistra aveva anche una vigna presso il monastero di S. Giorgio in Vado. Questi suoi terreni non distavano da un orto in contrada S. Francesco cedutogli nel 1275 dalla nipote del defunto preposito di S. Pietro in Carnia, maestro Bonincontro. Fin dal 1262 G. era stato investito di un’altra vigna sul monte di Zuccola. Divenuto tesoriere, inoltre, competeva a G. gestire i numerosi mobili e immobili del capitolo di Cividale: numerose, in tal senso, sono le testimonianze di somme di danaro promesse al tesoriere dai fedeli pro remedio anime. Di tutte queste transazioni e movimenti di danaro maestro G. doveva tenere nota: nel 1297, infatti, in occasione di una colletta imposta dal legato apostolico al patriarca di Aquileia, il pontificio collettore delle imposte cancellava di suo pugno la nota contenuta nel quaderno di Giuliano, dopo aver ricevuto dal maestro tesoriere, a nome del patriarca Raimondo della Torre, 211 marche e 64 danari aquileiesi. La stima e l’apprezzamento del patriarca è testimoniata anche dal fatto che nel 1295 egli avesse delegato maestro G. quale giudice in sua vece in una causa d’appello relativa a una questione matrimoniale. Agli inizi di gennaio del 1303, a garanzia di un piccolo credito che maestro G. vantava nei confronti di un suo massaro di Albana (nel Collio sloveno), il figlio Giovanni istituiva altri due massari quali fideiussori del maestro tesoriere, evidentemente ammalato: si sarebbe spento da lì a poco, a Cividale il 23 gennaio 1303.
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Per un elenco delle pergamene autografe di G. da R. cfr. BLANCATO, I notai del Patriarcato, 297-298 n. 52. ASU, NA, b. 667/1, 1r-16v; b. 667/5, 39r; b. 668/4, 86v; b. 669/5, 2v; MANC, Pergamene Capitolari, IV ni 88, 89; VI ni 32, 36/5-6; VI n° 39; VII ni 28, 89. IULIANI CANONICI Civitatensis Chronica, a cura di G. Tambara, Città di Castello 1905, 25; BIASUTTI, Cancellieri, 36 e n. 7; G.M. DEL BASSO, Due documenti sul can. Giuliano da Cividale, MSF, 43 (1958-59), 183-184; SCALON, Libri, 32-33 e n.79; SCALON, Produzione, 145 n° 18; Carte di S. Maria in Valle, 58 n° 38, 103-105 n° 67, 110-112 n° 71, 131-132 n° 84, 137-138 n° 87, 140-142 n° 89, 150-151 n°95, 174-175 n° 109, 190-192 n° 111, 198-200 n° 123, 202-204 n° 125, 207-208 n° 128, 212-213 n° 131, 216-218 n° 134, 222-226 ni 137-138; SCALON, Libri degli anniversari, 87-88, 183, 221-222 e n. 73; L. PANI, Cancelleria patriarcale e notariato nel XIII secolo, «Atti dell’Accademia Udinese di scienze, lettere e arti», 102 (2009), pp. 65-82: 76 n. 39; BLANCATO, I notai del Patriarcato, 289-298, 536-540 ni XIII-XIV, 545 n° 20.
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