Figlio di Francesco e della nobile Margherita della Porta, V. (o, come si trova scritto nelle carte d’archivio, Vicenzo), nacque a Udine nel 1532. Dopo aver compiuto i primi studi presso le scuole pubbliche, periodo a cui probabilmente risale l’amicizia con Francesco Mantica, futuro cardinale durante il pontificato di Clemente VIII, venne ammesso nel 1551, appena diciannovenne, al collegio dei notai di Udine. Nello stesso anno fu avviato allo studio delle leggi, finché, alla morte del padre, sopravvenuta il 12 agosto del 1554, si trovò costretto ad abbandonare la carriera giuridica per dedicarsi unicamente all’attività notarile, dovendo farsi carico delle doti delle tre sorelle, tutte in età da marito. Nel 1555 si sposò con Smeralda Zamoro, dalla quale nel 1556 ebbe il primo figlio, che purtroppo visse solo pochi anni. Dall’unione con Smeralda, il G. ebbe cinque figli, dei quali sopravvisse solo la figlia Fiore. Il 17 giugno 1560 la moglie morì di tifo petecchiale, malattia che colpì lo stesso V., riducendolo in fin di vita. Tre anni più tardi, il 24 novembre 1563, convolò a nuove nozze con Barbara Balzaro, nobile vedova di origine spilimberghese, dalla quale ebbe due figlie, Lavinia e Laura, e l’unico erede maschio, Orazio Annibale. Nel 1566 il G. venne eletto cancelliere del collegio notarile, in seguito alla morte del suo predecessore, diventando successivamente priore della Camera notarile negli anni 1578, 1582 e 1589. Il suo Memoriale inedito è testimonianza della professione esercitata. Parallelamente alla carriera di notaio svolse quella di poeta e drammaturgo, che gli valse, il 6 novembre 1606, l’ammissione, con lo pseudonimo di Stanco, all’Accademia degli Sventati, fondata da Alfonso Antonini il 13 agosto dello stesso anno e precorritrice dell’Accademia di Udine. ... leggi Al 1556 risale la pubblicazione del suo primo componimento in versi, un epigramma latino contenuto in una raccolta realizzata in morte di Giovanni Fontanabona (Venezia, 1556), giurista e zio di Francesco Mantica. A questo epigramma seguirono altri componimenti, che vennero raccolti in un’antologia poetica edita nel 1561 a Venezia in memoria di Irene di Spilimbergo, e un componimento in endecasillabi posto in apertura del De iudaeis et usuris di Marquardo Susanna (Venezia, 1568). Al 1571 risale la Boscherezza: canzone nella felicissima vittoria christiana contra infideli, di m. Vincentio Giusto da Udine (Venezia), che celebra la vittoria riportata dai veneziani sull’armata navale turca a Lepanto (7 ottobre 1571). Altri componimenti vennero raccolti nelle scelte di poesie pubblicate in lode di Lidia Marchesi (Udine, 1597), di Niccolò Contarini (Udine, 1598; Udine, 1602) e del luogotenente Vincenzo Cappello (Udine, 1615). Fu nel campo teatrale che il G. si distinse come autore prolifico e stimato, premiato sia dal favore del pubblico, sia dai positivi giudizi di contemporanei eruditi quali Francesco Sansovino e Giason De Nores. La sua produzione teatrale venne apprezzata anche dalle generazioni successive, com’è testimoniato da alcune note critiche di Giusto Fontanini, Apostolo Zeno e Giovanni Mario Crescimbeni che, nella sua Istoria della poesia italiana, collocò l’Arianna del G. fra le sedici tragedie nazionali più importanti del secolo XVI. Il primo lavoro teatrale dato alle stampe fu la tragedia Irene (Venezia, 1579), ispirata al massacro della popolazione cristiana nella città di Famagosta, avvenuto durante la conquista di Cipro da parte dei Turchi. A questa seguì l’edizione di una seconda tragedia, Almeone (Venezia, 1588), che narra la triste vicenda dell’eponimo personaggio, che uccise la propria madre, ritenendola colpevole della morte del padre, caduto nel corso della guerra contro Tebe. Diciotto anni dopo la prima messa in scena, venne stampata la sua terza tragedia, Hermete (Venezia, 1608), ambientata a Cidone, città dell’isola di Creta, e incentrata sulla lotta per il potere avviata dal perfido Nicandro ai danni del giovane nipote e legittimo erede al trono Hermete. L’ultima tragedia del Giusti fu l’Arianna (Udine, 1610), dove viene rappresentata la triste morte della principessa cretese, abbandonata da Teseo sull’isola di Nasso. Minore impegno venne profuso dal G. nella produzione di opere che esulassero dal genere tragico. A questo proposito, infatti, si possono citare solo la commedia Fortunio (Venezia, 1593), in cui si narrano le avventure di Elena, che, travestita da uomo e usando lo pseudonimo di Fortunio, partì verso Genova alla ricerca del marito Gisippo, e la favola pastorale Elpina (Udine, 1595), ambientata sui colli friulani compresi tra Buttrio e Gramogliano. A cura di V. Joppi fu pubblicato postumo il Trattato della peste d’Udene dell’anno 1556, in cui il G. descrive i terribili effetti dell’epidemia, ricordata come peste del Memini. Scritti inediti sono il Dialogo delle belle donne di Venzone, il De gli errori di Ulisse, traduzione in ottava rima del canto V dell’Odissea, e una cronaca della nobiltà udinese, continuata dopo la sua morte dal nipote Vincenzo. Due altre opere teatrali del G., la tragedia Alessio e la commedia Miscuglio, sono andate perdute e sono giunte fino a noi come semplici titoli tramandati da alcune fonti letterarie coeve. Il G. morì a Udine nel mese di gennaio del 1619 e fu sepolto nella tomba di famiglia collocata all’interno del duomo di Udine.
ChiudiBibliografia
Ms ACAU, AOSM, 654 (ex XXXI), f. 126r-171v.
V. GIUSTI, Boscherezza: canzone nella felicissima vittoria christiana contra infideli, di m. Vincentio Giusto da Udine, Venezia, Guerra, 1571; ID., Irene, Venezia, Rampazzetto, 1579 (Ibid., 15802 e Venezia, Bisuccio, 1612); ID., Almeone, Venezia, Somasco, 1588; ID., Fortunio, Venezia, Moretti, 1593 (rist. Venezia, Bonivelli, 1597); ID., Elpina, Udine, Natolini, 1595 (nozze Giovanni Martino Marchesi-Lucina Savorgnan); ID., Hermete, Venezia, Alberti, 1608; ID., Arianna, Udine, Lorio, 1610; ID., Trattato della peste d’Udene dell’anno 1556, a cura di V. JOPPI, «Pagine friulane», 12/7 (3 dicembre 1899), 106-108; 12/8 (11 gennaio 1900), 122-126.
F.D. RAGNI, Vincenzo Giusti drammaturgo udinese del Cinquecento, Udine, AGF, 1936 (estr. dagli «Atti dell’Accademia di Udine», s. VI, 1, 1934-35), 65-200; SOMEDA DE MARCO P., Notariato, 82-84; M. CUCCHIARO, «Bisogna aprir gli occhi et veder gli originali». Il “Memoriale” di Vincenzo Giusti da Udine, t.l., Università degli studi di Udine, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 2003-2004; M. CUCCHIARO, Il “Memoriale” di Vincenzo Giusti, drammaturgo e poeta udinese del Cinquecento, «Lettere italiane», 3 (2006), 456-475.
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