Esponente di una famiglia dell’alta nobiltà sveva, legata agli Hohenstaufen, G. compare per la prima volta come abate di Sesto nel febbraio del 1176. Non si hanno molte notizie sugli anni del suo abbaziato, se si esclude la probabile committenza degli affreschi bizantineggianti della cappella alta dedicata all’arcangelo Michele, di cui rimangono a tutt’oggi alcuni lacerti. Collaboratore del patriarca Ulrico II di Treffen, partecipa alla stesura degli statuti del capitolo cattedrale, emanati nel 1181, al fine di favorire la vita comune dei canonici. L’anno seguente, alla morte del presule aquileiese, è chiamato a succedergli, suggellando in questo modo la fine di un periodo di forti contrasti tra la Chiesa di Aquileia e i monaci di Sesto. La reazione violenta del preposito Gabriele di Caporiacco, desideroso di recuperare le prerogative che gli erano state sottratte dalla riforma del capitolo, mettono però subito alla prova il nuovo patriarca. G., pur credendo nella validità dell’esperienza comunitaria, cede alle pressioni del preposito e della sua potente consorteria familiare, riconoscendone vita natural durante gli antichi diritti e ricompensando i canonici con l’incorporazione della pieve di Rive d’Arcano. La posizione assunta dal presule sembra essere giustificata dalla volontà di non creare un fronte d’opposizione interno, in un momento in cui i confini occidentali del principato ecclesiastico cominciavano a essere minacciati da nuove forze emergenti all’interno della Marca trevigiana. Gli stessi monaci di Sesto, negli anni di governo di G., avevano visto usurpare parte dei loro beni da Ezzelino II da Onara. Nel 1182, il pontefice Lucio III, probabilmente su segnalazione dello stesso patriarca, interviene nella questione prendendo sotto la propria protezione l’abbazia di S. Maria. ... leggi Nel marzo del 1184 il patriarca, ribadendo la sua attenzione verso il monachesimo benedettino, conferma una sentenza del suo arcidiacono, che riconosceva i diritti del monastero di S. Maria di Aquileia sulle decime di Isola d’Istria. Dall’ottobre dello stesso anno G. risulta al seguito dell’imperatore Federico I Barbarossa, prima a Verona, dove forse partecipa alla stesura del decreto Ad abolendam, che prevedeva un’azione congiunta di Papato ed Impero contro gli eretici, e poi a Vicenza e a Treviso. È di questo periodo l’atto con cui il patriarca concede in feudo a Enrico conte del Tirolo la metà della muta di Gemona, al fine di favorire il mercato in quella località. Nel novembre del 1185 G. è di nuovo a Verona, dove consacra la chiesa di S. Maria Antica. Di lì si sposta a Milano per raggiungere l’imperatore: il 27 gennaio del 1186, nella basilica di S. Ambrogio, il patriarca incorona re d’Italia il figlio del Barbarossa, Enrico, sebbene il nuovo pontefice Urbano III vi si fosse opposto fermamente: G. viene quindi sospeso temporaneamente dai divini uffici. Lo scontro tra il presule e il papa è però di breve durata. Già nel marzo del 1186 Urbano III interviene fermamente per porre un freno alle alienazioni forzose dei beni delle cattedre episcopali soggette alla metropoli aquileiese. Allo stesso tempo il pontefice concede a G. la facoltà di scomunicare chiunque imponesse esazioni ingiuste ai sudditi del principato ecclesiastico. Nel marzo dell’anno successivo il papa conferma la dipendenza di Sesto dal patriarcato, contro le rivendicazioni del vescovo di Concordia Gionata. L’attenzione del patriarca verso i confini occidentali dei suoi domini emerge nuovamente nel 1188, quando investe Guecelletto di Prata di tutti i feudi della Chiesa di Aquileia, detenuti dalla sua famiglia, in un’ottica di potenziamento difensivo nei confronti del comune di Treviso, che si faceva ogni giorno più minaccioso. Nel 1189 le truppe trevigiane danneggiano i possedimenti patriarcali a S. Polo e Medate e si appropriano di gran parte dei beni delle chiese di Ceneda e di Belluno e Feltre. Il patriarca, dopo aver consolidato le proprie posizioni intorno a Sacile, risponde, attaccando Mestre e Spinea e muovendo le sue truppe verso Ceneda. Gli scontri continuano a fasi alterne per alcuni anni. Nel frattempo G. è chiamato a risolvere una questione insorta con il suo capitolo per la giurisdizione ecclesiastica sulle pievi, incorporate all’istituzione: la sentenza che ne segue, pur confermando i diritti della cattedra di Aquileia, si rivela contraddittoria: infatti, il patriarca è costretto a riconoscere al preposito Gabriele le rendite derivanti dall’esercizio della giurisdizione. Successivamente il presule raggiunge Enrico VI, in viaggio verso Roma per assumere la corona imperiale. Il 15 aprile del 1191 è nell’Urbe, dove assiste all’incoronazione. Il 5 giugno è a Napoli. Torna ad Aquileia nel novembre dello stesso anno. Il 15 dicembre è a Portogruaro, dove conferma i provvedimenti del vescovo di Concordia Romolo, relativi alla vita comune dei suoi canonici. Il sostegno dato al nuovo imperatore non è gradito al pontefice Celestino III, che in alcune circostanze si scontra con il presule aquileiese, come quando nel 1192 gli impone di confermare il vescovo eletto di Trieste Wosalco, sebbene questi non gli fosse gradito. In soccorso del patriarca interviene, quindi, l’imperatore, che rinnova a G. la concessione in feudo del ducato del Friuli e riconferma gli accordi intervenuti tra i suoi predecessori e i conti di Gorizia in merito ai diritti di avvocazia. Forte del sostegno imperiale, il patriarca riesce a imporre una tregua di breve durata ai Trevigiani. L’ultimo anno di vita di G. è segnato da un lungo periodo di malattia e di vacanza di governo, durante il quale diversi ministeriali si appropriano indebitamente dei beni della cattedra aquileiese. Il patriarca muore l’8 ottobre del 1194.
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PASCHINI, Storia, 279-286; P. CAMMAROSANO, Patriarcato, Impero e Sede Apostolica, 1077-1251, in Il patriarcato di Aquileia, uno stato nell’Europa medievale, a cura di ID., Udine, Casamassima, 1999, 57-59; P. GOLINELLI, L’abbazia di Santa Maria di Sesto al Reghena nel pieno medioevo, in L’abbazia di Santa Maria di Sesto. Fra archeologia e storia, a cura di G.C. MENIS - A. TILATTI, Fiume Veneto, GEAP print, 1999, 143; E. COZZI, L’arte medievale, in L’abbazia di Santa Maria di Sesto. L’arte medievale e moderna, a cura di G.C. MENIS - E. COZZI, Fiume Veneto, GEAP print, 2001, 14-18.
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