Figlio di Antonio e della nobildonna Tomasina di Dornberg, F. apparteneva ad un ramo, stabilitosi a Udine e successivamente nobilitatosi, di quel comune ceppo familiare di origini bergamasche e mercantili che nel corso del secolo XV arrivò in Friuli e fece rilevare la sua presenza in diverse località: a Cividale, ma soprattutto nel Goriziano, dove la forma del nome che risulta però prevalente nel tempo sarà quella di Degrazia. Dopo gli studi in giurisprudenza, nel 1537 venne ascritto al Maggior consiglio della città di Udine in qualità di consigliere nobile ordinario perpetuo, il che consente di formulare l’ipotesi – dato che la nomina avveniva dopo i trent’anni compiuti – che F. G. sia nato all’incirca intorno al 1507. Nel dicembre del 1537 venne nominato ambasciatore della città di Udine, in sostituzione di Francesco Savorgnan e insieme con Gregorio Amaseo, per la risoluzione di una vertenza apertasi con il Senato veneto sulla riscossione del dazio sulla macina del frumento, vertenza che si protrasse per diversi mesi e che vide coinvolto anche un altro illustre giurista udinese, suo coetaneo, Tiberio Deciani. Il G. fu tra i primi giureconsulti a mettere al servizio del governo veneziano competenza professionale e sapere legale, come più tardi avrebbe fatto, con più ampia risonanza, il figlio Erasmo. La sua consulenza venne ricercata in molte occasioni sia dalla città di Udine sia dal governo veneziano che attorno al 1543 gli assegnò la carica di avvocato fiscale, in sostituzione di un altro giurista e nobile friulano, Giacomo Florio. In questa veste, nel 1550, compilò uno scritto, Raggion del fisco […] contra li castellani della Patria, come titola l’annotazione sul manoscritto autografo. ... leggi La scrittura, rivolta ai capi del consiglio dei Dieci, costituiva una difesa delle posizioni promosse dal luogotenente Michiel a limitazione di alcune prerogative dei castellani della Patria; posizioni che avrebbero inaugurato una lunga e via via sempre più determinata politica antifeudale da parte della città capoluogo (che faceva così proprie le ragioni della sovranità dello stato) e che venivano sostenute, sotto il profilo del diritto, da un gruppo di tecnici, espressione della cultura giuridica udinese di quei decenni a cui il G. a pieno titolo apparteneva. In questa direzione vanno letti anche altri consulti del G. che negli anni Cinquanta difendevano i diritti di giudizio del luogotenente relativamente ad alcune controversie giurisdizionali tra sudditi veneti e patriarcali, ma altrettanto, nel corso degli anni Sessanta, le sue proposte circa la possibilità di costituire una sorta di catastico dei beni feudali. Rappresentante di quel nuovo ceto patrizio che veniva consolidando il suo prestigio sociale nelle magistrature cittadine, nel 1555 sostenne, in qualità di ambasciatore davanti alle magistrature veneziane, le ragioni della componente nobiliare del governo udinese in una diatriba insorta con i popolani riguardo alle procedure per l’elezione dei rappresentanti sia nobili sia popolari ai vari uffici cittadini (camerari de’ pegni, censori, contradicenti, ecc.). Nel 1562, sotto la luogotenenza di Agostino Barbarigo, ricevette «per i suoi meriti la settima parte della giurisdittione, beni, e castello di Brazzaco devoluto alla Camera fiscale di Udine per la morte di Antonio Andreotti», precedente detentore della giurisdizione. Possedimenti che andarono a sommarsi a quelli che la famiglia aveva fra Trivignano e Clauiano. Il G. continuò ad alternare cariche pubbliche cittadine a incarichi più prestigiosi per il governo marciano. Così, se nel 1563, sempre per la città di Udine, assunse l’incarico di procuratore del monastero di S. Bernardino insieme con Antonio della Fornace e Giuseppe Manin, e se nel 1565 era sindaco al Monte e nel 1567 censore insieme con Adriano Pavona e Antonio Quadri, è in occasione del congresso veneto imperiale del 1563-64 che F. G. potè distinguersi come giureconsulto competente anche nelle delicate questioni confinarie. Il congresso, che si tenne fra Udine, Gonars, Morsano, Giassico e Gorizia, era stato convocato per trovare soluzione sia ad alcune controversie giurisdizionali di natura più circoscritta sia ad altre vertenze di ben maggiore rilevanza politica che pendevano da tempo tra Venezia e Asburgo (tra le quali i diritti di navigazione nell’Adriatico). La commissione veneta, come si rileva dalla ducale del 17 marzo 1563, prevedeva, oltre ai magistrati e patrizi veneti, anche la presenza di tre consultori: Iacopo Chizzola, Marquardo Susanna e il G. Nella relazione che Sebastiano Venier, commissario ai confini del Friuli stese a conclusione delle trattative, nel novembre del 1564, troviamo parole di grande considerazione per il lavoro dell’«eccellente Gratian». Egli aveva «lassato il suo guadagno in Udene», aveva soggiornato a Venezia per molti mesi nella fase preparatoria dei lavori della Commissione e aveva partecipato poi ai lavori «per tutti li diciotto mesi […], et è andato sopra tutti li loghi a far li desegni a sua spese con incomodità de la persona, et per l’odio che li vien portato perché defende le rason di Vostra Serenità non senza pericolo della vita, andando in paludi, monti, boschi et loghi deserti». Quando morì pochi anni più tardi, nel 1569, venne sepolto a Udine nella chiesa di S. Francesco dei padri conventuali. Secondo le clausole del testamento, steso in quell’anno, legò i suoi eredi al restauro della chiesa di S. Nicolò di Castellerio.
ChiudiBibliografia
ASV, Provveditori sopra la camera dei confini, 131, Patria de Friul in materia de Feudi; ivi, 156, Lettere a Francesco Graziani, Lettera di Francesco Graziani ai Commissari sopra i confini datata Caporetto 6 agosto 1563, Allegazione del Cavaliere Graziani e di Giacomo Messio in favore del Dominio veneto contro gl’Imperiali in materia di confini, 1563-1564; ivi, 165, Provvisione di Francesco Graziano sul mantenimento della Serenissima (s.d.); mss BCU, CA, 236, Descrizione di tutti i consiglieri nobili e popolari sii ordinari come straordinari, perpetui et annuali, ch’entrano nel magnifico Maggior consiglio di Udine, 1563-1779, e consiglieri straordinari ch’entrano nel consiglio per cagione d’uffici, che amministrano insieme con la nota di tutti gli ufficiali de la magica Comunità, 1563-1611; Ibid., del Torso, Genealogia fam. Graziani; Ibid., Joppi, 179, A. e V. Joppi, Famiglie friulane e parlamento, 163-164; Ibid., Manin, 12, Raggion del fisco appuntade alli Signori Capi del Consiglio di Dieci contra li castellani della Patria […], 69-72.
G. AMASEO - L. AMASEO - G.A. AZIO, Diarii udinesi dall’anno 1508 al 1541, Venezia, Visentini, 1884, 421, 423, 425, 427; CAPODAGLI, Udine illustrata, 241; PALLADIO, Historie, II, 164, 174, 180; P. ANTONINI, Del Friuli ed in particolare dei trattati da cui ebbe origine la dualità politica in questa regione, Venezia, Naratovich, 1873, passim, e in particolare la Relazione di Sebastiano Venier pubblicata in Appendice alle pp. ... leggi 536-550 (la cit. a p. 549); P. SARPI, Venezia, il Patriarcato di Aquileia e le «Giurisdizioni nelle terre patriarcali del Friuli» (1420-1620), a cura di C. PIN, Udine, Deputazione di storia patria per il Friuli, 1985, 235-236, 238; G. TREBBI, Il Friuli dal 1420-1797. La storia politica e sociale, Udine, Casamassima, 1998, 144, 160-161, 193-194, 237; A. CONZATO, Dai castelli alle corti. Castellani friulani tra gli Asburgo e Venezia 1545-1620, Verona, Cierre, 2005, 65, 312.
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