Editore che dichiarava sempre nelle sottoscrizioni l’origine friulana («il Furlano», «el Forlano») e alcune volte il preciso luogo di provenienza («da Cividal de Friuli»), fu girovago attraverso un collaudato circuito che comprendeva per lo meno Venezia, Brescia e Bologna. La sua attività fu, per quanto ne sappiamo, esclusivamente editoriale («per», «ad instantia»), di norma in proprio e in un caso in associazione con Ippolito Ferrarese. Solo per alcune delle sue pubblicazioni, che non sempre presentano il nome dello stampatore, è possibile risalire alle officine tipografiche di cui si servì: a Venezia sicuramente Guglielmo da Fontaneto (1543), Agostino Bindoni (1547) e forse Giovanni Padovano (1544-45); a Brescia Damiano Turlini (1546). La produzione nota di L. ammonta a sedici edizioni. Una parte è caratterizzata da opere scolastiche e didattiche probabilmente da lui stesso compilate: rientrano in questo gruppo quattro diverse edizioni molto simili tra loro dell’Opera nova la quale insegna scrivere e legere in vintisette modi di zifere (1543, 1546, 1547 e una quarta senza note tipografiche), un manuale che combina alcuni esempi di alfabeti cifrati con capitoli per lo più ripresi da versioni in volgare dei Disticha Catonis (si veda ad esempio Questo sie lo Cato disponito, Milano, Alessandro Pelizzoni, s.a.); dello stesso genere e derivata dallo stesso tipo di fonti anche l’Operetta nova di auree sententie e utilissimi documenti composta per Gasparo di Greci (1545 circa). Una selezione desunta da alcuni libri d’abbaco è l’Opera di nuovo posta in luce ne la quale potrai da te medesimo imparare di scrivere sette sorte de lettere, e abaco, edita da L. verso il 1547, molte parti della quale sono estrapolate dal Thesauro universale di Girolamo e Giovanni Antonio Tagliente e finalità divulgative aveva pure La declaratione della origine delle più nobile città di tutta la Italia (1545). Un altro gruppo di testi editi da L. riguarda generi letterari in voga negli anni Quaranta del secolo XVI, alcuni, come i precedenti, adatti ad essere venduti sulle piazze e durante le fiere, ad essere letti privatamente e ad alta voce o anche usati come sussidi didattici per insegnare a leggere, scrivere e far di conto: i Centoni del Petrarca del letterato e libraio senese Giulio Bidelli (due edizioni, una del 1544), rime, singoli capitoli e travestimenti dall’Orlando Furioso sempre con l’aggiunta di altro materiale letterario più volte mescolato all’interno di diverse edizioni come nell’Opera nuova nella quale si contiene uno lamento di Bradamante verso ’l suo Ruggiero con alcuni bellissimi sonetti, capitoli e pastorelle amorose e più con alcuni madrigali in dispregio delle donne, nelle Stanze trasmutate dell’Ariosto con una bellissima canzone et altre cose pastorale… (due diverse edizioni nel 1545, una in associazione con Ippolito Ferrarese con l’aggiunta della Copia del concilio generale), nell’Opera nova nella quale se contiene alcune Stanze e più un capitolo di M. Pietro Aretino. Simili alle precedenti ma forse collegate all’attività di qualche accademia potrebbero essere due altre edizioni di L., l’Oartione [sic] d’Aiace contra Ulisse con l’oratione d’Ulisse contra Aiace (1547 circa) e la Copia del Concilio generale fatto il primo giorno di magio dalla dea Venere e dal figliuol Cupido (1544), ambedue contenenti in calce anche alcune rime ariostesche più volte pubblicate dal L. La prima è un estratto da Ovidio tradotto in volgare dal perugino Francesco Beccuti (membro dell’Accademia organizzata dal 1545 da Tiberio Crispo), che nella dedica a Baccio Baglioni parla di un «libro della nostra accademia che non è ancora componimento continuato» e si conclude con un sonetto firmato da L.; la seconda con un richiamo nel titolo «all’academia sesta de spiriti gentili» e velati riferimenti nel testo a Imola («una piciol citade il cui terreno Santerno bagna») e a un «generoso giovene de gentil stirpe bordegalese nato». Ultima edizione di L. sembrano essere le Stanze d’amore alla villanesca piacevoli e ridiculose di Anton Francesco Doni (Bologna, 1550 circa). Quasi tutte le edizioni di L. sono decorate nel frontespizio con fregi tipografici o più spesso xilografici. ... leggi Di un certo interesse quello, dai chiari riferimenti alla recitazione e al canto, scelto da L. per le due edizioni delle Stanze trasmutate dell’Ariosto (1545, una pubblicata in associazione con Ippolito Ferrarese) e per l’Operetta nova de auree sententie, dove spiccano sul fondo nero a punti bianchi (criblé) maschere, figure grottesche e due telamoni osceni che sorreggono strumenti musicali posizionati a candelabra, versione di una cornice in uso a Bologna presso la tipografia di Giovanni Battista Faelli almeno dagli anni Trenta (compare ne La guerra di Firenze di Ippolito Ferrarese impressa nel mese di dicembre 1530, edizione non rinvenuta ma della quale Sander dà una precisa descrizione, o nell’Opera […] contra le pernitiosissime heresie lutherane di Giovanni da Fano, stampata nel 1532). La versione veneziana compare nell’Orbis breviarium di Zaccaria Lilio pubblicato da Pietro Facolo e riferito alla tipografia di Bernardino Benalio che l’avrebbe stampato verso il 1535-40 (Rhodes, 148). In questa edizione la matrice presenta già alcune rotture nel piccolo bordo interno e una vistosa lacuna in quello inferiore esterno, lacerazioni che si ripresentano qualche anno dopo, assieme ad una significativa scalfittura nell’angolo superiore sinistro, nell’Egloga pastorale di Lylia stampata «per Giovanni Padoano» nel 1540. Le medesime, caratteristiche anomalie, accentuate da ulteriori spaccature, compaiono nelle edizioni del 1545 di L. che andranno assegnate in via ipotetica al tipografo Giovanni Padovano. Da segnalare che lo stesso frontespizio in uno stato simile al precedente è impiegato in altre due stampe senza note tipografiche: Il pianto e lamento fatto per Hippolito Ferrarese in Luca un giorno avanti la morte sua (Segarizzi, n. 249) e nell’Opera nuova intitulata Edificio di Ricette (Linet – Hillard – Lavagne, n. 1473).
ChiudiBibliografia
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