LEONI PIETRO

LEONI PIETRO (1452 - 1516)

notaio, insegnante, letterato

Immagine del soggetto

Sottoscrizione di Pietro Leoni (Cinzio da Ceneda) in un documento del 1489 (Treviso, Archivio di Stato, Notarile, I, 300, f. 1r).

Figlio di Giovanni di Donato, nacque a Ceneda probabilmente nel novembre del 1452; la data comunemente accolta si ricava combinando due testimonianze poetiche: dall’epitafio, composto nel 1516 da Marcantonio Amalteo, si desume che il C. «bisque octo vixit Olympiadas», mentre dall’epigramma di Girolamo Amaseo del 1487 si congettura il mese del genetliaco: «Testis erit nostri natalis conscius olim / september, sequitur quique secundus eum». I carmi degli amici offrono altri spunti biografici. Studiò certamente a Roma, sotto la guida di Pomponio Leto, prima della presunta congiura degli accademici contro Paolo II, poiché i suoi amori giovanili sono rammentati da Settimuleio Campano, morto poco dopo la scarcerazione nel 1469, in un epigramma ad Aulo Basso. Allo stesso ambito riconduce la Elegia extemporanea ad Cynthium Cenetensem poetam clarissimum dello stesso Amaseo scritta quando la fama di Cinzio era ben consolidata: era stato iniziato alla poesia nell’Accademia pomponiana, dove aveva assunto (o gli era stato imposto) lo pseudonimo di Cinzio. La cerchia di giovani talenti richiamati a Roma dal fascino del grande maestro fa da cornice all’investitura poetica di C. nella elegia di Marcantonio Sabellico intitolata In primos toros Cynthii Cenetensis et Florae coniugis, laddove si celebra l’unione di C. con la Poesia, alla presenza di Pomponio Leto, Callimaco Esperiente, e di Lidanico e Crispo, due sodali non identificati. ... leggi Mancano dati sugli estremi cronologici del soggiorno romano di C. al servizio di Lorenzo Zane: giunto a Roma forse poco prima del 1468, C. vi si trovava ancora nel 1473, quando incontrò il trevigiano Girolamo Bologni, segretario dell’arcivescovo di Spalato. Nel 1477 C. assunse la cattedra, che avrebbe mantenuto senza intervalli fino a pochi mesi prima di morire, della scuola di grammatica di Spilimbergo: «a maistro Piero Lion rectore de la scuola in Spilimbergo». La documentazione sulle sue condotte, tratta dai registri dell’Archivio parrocchiale di Spilimbergo, è dettagliata sia per quanto riguarda il numero degli studenti sia per il compenso misto in natura e in contanti; comprende persino l’ultima quota erogata, forse un vitalizio («excellente maistro Piero Lion ha annuatim per benemerito professionali»), e la spesa per le pubbliche esequie segnata il 15 agosto 1516 («per la sepultura del quondam supradicto m.o Piero Leon»). Pur abitando stabilmente a Spilimbergo, C. mantenne rapporti con la cittadina d’origine dove svolse una saltuaria attività notarile dal 1489 al 1510, l’anno in cui anche il fratello orafo Taddeo (nell’albero genealogico dello Joppi sono elencati gli altri fratelli: Alberto, Nicolò e il poeta Francesco) si trasferì con la famiglia nella cittadina friulana. Connesso alla sua attività didattica e ai prevalenti interessi lessicali e grammaticali il manipolo di quattro codici cartacei, legati per testamento l’11 aprile 1505 alla chiesa di S. Maria: la Naturalis Historia di Plinio, le Noctes Atticae di Aulo Gellio, excerpta raccolti in un solo manoscritto e desunti dai lessici di Nonio Marcello, di Sesto Pompeo Festo e di Varrone, un Iovinianus vocabulista, il vasto repertorio enciclopedico De priscorum proprietate verborum dell’umanista napoletano Giuniano Maio adottato nelle scuole alla fine del Quattrocento. La personalità di C. e la qualità del suo magistero sono tratteggiate sapientemente nelle lettere inedite del nobile feltrino Vittore Lusa, medico condotto a Spilimbergo tra il 1484 e il 1486. Affascinato dal suo aspetto fisico e dalla statura morale, Lusa rivive con accenti commossi la consuetudine di lunghi colloqui, la stima e l’amicizia alimentate da sintonia di interessi e comune etica professionale. Le riflessioni di Lusa, mutuate quasi alla lettera dall’epistola di Plinio ad Attio Clemente (I 10), ci restituiscono altre peculiarità di C., letterato colto ed elegante, maestro sensibile, preoccupato non solo di istruire i giovani e affinarne la preparazione leggendo i classici (Cicerone, Plinio, Silio, Quintiliano, Virgilio, Lucrezio, Demostene, Ausonio, Palladio), ma di educarli correggendo i loro atteggiamenti con dolcezza e severità. Vittore Lusa ci informa inoltre che egli nel 1484 aveva rifiutato l’offerta di una cattedra a Portogruaro, con la giustificazione che non desiderava allontanarsi da Spilimbergo, ma più probabilmente perché non la reputava abbastanza vantaggiosa; tace però, come del resto tutti gli altri che hanno intrecciato lodi iperboliche di C., sul commento all’Eneide di Virgilio, tràdito dal codex unicus R 13 sup. della Biblioteca Ambrosiana di Milano, vergato nel 1478 da Simone Callimaco, originario di Fonticoli. Tralasciando i dubbi sulla paternità del commento, si attribuisce credito alle due rubriche all’inizio (f. 1r) e alla fine (f. 191v) dell’opera: «Commentarium in Maronem editum a Cynthio Cenetensi, in omni dicendi genere integerrimo, Spilimbergi»; «Finis Commentarii in Maronem, editi per Cynthium Cenetensem, in omni dicendi genere integerrimum, perscripti per me Simonem Fonticulanum, cognomine Callimachum, MCCCCLXXVIII, xvii kal[endas] ianuarias, hora Vnoctis». Si tratta certamente di “recollectae”, che trattengono il dettato delle lezioni pomponiane rielaborato di C. con apporti personali e numerosi prelievi da Varrone, Ditti Cretese e Servio; anche la Vita Virgilii premessa al commento attinge copiosamente a modelli classici e umanistici. Il maestro è compianto in numerosi epitafi inediti, fra i quali spiccano quelli di Francesco Pittiani, Marcantonio Amalteo e del notaio udinese Antonio Belloni. Alla lunga condotta spilimberghese di C. e alla sua produzione storiografica mai pervenuta riconducono le epistole di Iacopo da Porcia, databili al 1510, e il carme steso dal notaio e letterato Bologni nei primi mesi del 1516 per confortare l’amico malato. Dalle quattro lettere del primo si ricava che C. stava completando l’opuscolo De urbe Veneta e che gli aveva già inviato un «elegantissimum et divinum opusculum» sul conflitto del 1508-09 tra le truppe imperiali e Bartolomeo d’Alviano, al servizio della Serenissima. Purtroppo non resta traccia di questi libretti e le uniche testimonianze in prosa del maestro, tre biglietti di carattere pratico e la gratulatoria a Bartolomeo Alviano, sono così modeste da non far rimpiangere la perdita. I primi due recano la data: quello a Vittore Lusa, da poco rientrato a Feltre dopo la condotta nella località friulana, è scritto “volantissimo calamo” nel 1486; il secondo, rivolto ad un Ambrogio, somma guida e precettore di retorica, per ringraziarlo dei saluti che gli aveva portato Ercole Farelli, reduce dal suo teatro letterario, «unde Romanam rettulit eloquentiam», è del 7 maggio 1516; l’ultimo, non datato, è indirizzato al notaio spilimberghese Eugenio Tacito. Nella breve epistola al d’Alviano, databile fra il 1513 e il 1514 dopo la prigionia e il conferimento della nomina di capitano generale dell’esercito veneziano, si accenna alle conquiste antecedenti la cattura sul campo di battaglia, dal 2 marzo al 22 aprile 1508, per conto di Venezia contro Massimiliano. Di ben altro spessore dovevano essere le operette perdute, cui alludono con insistenza gli amici nei numerosi epitafi in memoria; fra gli altri, un poeta non identificato sostiene che C., sacro interprete di Apollo e delle Muse, seppe cantare le grandi imprese di Bartolomeo d’Alviano, Venezia e il suo venerabile senato: «Interpres Phoebique sacer Phoebique sororum, / induperatoris Livii qui fortia facta / urbem qui Venetam cecinit sanctumque senatum».

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Bibliografia

Fonti inedite perspicue: ms ASTv, Notarile, serie I, busta 300, f. 1r (di sua mano); mss ACU, Joppi, 354, Testamenti, contratti, lettere e altri atti riguardanti persone e cose patrie, n. 3, Nuovo documento sulla vita di Cinzio Cenedese poeta e grammatico del secolo XV e n. 5 Albero genealogico della Famiglia di Cinzio Acedese; ivi, 401, Iacopo da Porcia, Lettere inedite riguardanti avvenimenti politici, ni 15, 15bis, 26.

LIRUTI, Notizie delle vite, I, 437-441; L.G. GYRALDUS, De poetis nostrorum temporum, ed. K. WOTKE, Berlin, Weidemannske Buckhandlung, 1894, ora L.G. GIRALDI, Due dialoghi sui poeti dei nostri tempi [Dialogi duo De poetis nostrorum temporum], a cura di C. PANDOLFI, Ferrara, Corbo, 1999, 73; J. BERNARDI, Pietro Leoni da Ceneda […] soprannominato Cinzio Acedese […] Cenni biografici, «La Scuola», I/II, 7-8 (1872), 281-293; V. JOPPI, Nuovo documento sulla vita di Cinzio Cenedese poeta e grammatico del secolo XV, Udine (nozze Lucheschi-Modoni-Boroni), 1885, 11-13 [testamento redatto l’11 aprile 1505]; G. BOTTARI in M. SABELLICO, De latinae linguae reparatione, a cura di G. BOTTARI, Messina, Centro interdipartimentale di studi umanistici, 1999, 160-162 e nota. Sull’attività didattica: DEGANI, Le nostre scuole, 104; L. CASARSA, La scuola di grammatica di Spilimbergo tra Tre e Quattrocento: dai testi devozionali alla lettura dei classici, in Bernardino Partenio e l’Accademia di Spilimbergo 1538-1543. Gli statuti, il palazzo, I, Venezia, Marsilio, 2001, 15-29. Vano il tentativo di affidargli l’incarico a Conegliano, alla morte di Biagio da San Daniele (ms AMVC, 396/19, Libro delle Reformazioni e Parti del M. Consiglio, f. ... leggi 27r, 16 nov. 1480; Ibid., f. 27v, copia della lettera di invito; ivi, f. 28r, del 23 nov. 1480, copia della rinuncia). Sulla sua produzione poetica: L. CASARSA, Testimonianze di (e su) Cinzio Cenedese, «Metodi e ricerche», 20/2 (2001), 129-156; ID., Per la biografia di Cinzio da Ceneda: spunti poetici in Duvnasqai didavskein. Studi in onore di Filippo Cassola, a cura di M. FARAGUNA - V. VEDALDI JASBEZ, Trieste, Editreg, 2006, 81-89. Lodato da Agostino Gerolami, da Giorgio Anselmi (cfr. Delitiae CC Italorum poetarum huius superioris aevi illustrium, collectore Ranutio Ghero (Ian Gruutere), s. l. [sc. Francofurti], in officina Ionae Rosae, 1608, I, 232) e da Iacopo da Porcia (Epistole, II 39 e 48; III 4 e 41). Per il commento dell’Eneide, a stampa, si veda G. M. DOZIO, Cynthii Cenetensis in Virgilii Aeneidem Commentarium, Milano, Ronchetti-Perreri, 1845; i primi tre libri pubblicati da A. MAI, Classicorum auctorum e Vaticanis codicibus editorum collectio, VII, Romae, Typis Vaticanis, 1835, 321-394. Inoltre R. SABBADINI, Le scoperte dei codici latini e greci ne’ secoli XIV e XV. Edizione anastatica con nuove aggiunte e correzioni dell’autore, a cura di E. GARIN, Firenze, Sansoni, 1967, 167-168; M. DYKMANS, La Vita Pomponiana de Vergile, «Humanistica Lovaniensia», 36 (1987), 100-101; A. LUNELLI, Il commento virgiliano di Pomponio Leto. Atti del convegno virgiliano di Brindisi nel bimillenario della morte (Brindisi, 15-18 ottobre 1981), Perugia, Istituto di filologia latina dell’Università di Perugia, 1983, 309-322; ID., Leto, Giulio Pomponio, in Enciclopedia Virgiliana, III, Roma, Istituto dell’Enciclopedia italiana, 1987, 192-195; M. GIOSEFFI, Studi sul commento a Virgilio dello Pseudo-Probo, Firenze, La Nuova Italia, 1991 (Pubblicazioni della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Milano, CXLIII), 219-232; M.A. PINCELLI in MARTINI PHILETICI, In corruptores latinitatis, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 2000 (Edizione Nazionale dei testi umanistici, 4), XXXV e 31-32. Inoltre L. BASSETT - J. DELZ - A.J. DUNSTON, Silius Italicus, in Catalogus translationum et commentariorum: Mediaeval and Renaissance Latin Translations and Commentaries, ed. F.E. CRANZ - P.O. KRISTELLER, III, Washington D. C., The Catholic University of American Press, 1976, 398; A. LUNELLI, Pomponius Sabinus alias Pomponius Laetus: perché Sabinus, in Filologia umanistica. Per Gianvito Resta, a cura di V. FERA - G. FERRAÚ, Padova, Antenore, 1997 (Medioevo e Umanesimo, 95), 1027-1032; L. CASARSA, Un caso di plagio? Il commento all’Eneide di Cinzio Cenedese, in I classici e l’Università umanistica. Atti del convegno internazionale di studi (Pavia, 22-24 novembre 2001), a cura di L. GARGAN - M.P. MUSSINI SACCHI, Messina, Centro interdipartimentale di studi umanistici, 2007. G. GRAZIANI (Descrizione della città di Ceneda, Treviso, Righettini, 1621) sostiene che Cinzio stese una storia della città in esametri, manoscritta in un cod. Vaticano.

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