L., figlio di Bertolino, nacque a Portese, piccolo centro nei pressi di Salò, probabilmente nell’ultimo quarto del secolo XV. Sul finire del Quattrocento alcuni membri della sua famiglia si erano trasferiti a Udine dove, sino dal 1496, Giovanni gestiva una libreria in contrada Cortina (l’odierna via Manin) e aveva alle sue dipendenze un garzone che istruiva «in arte libraria et magisterio deaurandi libros». Secondo un albero genealogico realizzato da Vincenzo Joppi, Giovanni sarebbe lo zio di L., uno dei membri più rappresentativi di questa importante e longeva famiglia di librai, editori, cartai, traduttori e tipografi attiva a Udine e a Venezia tra la fine del secolo XV e gli inizi del XVII. L. fu editore e libraio, ma forse lavorò anche come stampatore: infatti, con la qualifica di «impressorum librorum», è citato in un testamento redatto a Venezia nel 1520 da una certa Agnese di Giovanni Maria di Monferrato. L’attività editoriale si svolse nella città lagunare, dove il suo nome, in una forma un po’ inconsueta, compare per la prima volta nel 1514 nel colophon di due edizioni di Giorgio Valla, la Grammatica e la Rethorica, entrambe stampate da Simone da Lovere «sumptibus vero Laurentii Orii de Portesio». Dopo cinque anni di silenzio, la sua firma si ritrova nuovamente nella sottoscrizione di un’opera di Nycolas de Lyre, Postilla seu expositio literalis et moralis super Epistolas et Evangelia quadragesimalia, stampata da Alessandro Bindoni «sumptibus Laurentii Lorii», e da questo momento la produzione editoriale del L. non subì più interruzioni fino al febbraio 1527 (more veneto, 1528), quando uscì la sua ultima edizione nota, la Paraphrasis in Evangelium secundum Ioannem di Erasmo da Rotterdam, stampata da Giovanni Antonio Nicolini da Sabbio e fratelli a spese «Laurentii Lorii Portusiensis». Fino ad oggi si conoscono cinquanta pubblicazioni realizzate dal L., da cui appare evidente il grande interesse per le opere di Erasmo da Rotterdam: si contano, infatti, ben venticinque titoli dell’umanista olandese. ... leggi Questo dato qualifica senza dubbio il personaggio come il principale editore italiano di testi erasmiani dei primi trent’anni del Cinquecento. Per comprendere l’importanza di questa operazione editoriale, basterà elencare alcuni titoli che si resero facilmente disponibili anche in Italia: l’Enchiridion militis christiani (1523), il Testamentum novum omne, ad graecam veritatem, Latinorumque codicum emendatissimorum fidem iterum diligentissime a D. Erasmo Roterodamo recognitum (1524) e i Colloquia (1525); sono pubblicazioni oggi rarissime e spesso conosciute in esemplari unici. Un altro autore ben rappresentato nel catalogo dell’editore di Portese è Friedrich Nausea (nome latinizzato del tedesco Friderich Grau o Grawe da Waischenfeld): di lui L. pubblicò cinque opere e gli affidò la cura di numerose altre. L’umanista tedesco soggiornò a Padova nei primi anni Venti del Cinquecento, mentre in questa città si andava costituendo un gruppo di personalità influenti conquistate dal pensiero di Erasmo di cui facevano parte il professore di retorica Marino Becichemo, gli umanisti Bernardino Angelico Guarino da Cagli e il friulano Marco Astemio (personaggio in stretti rapporti con L., probabilmente il suo principale consulente editoriale), il sacerdote Lucio Paolo Rosello, il giurista Pier Paolo Vergerio, futuro vescovo di Capodistria, lo studente Girolamo Pollastrello Vitali e il giurista Anton Francesco Dottori. Fu proprio il Nausea a diffondere tra i membri di questo gruppo i libri di Erasmo che si faceva inviare direttamente dalla Germania. In breve tempo il L., in collaborazione con i tipografi Gregorio De Gregori e i fratelli Nicolini da Sabbio, cominciò a pubblicare numerose opere erasmiane consentendo così anche in Italia un’ampia diffusione alle nuove idee religiose. Accanto alle opere di Erasmo e del Nausea si devono ricordare tra la produzione editoriale del L. i Commentariorum Aquileiensium libri octo del giureconsulto udinese Giovanni Candido, stampati a Venezia da Alessandro Bindoni nel 1521. Unico libro in-folio firmato dal L., i Commentari sono un’opera storica ambiziosa con la quale per la prima volta si tentò una sintesi metodica della storia del Friuli dalle origini della città di Aquileia fino al 1517. Nel 1525, inoltre, uscì il Libro de natura de amore di Mario Equicola, nella cui sottoscrizione si legge «stampato in Venetia per Lorenzo Lorio da Portes» senza ulteriore indicazione del tipografo; si tratta della prima edizione di questo lavoro dello scrittore di Alvito, un testo che, inserendosi nel filone delle opere di trattatistica d’amore del primo Cinquecento, ebbe una notevole fortuna editoriale: ristampato più volte nel corso del secolo, fu tradotto anche in francese. Il L., oltre alla collaborazione con i tipografi già ricordati, costituì due società editoriali, la prima con il bresciano Marco Antonio Moretto, insieme al quale divise le spese per la pubblicazione dell’opera di Giovanni Candido; la seconda con il concittadino Battista Puttelletto da Portese, probabilmente parente, forse fratello, del più famoso Antonio, che fu stampatore a Verona dal 1539 e assai vicino alle idee religiose del vescovo Gian Matteo Giberti. Insieme a Battista Puttelletto L. fece uscire tra il 1526 e il 1527 almeno dieci edizioni. Le opere sottoscritte dal L. sono spesso contraddistinte da due diverse marche editoriali: un cerchio con croce doppia e iniziali L. L. P. e una vignetta raffigurante santa Caterina d’Alessandria vicino alla ruota dentata, che tiene la palma del martirio nella mano sinistra e un libro nella destra. Questa seconda marca può essere accompagnata anche dalle iniziali L. P. oppure L. Lo. L’editore di Portese sembra essere rimasto a Venezia almeno fino al 1528; nel maggio di quell’anno, infatti, un certo Domenico barbiere di S. Aponal redasse il suo testamento e L. fu tra i testimoni firmatari. Dal 1533 lo troviamo ricordato come libraio a Udine e qui ancora dieci anni dopo possedeva una libreria, come risulta dagli atti del processo del Sant’Uffizio di Venezia contro il calzolaio Girolamo Venier, dove era stato chiamato a testimoniare un certo «maistro Bartolomeo venditore di libri nella bottega di Lorenzo libraio di Udine». L’editore investiva parte dei suoi guadagni nell’acquisto di campi: da alcuni documenti notarili risulta, infatti, che avesse interessi fondiari a Pradamano, Lovaria e Pavia di Udine. Le ultime notizie su di lui risalgono al 1545: il 24 marzo di quell’anno L. stilò a Udine un codicillo testamentario dal quale risulta che in quel periodo abitava «in contrata Xenedochii Sancte Marie a Misericordia de Utino in domo magistrorum dominorum comitum a Turre» e che aveva sei figli: Iacopo, il maggiore, suo esecutore testamentario, Giulio, Camillo, Caterina, Faustina e Silvia; nello stesso documento si parla anche di un testamento precedente che sarebbe stato steso a Taieto nel 1542. Nulla, invece, si conosce a proposito della moglie: il codicillo non ne fa alcun cenno, probabilmente perché deceduta prima della stesura del documento. Il L. morì nel giugno del 1545 e le redini dell’azienda di famiglia passarono agli eredi.
Nell’aprile del 1545, Iacopo, professore di greco e latino nelle scuole udinesi, costituì insieme al cugino Bertolino, figlio del ricordato Giovanni, una società per la vendita di libri: nell’accordo stabilivano di mettere insieme libri e capitali e prendevano in affitto una bottega da Matteo Clapiz, cancelliere della comunità di Udine; secondo l’accordo la società sarebbe dovuta durare dieci anni, fino al 10 aprile 1555, e la conduzione della bottega sarebbe spettata a Bertolino. Su di lui esistono notizie documentate fino al 1567, riguardanti soprattutto la compravendita di campi tra Pradamano e Lovaria, dopodiché le sue tracce si perdono. Iacopo, oltre a dedicarsi all’insegnamento, pubblicò alcune traduzioni dal greco in latino: tra cui un testo di Eliano, De varia historia (Venezia, Giolito, 1550), che venne dallo stesso tradotto anche in volgare (Bartolomeo Cesano, 1550). Nel 1555, uscì, sempre a Venezia per i tipi di Giovanni Griffio, un testo di interesse strettamente friulano: le Tariffe de la Patria del Friuli, nella cui sottoscrizione si legge «Ad istantia de li heredi di Lorenzo Lorio», molto probabilmente Iacopo e i suoi fratelli. A Udine Iacopo poteva contare su amicizie importanti come il notaio Antonio Belloni e l’umanista Francesco Robortello; forse anche grazie a quest’ultima conoscenza riuscì ad entrare in contatto con il filologo fiorentino Pier Vettori. In una lettera datata 28 febbraio 1550, Iacopo racconta al Vettori di aver trascorso tutta la giovinezza nello studio degli scrittori greci e latini, e, dopo una parentesi durata dieci anni dedicata all’istruzione dei giovani, di esser tornato a dedicarsi agli studi degli autori antichi. Nel maggio di quello stesso anno Iacopo inviò all’erudito fiorentino una nuova lettera accompagnata da una copia della traduzione di Eliano. Morì probabilmente attorno al 1558, dopo quella data, infatti, non si ha più alcuna notizia.
Gli altri due figli maschi di Lorenzo, Giulio e Camillo, si occuparono della libreria di famiglia e continuarono a investire in terreni nella zona di Pradamano. Tra il 1564 e il 1576 i due fratelli vengono ricordati a più riprese tra i priori della fraternita di San Cristoforo di Udine. Nel 1567 subirono un processo con l’accusa di non aver pagato a Lodovico Candido dieci anni di affitto per una «apphoteca» situata «in vico Aquileia interiori in cortina ex opposito ecclesiae maioris» (l’attuale via Vittorio Veneto). Scarse sono le notizie su Camillo, sappiamo solamente che fu il padre di Pietro, tipografo della città di Udine dal 1609 al 1629. Più ricche sono le informazioni su Giulio: dopo essere stato, insieme al cugino Bertolino, uno dei promotori della nuova edizione delle Constitutiones Patriae Foriiulii, uscite a Venezia nel 1565 presso i fratelli Guerra, aveva cercato, qualche anno più tardi, di proporre la propria candidatura come stampatore di Udine. Infatti, quando il 26 marzo 1575 il consiglio della città tornò a discutere sull’opportunità di reintrodurre la stampa, dopo la breve esperienza del fiammingo Gerardo da Lisa – che tra il 1484 e il 1485 aveva fatto uscire a Udine tre titoli – Giulio presentò una supplica per ricoprire questo incarico; in essa si impegnava a stampare continuativamente per dieci anni e a vendere le sue opere oltre che a Udine, anche a Venezia e in altri luoghi. La sua proposta venne respinta per un solo voto. Poco dopo però, il 20 giugno 1576, lo stesso consiglio gli accordava una privativa ventennale per la produzione di carta in città e nel distretto: da alcuni mesi, infatti, Giulio aveva costruito una fabbrica per la produzione di carta posta fuori dalle mura della città tra porta Aquileia e porta Cussignacco che fu attiva fino al XVII secolo. Sembra che nel 1577, il comune gli affidasse anche la stampa di due omelie del patriarca Giovanni Grimani, ma sino ad ora le ricerche di questa o di altre opere firmate da Giulio che dimostrino la presenza di una tipografia a Udine prima del 1592, sono rimaste senza esito. In effetti, negli Annales della città si legge la ferma volontà da parte del comune di far stampare a sue spese le due omelie del patriarca, ma non c’è alcuna menzione al tipografo a cui sarebbe stata affidata l’incombenza. A testimonianza dei diversi interessi di Giulio, si conserva presso la Biblioteca civica di Udine un manoscritto autografo, datato 1550, che tratta delle virtù curative di due fonti termali a Caldiero, nei pressi di Verona, nell’explicit si legge «Ego Iulius filius q. Laurentii Lorii Udenensis bibliopolla scripsi hunc librum in villa Calderii apud balnea dive Iunonis septimo Idus augusti milesimo quingentesimo quinquagesimo, in domo domini presbiteri Francisci de Vassanis de Sallodio nunc presens capellanus coratus». Giulio e la moglie Rosa avevano la casa in borgo San Cristoforo ed ebbero sette figli: Giovanni, probabilmente il primogenito, Lorio, Ottavia, Giulia, Giacomo, Lorenzo e Camillo. Giovanni nel suo testamento datato 1601 scriveva di voler «che questo mortal corpo sia sepolto nella chiesa Magiore d’Udine nel monumento dei suoi antenati», così come avrebbe fatto anche la madre Rosa nel 1604, chiedendo di essere sepolta «nella chiesa Maggiore di questa città nella sepoltura, ove fu sepolto il q. messer Giulio suo marito». Evidentemente quella dei L. era una famiglia importante nella Udine dei secoli XVI-XVII, tanto che i suoi membri possedevano un monumento funebre nel duomo della città.
Tra i figli di Giulio merita senza dubbio un cenno, Lorio L. Questi visse per lo più a Venezia intrattenendo stretti rapporti col mondo dell’editoria. Nel 1585 fece uscire nella città di San Marco tre testi di san Gregorio di Nissa: In Psalmorum inscriptiones atque textus Mystica eminentissimaque explicatio, il De vitae in virtute perfectione, et quis verus christianus sit, ad Olympium tractatus, e il Tractatus ad harmonium, quid sibi velit, atque exposcat nomen Christianorum, à Maximo Margunio episcopo Cythe rensi, e Graeco in Latinum conversi, con la sottoscrizione «Apud Lorium de Lorij» e con una marca tipografica raffigurante santa Caterina d’Alessandria. Di notevole interesse è la dedica al consiglio della città di Udine (ma altri esemplari recano una dedica al Senato di Venezia), premessa alle In Psalmorum inscriptiones, dove Lorio lamentava l’assenza della stampa dalla città friulana, che lo aveva costretto ad abbandonare la patria per apprendere altrove i segreti di quell’arte, ma, proseguiva, non perdeva la speranza di poter aprire prima o poi una tipografia anche nella sua città natale. Per questa dedica il consiglio cittadino decise di ricompensarlo con venticinque ducati, ma il tentativo di proporsi come stampatore a Udine non andò a buon fine. Tre anni più tardi, il 5 settembre 1588 Lorio fece richiesta al Senato di Venezia di un brevetto per una sua invenzione, «un nuovo edifitio da cavar i suoi canali» e il 23 settembre dello stesso anno le autorità veneziane accordarono all’udinese un privilegio trentennale per la realizzazione e lo sfruttamento della sua invenzione. Nel 1592 riapparve nel campo dell’editoria, firmando la dedica a Luigi Bragadin premessa all’opera di Giovanbattista della Porta intitolata La Fantesca, pubblicata a Venezia per i tipi di Giovanni Battista Bonfadino. Alcune notizie sulla sua famiglia si ricavano dal testamento della moglie Laura, datato 11 agosto 1592: nel documento si legge che abitava a Venezia in contrada Santa Sofia, che era figlioccia dello stampatore Piero Dusinelli e che aveva una figlia di nome Angelica. Dopo tale data non sappiamo più nulla di Lorio, ma doveva essere ancora vivo nel 1604, anno in cui la madre Rosa lo nominò nelle sue ultime volontà.
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