Nacque presumibilmente nel 1450 a Tarcento, ma le notizie pervenute su di lui sono alquanto frammentarie. Lo storico Nicolò Monticoli nel suo Spoglio della cronaca universale scrive: «Mastro Bartolo nato nelle contrade della Cargna». Il cognome Lucano corrisponde all’odierno Lugano, ancora ampiamente presente nel territorio friulano. Sappiamo che esercitò la professione di pubblico precettore e dalle carte dell’Archivio di Gemona veniamo a conoscenza che «Lucano Bartolo di Tarcento era rettore delle scuole di questa città dal 1479 al 1480», nel 1481 gli successe Bartolomeo Uranio. Ma prima ancora egli dovrebbe essere stato precettore per qualche tempo ad Udine, dove risulta essere anche testimone in un atto notarile rogato nel 1476. Il 9 maggio del 1494 a Venezia, un tale Giovanni de Dobra testimone ascoltato nel corso di un processo, ricorda che ai tempi della sua infanzia i libri di testo in uso ad Udine nella scuola di grammatica di maestro B. L. erano il salterio e la grammatica di Donato: «Dominus Iohannes filius domini Andree de Dobra legum scolaris et ad presens habitator Padue […] super interrogatione partis adverse interrogatus respondit predicta scire, per ea que super dixit, loco et tempore quibus supra, quod quidem Iohannes inditio ipsius testis adiscebat de salterio et etiam credit incepisse Donatum». Il L. oltre alla sua attività di precettore, fu anche scrittore di due testi singolari. Il primo, Epistola ad Saulum Flavium patricium Venetum, è un opuscoletto in versi elegiaci di dieci carte non numerate in caratteri romani di forma veneta, stampato a Venezia nel 1476 da Gabriel Petri. ... leggi Quest’incunabolo alla fine del Settecento dal bibliofilo Antonio Bartolini fu creduto il primo testo stampato in Friuli; infatti l’elegia del L. nel colophon ha questa indicazione: «Utini XII Kalendas octubris MCCCCLXXVI Gabriel Petri». In verità sappiamo con certezza che nel 1476 Gabriel Petri stampava a Venezia e non poteva essere in Friuli. Presumibilmente Petri stampò nel 1476 a Venezia il testo del L. e la sottoscrizione si riferisce alla data e al luogo di componimento dell’opera. In questo testo il poeta descrive la vita agreste, la scoperta del lino e dei tessuti, delle lane e delle sete; tratta poi del progresso nell’alimentazione dalle ghiande al pane, al vino, alle pietanze, alla pittura ed alla scultura. Dalla vita materiale poi passa a quella spirituale e tratta del peccato originale e delle sue conseguenze. Il secondo scritto non datato intitolato: Bartoli Lucani Utinensis ad Innocentium ponteficem max. VIII oratio, è una composizione in esametri, di sedici carte non numerate in caratteri romani, stampata a Roma da Eucharius Silber. Innocenzo VIII fu papa dal 1484 al 1492 e quest’opera viene datata agli anni 1484-85. Il L. vi espone le capacità concesse all’uomo di progredire sino a raggiungere la felicità celeste con l’agricoltura, i cibi e le medicine. Enumera gli uomini sapienti, come i Magi persiani, i Caldei, gli Indiani, i Druidi Gallici, Orfeo, Atlante, i sette sapienti della Grecia e così via; passa poi alla grammatica ed ai filosofi e poi elenca le progressive invenzioni: le armi, la scrittura, la navigazione, la stampa eccetera. Queste opere del L. in verità avevano lo scopo ben preciso di far conoscere una sua importante scoperta di cui racconta ampiamente in entrambi gli scritti: il L. aveva inventato uno scafandro da palombaro. Egli infatti, due secoli prima dell’inglese Edmond Halley, considerato universalmente l’inventore di un apparecchio da palombaro adottato nel secolo XVIII dalla marina inglese, aveva trovato, come scrive Monticoli, «il modo di poter star sotto aqua ed oprar de liberare una nave o gallea sommersa ed trovar l’annegata robba in una veste integra de corame cum li occhiali di vetro, cum uno spirajo in capo della testa a modo de una tromba». Leonardo da Vinci, suo contemporaneo e grande inventore, ideò una muta che copriva solo la testa e parte del busto, di contro il L. avrebbe realizzato una muta che copriva tutto il corpo e la testa. Con questa orazione il poeta in particolare cercava di perorare la sua causa e chiedeva una ricompensa, che riteneva equa di cento fiorini, al Papa, al re di Napoli, al doge di Venezia, al duca di Milano visto il servigio che aveva portato all’umanità intera con la sua scoperta. La sorte non gli arrise: infatti, come racconta il Monticoli, «fo beffato nel principio della sua prova per la qual sbefacion impazzò, ed a poco tempo poi morì e morto lo preditto andò questa sua invenzion in man d’altri come oggi se vede riuscisse benissimo». Non sappiamo con certezza se questa fu la fine del nostro sfortunato inventore; Giacomo Baldissera nella sua opera Scuole e maestri di Tarcento scrive che il L. si trasferì in seguito in Lombardia e di lui si perse ogni traccia.
ChiudiBibliografia
BSAU, Schedario Biasutti, ad vocem; ms BCU, Bartoliniana, 67, f. 1r-16v, N. Monticoli, Spoglio della cronaca universale dei suoi tempi.
B. LUCANO, Epistola ad Saulum Flavium patricium Venetum, Venezia, Petri, 1476 (= Udine, Stau, 1980); ID., Oratio ad Innocentium VIII, Roma, Silber, 1484-1485.
TIRABOSCHI, Storia, VI, 438; A. BARTOLINI, Saggio epistolare’ sopra la tipografia del Friuli del secolo XV, Udine, Pecile, 1798, 11; I. MORELLI, Operette di Iacopo Morelli bibliotecario di S. Marco ora insieme raccolte con opuscoli di antichi scrittori, II, Venezia, Gamba, 1820, 151; BALDISSERA, Alcune notizie, 9-10; BALDISSERA, Degli uomini, 20; V. BALDISSERA, Scuole e maestri di Tarcento, Udine, Del Bianco, 1905, 8; ID., Cittadini illustri e benemeriti di Tarcento, Gemona, Toso, 1934, 34-35; P. PASCHINI, Un inventore friulano, «MSF», 16 (1954-1955), 220-224; L. SERENI, Gli incunaboli della Biblioteca civica di Udine, «Bollettino della biblioteca e dei musei civici delle biennali d’arte antica», 2 (1963), 41; SCALON, Produzione, 641; L. SERENI, Personaggi storici e personalità, in Tarcint, 371-372, 381.
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