Nato a Gemona del Friuli il 23 febbraio 1808, quarto dei dieci figli di Giuseppe, proprietario terriero, e Lucia Schiavi, rimase orfano a soli sei anni. Compì i primi studi a Udine, ma nel 1829 poté iscriversi all’Accademia di belle arti di Venezia, grazie all’aiuto di Pietro Antivari, il ben noto industriale tessile udinese che nel 1832 si fece costruire il palazzo di città dall’architetto padovano Giuseppe Jappelli, affidandone la decorazione pittorica proprio ad un fratello di Vincenzo, Giulio. Da Venezia – dove ottenne lusinghieri successi – si spostò nel 1832 a Firenze, dove ebbe modo di studiare la scultura toscana del rinascimento, quindi nel 1836 si trasferì a Roma, dove entrò nel largo giro di artisti e uomini di cultura locale e dove nel 1861 sposò Carolina Vannutelli, dalla quale ebbe due figli, Sante e Chiara. Nell’ambiente romano godette di notevole notorietà (nel 1862 venne nominato professore presso l’Accademia di S. Luca); tra le sue amicizie importanti va registrata quella con Giuseppe Verdi, che aveva avuto modo di conoscere nel 1844, durante le prove dei Due Foscari: è interessante la corrispondenza tra lo scultore e il musicista, che all’amico chiese pareri e suggerimenti per alcuni costumi di scena. Fedele dapprima agli schemi canoviani, nelle opere più tarde, influenzato dall’opera di Lorenzo Bartolini, si avvicinò al naturalismo e ad un plasticismo più aderente al verismo. Ottenne ambìti riconoscimenti a Parigi, Firenze e Vienna, ma fu particolarmente apprezzato anche in patria, dove gli vennero commissionate diverse sculture. ... leggi Tra queste, la statua dell’Ajace Oileo, tipica opera legata all’oratoria neoclassica, la cui prima idea risale al 1838: ultimata a Roma nel 1851, il suo arrivo a Udine, per essere collocata nel municipio, costituì un autentico avvenimento per la città e venne salutato con una raccolta di entusiastiche sestine in lingua friulana. Nella colossale opera in marmo, che aveva suscitato anche l’ammirazione di Giuseppe Verdi, e che raffigura l’eroe mitologico aggrappato alla punta di uno scoglio nell’atto di sfidare gli dèi, si perseguono effetti di movimentata articolazione neomanieristica e di verismo, che si sarebbero ritrovati anche nella drammatica, plastica statua con il Rimorso di Caino (gesso, Udine, Museo civico), premiato all’Esposizione di Firenze del 1861, in cui va apprezzato l’atteggiamento pensoso del personaggio, o nel gruppo del Diluvio universale, premiato all’Esposizione universale di Parigi (1867) e in seguito tradotto in litografia da G. Stodart. Il successo di L. presso i contemporanei è testimoniato dalle tante commissioni di lavoro, tra le quali, prestigiosa, quella di alcuni facoltosi italiani residenti a Vienna per un monumento a Pietro Metastasio da erigersi nella Minoritenkirche di quella città, inaugurato nel 1854 alla presenza dell’imperatore Francesco Giuseppe. Ritrattista di vaglia, L. eseguì, nella basilica della Beata Vergine delle Grazie di Udine, la stele funeraria di Feliciano Agricola (1854), su richiesta del nobile Nicolò Agricola, il quale commissionò invece la stele di Camilla Modena a Marco Casagrande, ed affidò poi ad Antonio Marignani il compito di eseguire, per la stessa basilica, la stele in memoria di Gioacchino Ventura e quella in memoria di Alessandro Tartagna. A Udine, vanno assegnati a L. anche il busto di Pio IX nel duomo (1852), quello di Giovanni da Udine (Museo diocesano), di Monsignor Franzolini (1863, basilica delle Grazie) e di Paolo Canciani (1866, atrio della Biblioteca comunale), la tomba di Giuseppe Mocchiutti (1850 ca.) e, in collaborazione con Andrea Flaibani, quella della famiglia Tomadini-Mocchiutti nel cimitero monumentale, oltre ad alcuni gessi nei Civici musei. Tra le opere “friulane” più significative va annoverato il gruppo marmoreo simboleggiante l’Agricoltura e il Commercio (1862), nella villa Giacomelli di Pradamano, in origine al centro del salone su un basamento a forma di fontana ed ora collocato ai piedi della scala che porta al piano superiore. Nelle pareti esterne della villa corre un grande fregio con bassorilievi raffiguranti putti intenti al lavoro dei campi. Come altri scultori dell’Ottocento, L. ha dedicato particolare attenzione al mondo dell’infanzia, trattato con delicata sensibilità, come testimoniano i teneri gruppi marmorei raffiguranti L’uccellino morto (collezione privata) e l’Innocenza (Pavia, Civici musei), ed alla scultura cimiteriale: sue opere nel cimitero monumentale di Campo Verano a Roma e in quello di San Michele in Isola a Venezia. Morì a Roma il 14 novembre 1876.
ChiudiBibliografia
C. GIUSSANI, L’Ajace di Vincenzo Luccardi, «L’alchimista friulano», 3 (3 ottobre 1852), 317; SACCOMANI, Ristauro, 43; PICCO, Scritti vari, passim; G. PAVANELLO, L’Ottocento, in La scultura nel Friuli Venezia Giulia, II. Dal Quattrocento al Novecento, a cura di P. GOI, Pordenone, GEAP, 1988, 275-363; T. RIBEZZI, in Sculture nell’ombra. Catalogo della mostra, Udine, Civici musei, 1994, 21; M. GARDONIO, Vincenzo Luccardi (1808-1876): la vita e le opere, «AFT», 24 (2005), 55-76; ID., I Rimorsi di Caino di Vincenzo Luccardi e le opere dello scultore presso i Musei Civici, «Ud. Boll.», 9 (2005), 59-67; ID., Sulla presenza di Vincenzo Luccardi a Udine, ibid., 11 (2009), 41-47.
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