L’antico cognome ebraico Coen indica l’appartenenza alla casta sacerdotale; questa parte del cognome sarebbe stata in seguito abbandonata dai discendenti della famiglia Luzzatto. Fu giornalista dall’impegno sociale e politico, fervente patriota italiana, scrittrice e poetessa, commediografa, educatrice e autrice di commedie per ragazzi, traduttrice e conferenziera. Nata a Trieste dalla famiglia Sabbadini, di religione ebraica e di origine sefardita (va precisato che il suo nome ebraico, secondo la tradizione in uso all’interno della comunità, era quello di Sara, e che la documentazione e la letteratura riguardanti la sua nascita riportano le diverse date 1837 e 1839, mentre dalla sua lapide, nel cimitero goriziano ebraico di Valdirose a Nova Gorica, attualmente in Slovenia, si deduce che la Luzzatto nacque il 29 novembre 1837), primogenita di Isach Sabbadini e di Stellina Estella Norsa, di origine mantovana (i Norsa si erano trasferiti a Trieste nel 1780), ricevette nell’infanzia e in età giovanile a Trieste, sia in famiglia che ad opera del rabbino capo della comunità ebraica, Marco Tedeschi – suo congiunto, noto orientalista di origine piemontese –, un’educazione all’italianità che fu significativa per molte delle sue posizioni. La famiglia apparteneva alla piccola borghesia, i suoi membri erano sensali in borsa e commercianti, alcuni erano impegnati nella gestione della scuola e della comunità ebraica. Trasferitasi a Gorizia dopo il matrimonio con Salomon Girolamo Luzzatto Coen nel 1856, si trovò a vivere in una famiglia ben integrata, ma che manteneva la tradizione ebraica, un classico esempio dell’ebraismo emancipato dell’epoca; i Coen Luzzatto erano di origine ferrarese, fra i parenti di Carolina e della famiglia vanno citati gli Jona ed i Senigaglia, i Reggio ed i Michelstädter, fra cui il filosofo Carlo Raimondo, nipote acquisito e buon amico di Carolina, che poté contare anche sull’amicizia del grande glottologo Graziadio Isaia Ascoli. Nel capoluogo dell’antica contea abitò in contrada del Seminario, in via Rastello e infine in via Arcivescovado, dimore in cui il suo salotto, o meglio lo spazio della casa, anche modesto, a lei riservato (come il famoso “tinello”, descritto da Carlo Michelstädter) divenne un autentico centro culturale per gli intellettuali, fra i quali diversi parenti e amici, ma anche per celebrità e conferenzieri di passaggio a Gorizia. ... leggi Di precoce talento, colta ed impegnata, L. ebbe una vita movimentata da vicende familiari liete ma anche tragiche, come il suicidio della figlia Ada (la terza dei suoi figli, nata nel 1870) e la morte ad Atene del figlio Graziadio (il primogenito, laureato in giurisprudenza a Padova e avvocato, sposato con Rosaly Scalettari), nonché quella del marito, per una grave malattia, avvenuta nel 1893. Le rimase la figlia Cornelia, secondogenita nata nel 1860 che, insegnante di tedesco e sposata al triestino Riccardo Maionica, fu l’unica fra i figli di Carolina ad avere dei discendenti. L. è ricordata in particolare per la sua attività di giornalista e per i suoi scritti per i fanciulli a carattere pedagogico. A quest’ultimo riguardo, fra le opere per l’infanzia, spiccano diversi volumi di commedie di argomento educativo. Pubblicò nel 1868 a Gorizia per l’editore Giovanni Paternolli le Commedie e poesie per fanciulli, mentre al 1878 risale la pubblicazione di Due nuove commedie per i fanciulli di Carolina C. Luzzatto. Un’idea di Geppino. La nuova Cenerentola, uscita sempre a Gorizia per i tipi di Seitz. Nel 1870 a Milano, editore Alessandro Lampugnani, nella collana “Biblioteca dei fanciulli”, comparvero invece le Commedie morali educative; nel 1873, sempre a Milano, per la casa editrice e libreria Paolo Carrara, la raccolta Gli adolescenti sulle scene. Nuove commedie educative. La maggior parte di queste commedie è ambientata nella media borghesia e ha come protagonisti bambini e ragazzi adolescenti; in esse trovano espressione i temi connessi al ruolo sociale della donna, oltre che quelli della gioventù, con intento edificante, volti ad educare al senso del dovere, alla carità, alla fratellanza, all’onestà e all’amor di patria. In altri casi si tratta di commedie più vivaci, ad intreccio avvincente. La raccolta del 1868 comprendeva anche diverse poesie per “declamazione”, rivolte principalmente alle fanciulle, con tematiche a volte poco convenzionali, ma che nello stesso tempo esaltavano personaggi, in particolare figure femminili, ben caratterizzati secondo la consuetudine e i modelli, ma anche gli stereotipi, della letteratura dell’epoca. Emerge dagli scritti della Luzzatto la sua convinta adesione alle teorie pedagogiche di Pestalozzi e di Froebel e alla loro proposta di un’educazione non repressiva, volta ad assecondare inclinazioni ed aspirazioni, nonché a quelle di Mazzini ed al suo impegno per l’educazione del popolo. Diversi suoi lavori vennero pubblicati nelle «Riviste educative» di Milano. La commedia Una trappola zoruttiana, composta nell’anniversario della nascita di Pietro Zorutti, venne tradotta da Arturo Bosetti in friulano con il titolo Un truchet zoruttian (Udine, 1892). La ricchezza e la varietà dei suoi interessi portarono L. anche a comporre degli studi e a pubblicare degli opuscoli di carattere storico sul teatro goriziano. La sua produzione ed il suo impegno nel campo del teatro erano ben note nella Gorizia del tempo, tanto che fu impegnata nell’Associazione goriziana di musica, drammatica e ginnastica fondata nel 1879; la Società di ginnastica, scherma e canto esisteva sin dal 1867 e dal 1871 le venne affidata la direzione di una sezione filodrammatica da poco costituita, che avrebbe promosso iniziative culturali, didattiche e ricreative di vario genere, che riscossero notevole gradimento e successo. Ulteriore testimonianza di questi interessi risulta essere una composizione poetica pubblicata in Al pubblico goriziano celebrandosi il I° Centenario del Teatro Sociale di Gorizia questi versi di Carolina C. Luzzatto per la lieta circostanza composti, la Direzione del Teatro offre in ricordo (Gorizia, 1881). L. ebbe un’intensa attività di pubblicista e di giornalista e proprio in questo campo ebbe modo di esprimere il suo patriottismo italiano, tanto da diventare una delle figure di maggiore spicco del movimento liberal-nazionale di Gorizia e del Friuli austriaco in generale. Apprese la tecnica giornalistica collaborando, su invito di Francesco Hermet, al giornale triestino «Il Progresso», diretto da Giuseppe Caprin, che poi ne divenne proprietario; ella era amica di entrambi. Collaborò con qualche breve corrispondenza a «L’indipendente», stampato dal 1879 sempre presso Caprin. Fu attiva corrispondente di giornali di area giuliana quali «Il Piccolo» e «La Giovane Trieste», de «La Patria del Friuli» e «Pagine friulane», grazie alla mediazione di Domenico Del Bianco, inoltre di alcune testate che ebbero minore durata, come «L’Isonzo», dal 1878 al 1880, giornale che venne chiuso per ordine delle autorità austriache, mentre dal 1880 al 1883 fu impegnata in altre iniziative di divulgazione che finirono allo stesso modo; in alcuni casi i giornali erano stati da lei stessa fondati. Diresse infatti nel 1880 «L’Imparziale», che trattava principalmente temi di carattere politico e sociale, un settimanale da lei fondato e stampato ancora una volta con l’appoggio della Tipografia Paternolli, come «Il Raccoglitore» – del quale uscirono, nel 1880, quattordici numeri prima della chiusura –, rivista indirizzata alle tematiche pedagogiche, formative e sociali. La sua attività giornalistica proseguì allora con la collaborazione al «Corriere di Gorizia» nella rubrica Spigolature politiche e poi con la direzione dello stesso giornale, fondato nel 1883, considerato punto di riferimento dei liberali isontini – viene sottolineato da più parti come fosse stata la prima donna in Italia a dirigere un giornale –, ma anche questo venne chiuso e poi riaperto nel 1901, sempre per i tipi di Paternolli, dopo una breve esperienza del «Friuli orientale», con il nome di «Corriere friulano»; la sua direzione venne tenuta sempre da L., sino allo scoppio della prima guerra mondiale. Fu tra le collaboratrici della rivista «La Donna», pubblicata a Venezia, uno dei periodici che all’epoca promuovevano l’emancipazione femminile e nel quale ella pubblicò la traduzione di alcuni racconti. Tradusse diverse opere dal tedesco e a volte anche dal francese in italiano, fra le quali una ballata del goriziano Carlo Coronini (Die Perle [La perla]) nel 1896 per le edizioni Emilio Treves di Milano e, per la stessa casa editrice, altre opere nella collana “Biblioteca amena” e nella raccolta “Procelle”. Come giornalista L. usò spesso degli pseudonimi, dopo aver iniziato la pubblicazione di letteratura per l’infanzia, quali quello di “Arcolani”, in particolare per il «Corriere» – è stata avanzata l’ipotesi che esso garantisse meglio l’anonimato, in quanto poteva valere sia per un uomo che per una donna, ma risulta essere un anagramma del nome Carolina – e di “Giusto Lando di Valdarsa”, soprattutto nel sottoscrivere articoli su giornali e riviste di argomento politico e sociale. Oltre alle idee nazionaliste-irredentistiche trovarono espressione negli articoli di L. molte istanze sociali e culturali, fra cui un appello in favore della creazione di un’Università a Trieste. Da segnalare, fra gli apporti giornalistici, una dettagliata biografia di Ascoli sul «Corriere di Gorizia» (n. 141, 25 novembre 1886) in occasione del giubileo per il professorato, nel venticinquesimo anno di docenza del glottologo, un profilo ricco di riferimenti a fonti e documenti, di carattere anche storico, dal titolo Cenni biografici sull’illustre filologo goriziano G. I. Ascoli, mentre in morte del grande linguista, nel 1907, pubblicò a Gorizia per i tipi di Paternolli, in collaborazione con il Comitato goriziano per le onoranze, in un volume miscellaneo, un opuscolo scritto in precedenza dal titolo Graziadio Isaia Ascoli (1860-’62). Un altro scritto di carattere storico può essere considerato l’opuscolo La famiglia Paternolli nella stampa e nel giornalismo dal 1837 al 1886, composto per le nozze di Cecilia ed Antonio Paternolli nel 1886 e stampato a Gorizia per le edizioni Seitz nel cinquantenario della fondazione dello stabilimento tipografico, comprendente la storia della famiglia, che divenne per L. occasione per un excursus sulla storia dell’editoria goriziana. Altre sue pubblicazioni per nozze furono Nel dì auspicalissimo in cui Emma C. Luzzatto ed Alberto Michlstädter si giurano fede di sposi, e Per le ben auspicate nozze Pincherle-Luzzatto, ambedue stampate a Gorizia per i tipi di Seitz rispettivamente nel 1875 e nel 1881. Va ricordata pure l’amicizia di L. e i contatti con alcuni intellettuali particolarmente rappresentativi della cultura friulana, quali il già ricordato Domenico Del Bianco, Pacifico Valussi, patriota e giornalista, lo scrittore Giuseppe Marcotti – con il quale tenne un carteggio di durata ventennale al volger del secolo e sino al primo conflitto mondiale – e Sebastiano Scaramuzza, filosofo e poeta dialettale gradese. Agli inizi del conflitto mondiale, nel novembre 1915, alla vigilia del sessantanovesimo compleanno, la scrittrice fu arrestata per l’impegno nella causa irredentista e l’attività di divulgazione, e internata a Göllendorf, sede di un penitenziario in Niederösterreich; dal campo di prigionia poté continuare in qualche modo a seguire gli eventi della patria in guerra e a ricevere notizie da Gorizia, ma poi per motivi di salute venne trasferita e confinata ad Oberhollabrunn; fece ritorno solo a guerra conclusa e poté assistere a Trieste, dove era ospite dei cugini Sabbadini, allo sbarco dei bersaglieri d’Italia sul molo S. Carlo (poi molo Audace). Ebbe infine la soddisfazione di vivere il suo ultimo periodo in patria italiana in una Gorizia redenta, ove morì il 24 gennaio 1919, in casa della figlia Cornelia.
ChiudiBibliografia
La trattazione più completa ed esaustiva sul personaggio è l’ampia biografia dedicatale da M. BOZZINI LA STELLA, Carolina Coen Luzzatto, Monfalcone, EdL, 1995, Presentazione di G. Voghera, Prefazione di P.C. Ioly Zorattini. Si veda anche: DBF, 465; G. LE LIÈVRE, Casa nostra (storia antica e cronaca moderna), Udine, Del Bianco, 1900, 244-245; U. PELLIS, Prefazione, in Teatro educativo. Prose e poesie varie edite ed inedite di Carolina C. Luzzatto, Trieste, C. U. Trani, 1925; D. DEL BIANCO, Memoriale di Gurizze, «Ce fastu?», 4/1 (1928), 10; M. DE GRASSI, Il giornalismo satirico goriziano dell’Ottocento, «Studi Goriziani», 41 (1975), 45-58: 55; S. MONTI OREL, I giornali triestini dal 1863 al 1902, Trieste, Lint, 1976, 180, 280, 290, 370, 575, 591; M. DE GRASSI, La stampa ebraica e di autori ebrei a Gorizia nell’Ottocento, in Gli ebrei a Gorizia e a Trieste tra “ancien régime” ed emancipazione, a cura di P. C. IOLY ZORATTINI, Udine, Del Bianco, 1984, 133-144: 137-138, 141-142; O. ALTIERI, La Comunità ebraica di Gorizia. Caratteristiche demografiche, economiche e sociali (1778-1900), Udine, Del Bianco, 1985, 186-187, 229; F. SALIMBENI, Gli ebrei nel Litorale Austriaco-Venezia Giulia tra interdizione ed emancipazione, in M. MORPURGO, Valdirose. Memorie della comunità ebraica di Gorizia, Udine, Del Bianco, 1986, 5-74: 51; R. CURCI - G. ZIANI, La zia impazzita. Carolina Luzzatto (1837-1919), in Bianco rosa e verde. Scrittrici a Trieste fra ’800 e ’900, Trieste, Lint, 1993, 53-85; A. GALLAROTTI, Donne per Gorizia, Monfalcone, EdL, 1993, 43-45; M.R. DE VITIS PIEMONTI, Gorizia Felix nel 1800, le istituzioni, i Borghi, le Tradizioni, Gorizia, Pro loco Gorizia, 2002, 108-111.
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