M. rappresenta nel panorama della storia della cultura friulana la personalità più completa di ricercatore degli aspetti della cultura locale e di tale riconoscimento dà testimonianza la presentazione a quattro voci della sua figura, quale si legge in apertura alla seconda edizione aggiornata di una delle sue opere maggiori, Il Friuli. Uomini e tempi (1974): “storico” (relatore Gian Carlo Menis), “linguista” (Giovan Battista Pellegrini), “letterato” (Gianfranco D’Aronco), “studioso d’arte” (Licio Damiani), così che riesce difficile stabilire quale di questi ambiti egli prediligesse o in quale abbia raggiunto l’eccellenza, considerato che per tutti mostrò speciale interesse e in tutti raggiunse traguardi di straordinario livello qualitativo e quantitativo. Nato a Gemona il 23 luglio 1902 da Antonio, muratore ed emigrante, e da Anna Morandini, primo di dodici fratelli, entrò nel Seminario diocesano di Cividale nel 1913 per passare nel 1922, assolto il servizio militare di leva a Fiume, in quello di Udine. Dopo l’ordinazione sacerdotale avvenuta nel 1925, conciliando la missione pastorale nella chiesa di Corsico alla periferia di Milano con la frequenza dei corsi superiori al Seminario di teologia della locale diocesi milanese (con sede a Venegono Inferiore), dove si laureò nel 1929, poté contemporaneamente seguire gli insegnamenti della Facoltà di lettere e filosofia dell’Università Cattolica, qui appassionandosi specialmente agli studi filologici sotto la stimolante guida di Luigi Sorrento, che gli suggerì lo studio dei testi friulani dei codici gemonesi del Trecento, in seguito argomento della sua laboriosa tesi di laurea, discussa nel 1935. Ma già prima M. ne aveva fatto oggetto di una serie di articoli ritenuti fondamentali per la storia antica della lingua friulana (perché fra i primi ad affrontare le relative tematiche con taglio scientifico), apparsi nella rivista della Società filologica friulana «Ce fastu?» (Studi sulle origini del friulano), con la quale aveva cominciato a collaborare nel 1932 con importanti contributi di carattere filologico e storico, dedicati principalmente alla grafia dei primi testi e alla lingua delle antiche liriche d’amore friulane (Virgili, 1966, 1970-1972). Il sodalizio fra lo studioso e la Società filologica friulana continuerà nei decenni fino al riconoscimento attribuitogli «per la sua preziosa disinteressata opera scientifica» con la consegna di una medaglia d’oro nel 1965 in occasione dell’annuale congresso della Società a Gemona (Virgili, 1970-1972). Per la Filologica M. pubblicò una ottantina di originali scritti di varia dimensione (Virgili, 1966): fra le opere di linguistica, oltre agli studi appena citati, si ricordano soprattutto i fondamentali Lineamenti di grammatica friulana, rivolti principalmente agli studenti dei corsi di cultura friulana organizzati dalla Filologica; per la stessa diresse inoltre, a partire dal 1961 e fino alla sua scomparsa, il periodico «Sot la nape». Nel 1929, alla conclusione dei regolari corsi teologici, fu chiamato ad assolvere ai compiti di insegnante di letteratura italiana nel liceo del Seminario diocesano, da cui però uscì tre anni dopo per divergenza di opinioni con l’ambiente e con i superiori, la cui diversità di vedute male si conciliava con la mentalità aperta di M., ostile ad accomodamenti conformistici. ... leggi Successivamente la sua opera di educatore e di insegnante, giudicato anche in seguito “fascinoso” da chi lo ebbe per maestro («Le lezioni di questo singolare sacerdote erano varie, precise, interessanti; il suo spaziare per tempi e per argomenti, l’acutezza e la competenza di chi ha tradotto l’erudizione in fatto di cultura personalissimo, catturava anche l’uditorio più sordo», scriveva Novella Cantarutti in Cultura in Friuli, 1988), continuò in scuole private e pubbliche di Udine, per interrompersi nel gennaio del 1936, quando all’improvviso decise di partire verso l’Africa per partecipare alla campagna d’Etiopia quale cappellano militare: «Alle angustie con le quali una operosa maldicenza e una tenebrosa politica veniva stringendolo, preferì il deserto e gli orizzonti delle Ambe Etiopiche», come ricorda Virgili (1970-1972) – che di M. fu allievo e maggiore biografo – citando il commento di un amico espresso in uno dei tanti articoli commemorativi pubblicati in sedi varie dopo la scomparsa di M. Rientrato in Friuli nel giugno 1937, egli riprese la carriera di insegnante a Tolmezzo, in seguito definitivamente a Udine, dopo aver vinto il concorso per la cattedra di lettere latine e storia presso l’Istituto magistrale Caterina Percoto. Ma nel 1944 il Ministero dell’educazione nazionale lo sospese dall’insegnamento per le sue non celate idee di libertà e di moralità civile, delle quali rendeva partecipi gli allievi, idee non gradite al regime politico di allora, che lo costrinse al confino politico di Bobbio, in provincia di Piacenza. I venti anni che seguirono alla seconda guerra mondiale rappresentarono il periodo più fertile e intenso della sua eccezionale attività di operatore culturale, unita ad un alto impegno sociale, soprattutto quale promotore e diffusore delle idee di identità e autonomia friulana, manifestate in una lunga serie di scritti e articoli, in gran parte in lingua friulana, oltretutto di grande valenza letteraria, pubblicati in varie sedi, specialmente sul periodico «La Patrie dal Friûl», fondato nel 1946, del quale M. divenne presto la penna più autorevole e apprezzata: la collaborazione col periodico cessò nel 1953 sotto le pressioni delle autorità ecclesiastiche, che consideravano estremista la posizione politica del giornale. Gli interventi in cui M. espresse, con un’accattivante prosa in esemplare lingua friulana, le sue convinzioni di autonomista, sostenute con affascinanti e convincenti dimostrazioni e ragionamenti, saranno in seguito più volte riproposte nei volumi Letaris ai Furlans (1966), Cuintristorie dal Friûl (1974), La Patrie (1976), Marchet e la Patrie (2001), i primi due editi da “Risultive”, il movimento letterario fondato nel 1949 con gli auspici di M., in cui si raccolsero i giovani scrittori, animati dallo spirito di rinnovamento della poesia friulana, sollecitato e sostenuto dal loro maestro. La produzione letteraria in friulano di M., in versi e in prosa, distribuita lungo l’arco della intera vita, sparsa in periodici, riviste, almanacchi, opuscoli, bollettini, miscellanee locali, è tanto ricca, quanto varia; in più casi all’inizio apparve in forma di rubrica o a puntate, quali gli attesi appuntamenti settimanali su «La Vita Cattolica» con le esemplari Predicjs dal muini (che uscivano sotto lo pseudonimo di Vigi Scuete), in seguito parzialmente unite in volume (1965). M. «non fu un grande poeta: ma prosatore, sì, e forte, di una sicurezza che proveniva dalle sue profonde conoscenze del friulano» mentre la produzione in versi, pur ricca di fermenti originali, va complessivamente collocata «in una fase appena postzoruttiana» (Virgili, 1970-1972). In tutti gli scritti in madrelingua egli propose e profeticamente promosse con battagliera convinzione la coinè del friulano, nonostante lo scetticismo, spesso dovuto ad equivoci o a incomprensioni, provenienti da alcuni ambienti e persone, anche da parte di Pier Paolo Pasolini, come risulta da corrispondenza privata con quest’ultimo (Frau, 1996). Pasolini aveva invece già pubblicamente criticato in forma ironica «La Patrie dal Friûl» («la cui anima è don Giuseppe Marchetti») al suo primo apparire, suscitando l’immediata polemica con i sostenitori del periodico (Virgili, 1970-1972). Tuttavia, nonostante tali fasi di incomprensione, le due personalità fondamentalmente godettero di comprovata reciproca stima. M. inoltre codificò un nuovo sistema di grafia unificata, peraltro molto semplice, condizione indispensabile, basilare insieme con la coinè scritta, per la codificazione della lingua nella prospettiva del riconoscimento ufficiale, come in effetti sarebbe avvenuto a distanza di decenni, alla fine degli anni Novanta del secolo XX, con la promulgazione di leggi regionali e statali. Gran parte delle tematiche contenute in quelle che sarebbero diventate veri e propri monumenti, cioè le più importanti opere di M., conobbero una iniziale trattazione fatta quasi in sordina, a livello sperimentale, come se la grandezza dell’argomento affrontato intimidisse l’autore, mentre nella sua mente in realtà già si configurava un progetto dalle dimensioni talvolta davvero enciclopediche: esse trovarono da principio ospitalità a puntate in pubblicazioni periodiche, anche modeste, di diffusione limitata, come il bollettino parrocchiale di Gemona «Voce amica», sul quale a cominciare dal primo numero (giugno 1933) pubblicò una lunga serie di Note di storia ecclesiastica gemonese (Virgili, 1970-1972), oppure i più noti e diffusi bollettini della Camera di commercio su cui, fra le altre cose, nel 1952 cominciarono a uscire le biografie di friulani illustri, che nel 1959 saranno raccolte in una delle sue monografie più note e apprezzate, di consultazione ancora attualissima, il già citato volume Il Friuli. Uomini e tempi, comprendente una compendiosa illustrazione critica di vita ed opere di centonove insigni personaggi e brevi note su altri settecentosettantatre (fu riedito ed aggiornato nel 1974). Il Friuli si può considerare specchio delle vastissime conoscenze di M. in tutti gli ambiti della cultura friulana e dei suoi protagonisti, dai letterati agli artisti, dai giuristi agli economisti e agli industriali, dagli scienziati alle personalità religiose, politiche e militari; e nel contempo egli se ne servì quale stimolante palestra sperimentale per l’acquisizione di nuove conoscenze e dati che, sommati a quelli già raccolti con una serie di precedenti ricerche continue ed infaticabili, gli avrebbero consentito di produrre nella maturità esemplari, esaustive ulteriori sintesi su alcuni specifici argomenti a lui più cari. Ciò avvenne nell’ambito storiografico più propriamente detto con la pubblicazione della monografia Gemona e il suo mandamento (1958), riconoscente omaggio alla città di nascita, ma soprattutto modello per ricerche consimili, in quanto frutto di una «rigorosa fedeltà al documento, ritenuto, quasi istintivamente, come fondamento insostituibile di ogni sana storiografia», principio che avrebbe costituito «l’ossatura costante di tutti gli altri suoi scritti, dedicati all’arte o alla linguistica friulane» (Menis, in Il Friuli, 1974). Nella sua visione generale, tesa a rivendicare l’individualità della civiltà friulana, specie nei suoi supposti fondamenti etnici e culturali, M. finisce talvolta per dissentire dalla storiografia tradizionale, mostrando pregiudizi impulsivi e anticonformisti, soprattutto riguardo al periodo della dominazione veneziana e agli eventi dell’età risorgimentale in Friuli (opinioni sulle quali insiste specialmente nella Cuintristorie). L’ambito di ricerca nel quale M. rivelò tutta la sua genialità fu però quello dell’arte, alla quale rivolse studi pazienti e minuziosi, setacciando il Friuli con visite di paziente scavo, con indagini sostenute e confortate dalla compulsazione critica delle fonti e sorretti da una moderna impostazione metodologica. Questi studi comprendono le più grandi figure di artisti, ma anche la scoperta e la valorizzazione di operatori sconosciuti, talora solo artigiani, così che all’interesse per i monumenti più importanti si unisce l’attenzione per i manufatti più modesti, come le chiesette di campagna. Le tematiche artistiche a lui più congegnali, inizialmente presentate analiticamente in una serie di saggi sparsi e di varia dimensione, vennero raccolte in volumi, che ancora oggi costituiscono l’ossatura di una parte della storia dell’arte friulana, anche se, impedito dalla prematura scomparsa, egli non riuscì, come aveva progettato, a pervenire ad una illustrazione generale. Va qui in primo luogo annoverata la monografia La scultura lignea nel Friuli (1956) firmata insieme con Guido Nicoletti, concordemente riconosciuta dalla critica quale «il suo volume fondamentale» (Damiani, in Il Friuli, 1974), inoltre La scultura medievale in Friuli (1958), Domenico da Tolmezzo (1962) e da ultimo, perché pubblicato postumo, Le chiesette votive del Friuli (1971), in precedenza edito a puntate su «Sot la nape» con l’accompagnamento degli esemplari disegni dello stesso M., netti e precisi nei dettagli (M. si dilettò nella pittura e specialmente nella grafica, di cui ci sono rimaste alcune apprezzabili testimonianze). E proprio alla visita ad una chiesetta a Valle di Soffumbergo, dove l’accompagnò il fratello il primo maggio 1966 (Virgili, 1970-1972), fu riservata quella che per lui, ormai da lungo tempo colpito da una grave malattia, divenne l’ultima escursione. Morì una settimana dopo, l’8 maggio 1966. Con lui scomparve uno dei maggiori protagonisti della cultura friulana del XX secolo, certamente il più eclettico, ed eclettico per sua scelta, per il desiderio di non trascurare nulla della sua terra così amata, tanto da rinunciare alla carriera accademica all’estero, a suo tempo offertagli dal rettore dell’Università Cattolica di Milano, padre Agostino Gemelli (Virgili, 1970-1972). Della stima di cui godette e gode sono testimoni gli ambiti riconoscimenti attribuitigli in vita (ebbe il premio Epifania, fece parte delle più prestigiose istituzioni culturali del territorio, quali l’Accademia udinese di scienze lettere e arti e la Deputazione di storia patria per il Friuli), subito dopo la sua dipartita (con una ricca serie di scritti commemorativi, pubblicati in varie sedi ed in particolare sulle principali riviste culturali: Scritti a cura di Virgili, 1966; Virgili, 1970-1972), negli anni successivi l’intitolazione in numerosi centri urbani dell’intero Friuli di vie, scuole o consimili pubblici edifici, e infine le ripetute manifestazioni e pubblicazioni celebrative, legate a periodiche scadenze, quali per il ventennale (Cultura in Friuli, 1988), il trentennale (Il Timp e l’Om, 1996), i quaranta anni dalla morte (L’autonomia culturale di Giuseppe Marchetti, 2005; Josef Marchèt, 2007) o per il secolo dalla nascita (Josef Marchèt. 1902 2002, 2001; Marchet e la Patrie, 2001), a sancire l’imperituro, riconoscente ricordo dei friulani per il grande Maestro.
ChiudiBibliografia
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Scritti, a cura di D. VIRGILI, Udine, SFF, 1966 (estratto da «Sot la nape», 18/4 (1966), 5-71); ID., Giuseppe Marchetti. ... leggi Un uomo una cultura, «AAU», s. VII, 10 (1970-1972), 25-87; Cultura in Friuli. Atti del convegno internazionale di studi in omaggio a Giuseppe Marchetti (1902-1966), a cura di G.C. MENIS, 1-2, Udine, SFF, 1988; G. FRAU, L’eredità di Giuseppe Marchetti a trent’anni dalla scomparsa, «Ce fastu?», 72 (1996), 249-258: 255-256; Il Timp e l’Om, Udin, SFF, 1996; Josef Marchèt. 1902 2002, «Gnovis pagjinis furlanis», 19 (2001), 5-90; Marchet e la Patrie (1950-1951), par cure di R. MELCHIOR, Glemone, Clape di culture Patrie dal Friûl, 2001; L’autonomia culturale di Giuseppe Marchetti: La «Patrie dal Friûl» di pre Bepo, s.l., Istitût Ladin Furlan Pre Checo Placerean, 2005; Josef Marchet: un furlan difarent/Giuseppe Marchetti: un friulano diverso. Atti del convegno (Gemona del Friuli, 1° aprile 2006), s.l. [ma Gemona del Friuli], Istituto tecnico commerciale e per geometri Giuseppe Marchetti, 2007.
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