M. di G. fu un notaio gemonese attivo nell’ultimo ventennio del XIII secolo, figlio di Gerardo da Gemona, detto Galucio, e della sua prima moglie Ermengarda (Almingarda). Nel 1244 il padre aveva preso in affitto da Ulrico di Gemona una casa con corte, in località Torre, presso il castello di Gemona. Nel febbraio del 1272 M., figlio di G., prometteva di non opporsi alla vendita di una casa con corte e frutteto fatta dal padre che nel frattempo aveva sposato Domenica (Minisia), forse appartenente al casato dei signori di Gemona, da cui aveva avuto un’altra figlia, Mariotta. Il 25 luglio 1273 Galucio dava in dote dodici marche aquileiesi alla figlia Palmussa, moglie di Giacomo di Raniero Misetta: all’atto, scritto dal notaio Giacomo Nibisio, erano presenti i tre fratelli della sposa: oltre a M., anche il chierico Giacomo, in seguito divenuto prete, e Pietro. Nel febbraio 1279 Galucio dettava testamento allo stesso notaio Nibisio in cui, fra le altre cose, chiedeva ai tre figli di approntargli una sepoltura confacente, altrimenti non avrebbero potuto disporre di una braida che lasciava loro a questo scopo in eredità, e istitituiva M., procuratore della dote della loro defunta madre. Il primo atto noto di M., da lui sottoscritto quale ‘imperialis aule notarius’, è datato 1282 ottobre 9, nella chiesa dell’Ospedale dei Colli di Gemona. Il protocollo dei suoi atti – scritti per la maggior parte a Gemona – copre, con lunghi intervalli, un arco di tempo che va dall’agosto 1285 al maggio del 1303. Fregiato del titolo di magister il notaio M. compariva, l’8 gennaio 1296, davanti al capitano di Gemona, Guglielmo (un altro dei numerosi parenti del patriarca Raimondo della Torre giunti in Friuli al suo seguito per occupare incarichi di potere), al notaio Bartolomeo da Gemona scrivente e a un gruppo di notai locali (Rubino, Giovannibono, Pietro di Mainardo e Rainerotto di Bertaldo), presentando il suo quaderno di imbreviature per dimostrare di aver apportato egli stesso un’aggiunta al testamento del mercante Nello Coppi da Firenze. ... leggi L’assemblea si era riunita – caso non molto frequente – per esprimere una vera e propria perizia di autenticità della scrittura del notaio, la cui nota fu poi riconosciuta autentica e trascritta in pubblica forma da Bartolomeo, facente funzioni di notaio del comune. Il titolo di maestro competeva a M. in quanto il notaio ricoprì a Gemona il ruolo di scolasticus: con questa qualifica è menzionato il 22 aprile 1297 in una controversia in cui veniva scelto in qualità di arbitro assieme ad altri due illustri personaggi – Giacomo da Milano e Pace d’Aquileia, noto anche come Pace dal Friuli – che svolsero a Gemona questa stessa funzione. Benché il titolo, mutuato dalla tradizione ecclesiastica, designasse forse più l’insegnamento, che non la direzione, in scuole che a Gemona costituirono quasi certamente un’istituzione laica e comunale, il nome di M. non compariva finora nel gruppo di scolastici duecenteschi di Gemona, del quale, oltre agli altri due notai appena menzionati, fanno parte anche maestro Bonaventura, maestro Pellegrino (congiunto del notaio Biachino Cirioli) e Domenico da Venzone. La data topica del documento, «ante ianuam Sancti Michaelis», potrebbe rivelarsi un indizio per l’ubicazione, ancora ignota, delle scuole di Gemona: l’Ospedale di San Michele, antistante al duomo di Gemona, si trovava comunque nel borgo di Portis, allora sede del palazzo del Comune (attuale piazzetta Portuzza). In quello stesso borgo M. abitò una casa presa in affitto da prete Domenico. Il notaio ebbe non meno di cinque figli: Gerardo, Giacomo, Enrico, Nicolò ed Edvige. Giacomo (come l’omonimo zio) ed Enrico furono entrambi preti. Per pagare la dote di Edvige, andata sposa a un Gioacchino da Gemona, M. vendeva nell’aprile del 1302 una braida su cui gravava un censo dell’abbazia di Moggio. Proprio Edvige il 29 marzo 1311 nominava suoi commissari testamentari i suoi fratelli Gerardo e Nicolò, ma il padre era ancora vivo, se il 17 luglio 1311, gli venne richiesto di comparire a Udine dinanzi al tribunale del patriarca a testimoniare di una transazione di cui aveva redatto il rogito. Un sicuro termine ante quem per la data di morte di M. G. è il 21 dicembre 1320, allorché il suo primogenito, Gerardo del fu Marino notaio di Gemona, stipulava un accordo economico con il notaio gemonese Ermanno fu Giovannibono.
ChiudiBibliografia
ACG, Pergamene, b. 1647, n° 8; b. 1649, ni 6, 12-13; ASU, NA, b. 2220, fascicolo 7; ASU, NA, b. 2224, fascicolo 13, 134r; fascicolo 14, 48r-v, 111r. C. SCALON, Chiesa e laicato nella formazione scolastica e culturale in Friuli, in Gemona nella Patria del Friuli: una società cittadina nel Trecento, a cura di P. Cammarosano, Atti del Convegno di studi (Gemona del Friuli, 5-6 dicembre 2008), Trieste 2009, 135-153: 136-142; G. BRUNETTIN, Per una storia del ceto dirigente patriarchino: il caso di Gemona (secc. XIII-XV), ivi, pp. 317-368: 327 (indicato come «Gallucci Martino»); BLANCATO, I notai del Patriarcato, 65, 82-84, 368-370, 506.
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