Nacque il 30 marzo 1703 a Gagliano di Cividale da una famiglia della piccola nobiltà cividalese, originaria probabilmente di Pordenone. Ordinato sacerdote, il 31 agosto 1731 fu nominato canonico del capitolo dell’insigne collegiata, per il quale rivestì numerosi incarichi testimoniati dalle “Definitiones” capitolari: “praefectus ad missas”, “fabricarius in planis”, “visitator ad doctrinam christianam”, “ratiocinator de senioribus”, “archidiaconus in planis”, “ratiocinator de junioribus”, “criminalista”, “ad civilia”, “ad gastaldionem”, “ad concionatorem”, “ad thesaurariam”, “ad congregationem”, “archidiaconus in montibus”, vale a dire a Tolmino. Del periodo in cui ricoprì quest’ultimo ufficio “a parte Imperii” (formalmente almeno dal 1754 al 1759, ma in realtà per una decina d’anni, dal 1753 al 1763) rimangono molte testimonianze documentarie, soprattutto epistolari, che rivelano una sua solerte collaborazione con l’arcivescovo di Gorizia, Carlo Michele d’Attems, nonostante gli accesi dissidi giurisdizionali. Attraverso le relazioni del M. il presule poteva raggiungere una conoscenza puntuale dei problemi vissuti dalle piccole comunità dell’arcidiaconato e condividere le vive preoccupazioni e la profonda dedizione pastorale del canonico. Forte di un diretto impegno nella predicazione e nella catechesi, il M. pubblicò a Venezia le Institutiones doctrinae et legis christianae (manuale latino per la catechesi rivolto ai sacerdoti, poi tradotto in tedesco e apprezzato anche dall’Attems, il quale ne auspicò una versione in sloveno) e due edizioni del Ristret des primariis instruzions (catechismo seguito dalle versioni di alcune preghiere e di brevi brani biblici, proposto dall’arcivescovo Gian Girolamo Gradenigo come modello per l’intera diocesi). Gli è attribuito anche un opuscolo di Orazions da praticassi denant e dopo la confession e cumunion, e in timp de S. Messae. ... leggi S’azonzin tre sequenzis del messal tradottis fedelmentri in chist lengaz. Agli anni Settanta risale anche l’opera più importante, rimasta manoscritta, che costituisce il primo esempio consistente di versione in friulano di testi biblici: Il libri dei cent e cinquante Salms de Sacre Scritture spiegat in viars furlans, cull’azzonte traduzion, parimentri in viars, di alcuns altris cantics de sante Scritture e di alcuns innos, antifonis e orazions, che nel decors d’ogn’an e chiante la nestre sante Mari Glesie. In questo lavoro non è soltanto la struttura metrica a vincolare le scelte stilistiche di M. In una versione che ai nostri occhi appare piuttosto libera, l’illustrazione di taluni concetti, l’inserimento di invocazioni e l’amplificazione di svariati passi obbediscono verosimilmente al desiderio di rendere più comprensibile il testo, potenziare il coinvolgimento emotivo, guidare l’interpretazione indicando chiavi di lettura morale. Destinatari dichiarati sono infatti il «benigno, devot lettor» e il «dilet e rispettabil popul furlan», senza discriminanti, cosicché «zovins e viei, doz e idioz», attraverso la mediazione di «pastors e curators des animis» possano conoscere e contribuire a diffondere il libro dei salmi; le potenzialità della lingua prescelta sono messe a frutto per fini tanto pastorali quanto artistici, conformemente alla dignità del testo sacro. L’opzione implica un registro elevato ma comprensibile, immune da localismi vistosi seppure non sbiadito: «Signor, chiatait la strade di salvàmi, | che trop al è dat jù lu uestri sant, | parzè che i fis d’Adam van trop sminuind | lis veretaz plui santis e impuartanz» [Signore, trovate la strada per salvarmi, ché è molto venuto meno il vostro santo, perché i figli d’Adamo molto vanno sminuendo le verità più sante e importanti]; «Salvum me fac, Domine, quoniam defecit sanctus: quoniam diminutae sunt veritates a filiis hominum» Ps 11, 2). L’autore stesso, infine, manifesta il desiderio che i salmi vengano letti, meditati e cantati «ben franchs ed allegris in chiase e di fur». È manoscritto un altro libretto di traduzioni (Ventitre orazioni devote), nel quale il disegno è analogo: la versione friulana affianca, ma in subordine, il latino, al fine di facilitare la comprensione e consolidare la devozione del fedele. È significativo che l’opera di traduzione del M., rivolta verso tutte le componenti della pratica religiosa del tempo, coincida con l’azione pastorale dell’arcivescovo Gradenigo, pastore particolarmente attento alla predicazione e alla catechesi nelle lingue locali, e preoccupato a causa della molteplicità dei modi di insegnamento della dottrina cristiana; nel ventennio della sua azione pastorale si pubblicano nella diocesi di Udine ben otto dei sedici catechismi friulani conosciuti, mentre nelle visite pastorali viene verificata e saggiata la capacità dei presbiteri di predicare “in vernacolo”. Il M. morì il 25 maggio 1782 e fu sepolto nella collegiata, presso l’altare di S. Giuseppe.
ChiudiBibliografia
I mss friulani del M. sono conservati nella BCU, Principale, 354 (incompleto) e Joppi, 435; e nella Biblioteca del MANC, 11879, ex 225, G.M. Maroni, Versione dei salmi in friulano, 28 fascicoli.
G.M. MARONI, Institutiones doctrinae et legis christianae, Venezia, Gerardi, 1760; ID., Ristret des primariis instruzions, Udine, Del Pedro, 1772 (= Udine, Gallis, 17792).
DBF, 496; R. FABRIS, Presenza e diffusione della Bibbia in Friuli dal sec. XI all’età moderna, «Varietas indivisa. Teologia della Chiesa locale», 2 (1987), 72-73; PELLEGRINI, Tra lingua e letteratura, 222-223; L. ANZILUTTI, Giuseppe Maria Maroni (1703-1782) e i suoi salmi friulani, t.l. Università degli studi di Trieste, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1995-1996; G. ZANELLO, Le traduzioni friulane del salmo 6, «Metodi e ricerche», n. s., 21/2 (2002), 88-90.
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