Nacque a Tissano (Udine) il 22 luglio 1884 da una famiglia di possidenti di origine nobiliare. Ancora ragazzo si trasferì con la madre e i fratelli a Roma, dove completò gli studi ginnasiali. Scoprì la vocazione grafica nell’incontro con l’incisore inglese Edward Millington Synge, artista poliedrico che aveva elaborato un linguaggio elegante e composito, di pura invenzione. Nel 1905, a Venezia, frequentò la Scuola libera del nudo dell’Accademia, dividendo lo studio, di fronte alla chiesa di S. Sebastiano, con Amedeo Modigliani, alla tormentata ricerca del quale rimase però del tutto estraneo. La sua natura lo portava a rispettare la tradizione, seppur con un incantato distacco. Una testimonianza di quell’amicizia, rinsaldata a Parigi, è offerta dai due reciproci ritratti a pastello d’aura secessionista, più monacense che viennese, conservati alla Galleria d’arte moderna di Udine. Il ritratto di M. steso da Modigliani costituisce una delle rare testimonianze giovanili del maestro livornese; è frontale e allungato diagonalmente, come saranno i ritratti della stagione matura. Anche il profilo dell’amico livornese, tracciato con estro tagliente da M., costituisce un gioiello pressoché isolato nella produzione del friulano, tutta dedita all’incisione. Nel 1906 ospitò nel nuovo studio veneziano, a San Trovaso, il maestro Synge. Nel 1909 partecipò alla Mostra di Ca’ Pesaro, dove espose anche negli anni 1919, 1925, 1930, 1937 e 1943. Dal 1910 al 1912 alternò i soggiorni a Venezia con viaggi a Roma, Parigi, in Spagna e a Londra, il cui ambiente gli fu particolarmente congeniale. Nel 1913 si stabilì definitivamente a Venezia e l’anno successivo fu presente alla Mostra dei rifiutati dalla Biennale, allestita all’Hotel Excelsior del Lido. Entrato in contatto con i circoli irredentisti, allo scoppio della prima guerra mondiale si offrì volontario come guida nel Friuli Orientale. ... leggi Nominato ufficiale nel battaglione territoriale veneziano fu trasferito, dietro sua richiesta, sul Carso e partecipò all’azione per la conquista della Trincea delle Frasche. Nel 1919 tornò a Venezia, nella “casetta gialla” a San Trovaso, dove installò una grande pressa calcografica con cui stampava le incisioni. Si dedicava alla descrizione di scorci campestri, lagune, città famose, castelli medioevali, monumenti solenni, romantiche rovine, con stile compassato, con segno limpido e fermo e come con una nostalgia di lirica evasione. I suoi fogli hanno un impianto scenografico aperto su profondità prospettiche. La luce gioca e si riflette nell’immagine, portando nella sua intensità una gamma di sottili variazioni. Le ombre sono ottenute con intrecci preziosi di finissimi tratteggi. In questi soggetti M. cercava di recuperare i frammenti di un mondo che per lui, erede di una famiglia gentilizia, era crollato nel 1914. Numerosi furono i suoi viaggi. Nel 1922 soggiornò nuovamente nella capitale, poi a Capri e in Sardegna, visitò la Tunisia e l’Algeria spingendosi nel deserto del Sahara, ritornò a Roma, partecipò alla Biennale di Venezia dove avrebbe esposto continuativamente, salvo due edizioni, fino alla morte. Nel 1923, a Istanbul, fu ricevuto dal sultano; nel 1925 tenne una personale a New York. A Venezia M. frequentava la grande società; a palazzo Fortuny conobbe Cecilia de Fortuny y Madrazo, figlia del pittore spagnolo Mariano Fortuny, raffinato interprete della belle époque, autore di dipinti raffinati, incisore, scenografo e geniale antesignano degli stilisti di moda, magnificato da Proust nella Recherche. Sposò Cecilia nel 1926. Nel 1936 fu premiato con medaglia d’oro all’Esposizione internazionale dell’incisione di Los Angeles. L’anno seguente ottenne due medaglie d’oro all’Esposizione universale di Parigi. Nel 1939, dopo la mostra nella sezione del “Bianco e Nero” alla Biennale, abbandonò completamente l’attività d’incisore e si dedicò a studi storico-artistici e al collezionismo di stampe antiche e moderne; pubblicò studi sulla storia del vedutismo veneziano, su Carlevarijs, Marieschi e sulle incisioni tratte da Tiziano e dal Pordenone. Nel 1940 fu delegato ordinatore alla Mostra d’incisione nel padiglione statunitense della XXII Biennale e nel 1942 entrò a far parte della commissione per la XXIII. La XXIV edizione della rassegna internazionale veneziana, nel 1948, anno della sua scomparsa, gli dedicò come omaggio postumo una sala personale. Definito dalla critica l’ultimo vedutista veneziano (Isabella Reale), M. dedicò i suoi studi e la sua opera creativa alla rinascita della tradizione settecentesca, divenendo fautore dell’incisione come esercizio di una tecnica antica e promuovendo esposizioni dedicate al bianco e nero. Durante i numerosi soggiorni in Europa e nel Nord Africa allacciò un’ampia rete di contatti che si riflette nella ricca collezione internazionale di grafica, donata nel 1958 dai familiari ai Civici musei di Udine.
ChiudiBibliografia
DBF, 510-511; E. CORSINI, Fabio Mauroner, «La Panarie», 5/29-30 (1928), 301-311; F. MAURONER, Acquaforte, Premessa di E. Zorzi, Udine, AGF, 1955 (estratto da «AAU», s. VI, 12 (1951-1954); DAMIANI, Arte del Novecento I, 53; Fabio Mauroner incisore. Catalogo della mostra (Udine), a cura di I. REALE, Presentazione di G. Perocco, Pordenone, GEAP, 1984; Venezia ’900. Da Boccioni a Vedova. Catalogo della mostra, a cura di N. STRINGA, Venezia, Marsilio, 2006, 363-364.
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