MEGLIORANZA DI CHIARELLO DA THIENE

MEGLIORANZA DI CHIARELLO DA THIENE

ecclesiastico, notaio

Immagine del soggetto

Segno di tabellionato e sottoscrizione del notaio Meglioranza da Thiene.

Il primo documento noto, che ricordi M. è del 1302: si tratta di un’ordinazione chiericale alla quale egli era testimone a Padova. Qui egli era già al servizio, come notaio, del vescovo Ottobono. Nel medesimo anno Ottobono divenne patriarca d’Aquileia e M. lo seguì in Friuli, rimanendovi poi sino alla morte. A Udine attorno alla metà del Trecento abitavano pure due suoi nipoti, Riguccio e Francesco canonico di Udine. Della sua attività di cancelliere patriarcale restano alcuni registri, conservati presso la Biblioteca comunale “V. Joppi” di Udine, i quali coprono un arco cronologico che arriva sino all’inizio degli anni Trenta. Di particolare interesse appare il primo dei suoi protocolli che riguarda soprattutto il patriarcato di Ottobono (1302-1315) e specialmente le funzioni di metropolita della provincia aquileiese, che vengono testimoniate da centinaia di documenti riguardanti le diciassette sedi suffraganee. Smesse le vesti di cancelliere, M. continuò a essere un collaboratore di primo piano per i patriarchi, da Pagano della Torre (1319-1332) a Bertrando di Saint-Geniès (1334-1350), fino a Nicolò di Lussemburgo (1351-1358). Anch’egli apparteneva a quel gruppo di “officiales” (ora si direbbe di burocrati) nella stragrande maggioranza composto da forestieri, che contornava gli ordinari aquileiesi e che nel primo Trecento assunse una consistenza e una consapevolezza tali da costituire uno dei perni della stabilità e della continuità istituzionale della Chiesa aquileiese, nella sua complessa costituzione di Chiesa vescovile, metropolitana e di principato secolare. ... leggi M. proveniva da una famiglia del Vicentino, da Thiene, ma è evidente che la sua carriera iniziò a Padova, dove probabilmente studiò e dove forse fu anche ordinato chierico. Come altri componenti della curia e notai, infatti, egli apparteneva allo “status” ecclesiastico, il che gli consentì di accedere a una serie di benefici e di dignità che costituivano la contropartita dei servigi resi ai vescovi, contribuendo a conferirgli autorevolezza e distinzione sociale come pure una notevole agiatezza economica. Fin dal suo arrivo in Friuli egli ottenne e talvolta cumulò una serie di benefici curati, come le pievi di Socchieve, Variano, Lavariano, Flambro, San Daniele del Friuli, Buie in Istria. Gli fu concesso anche uno stallo nel capitolo di Udine, che deteneva già attorno al 1320 e conservò sino alla morte, fungendo pure da sacrista. La relativa larghezza di queste dotazioni si spiega, appunto, con il favore degli ordinari aquileiesi, che impiegarono spesso M. al di là della sua professionalità notarile, in compiti di esazione di imposte ecclesiastiche, ad esempio. Nel 1329 e nel 1330 egli fu scelto per raccogliere il denaro dovuto al legato pontificio per le sue procurazioni. Nel 1334, insieme con Gabriele da Cremona, fu incaricato di suddividere tra gli enti ecclesiastici della diocesi di Aquileia l’onere delle collette che dovevano essere pagate al nuovo patriarca, Bertrando. Nel 1344 e nel 1350 toccò ancora a M. esigere le decime papali. Di notevole interesse la missione affidatagli da Pagano della Torre nell’estate del 1331, quando, accompagnato da Maffeo Cassine di Udine, dal notaio Guecello e da almeno un paio di servitori, compì due lunghi itinerari nel basso e medio Friuli e in Istria (Isola d’Istria, Pirano e Parenzo) per registrare le testimonianze relative ai miracoli compiuti per intercessione del beato Odorico da Pordenone, dei frati Minori, che era morto il 14 gennaio di quell’anno ed era stato sepolto nella chiesa di S. Francesco di Udine, fra la devozione dei fedeli e il manifestarsi abbondante di prodigi e miracoli. La scelta di M. per una missione delicata, che si configurava sul modello di una procedura canonica per la conferma del culto, sta a significare una sua affidabilità morale e, insieme, professionale e culturale, che il patriarca certamente gli riconosceva. Effettivamente durante la visita al capitolo di Udine, avvenuta nel 1346 per opera del vescovo di Concordia Guido Guizzi, su mandato di Bertrando di Saint-Geniès, non emergono a carico di M. addebiti di alcun genere, mentre altri suoi confratelli sono incolpati di concubinato e di altre negligenze e perciò puniti. M. fu il primo ad essere interrogato e notò le carenze nel canto e soprattutto la mancanza di libri adeguati per l’ufficio liturgico nella collegiata di S. Maria di Udine. Si mostrò pure preoccupato di salvaguardare i beni e l’onorabilità della chiesa: tutti segnali di una personalità attenta ai propri doveri e al decoro delle istituzioni di cui faceva parte. La dimestichezza che M. aveva acquisito con la santità e i miracoli nel 1331 ebbe degli sviluppi vent’anni più tardi. Fra il 1352 e il 1353 egli partecipò più volte quale testimone alle procedure di raccolta dei miracoli attribuiti all’intercessione del beato Bertrando, ucciso il 6 giugno 1350, e l’undici agosto del 1352 raccontò di essere stato egli stesso oggetto di due guarigioni miracolose, rispettivamente da un dolore al ventre e da una lesione all’inguine che lo tormentavano da più di sei anni. La guarigione sarebbe avvenuta grazie al contatto della parte dolorante con il frammento di una veste del patriarca defunto, che veniva impiegato come reliquia. In cambio M. celebrò venti messe in onore di Bertrando. Egli presumibilmente era ancora in vita nel marzo 1354, quando in un documento viene nominato come zio di Francesco, egli pure canonico udinese, ma dovette morire da lì a poco.

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Bibliografia

Ms BCU, Principale, 1474, I-II-III (in parte edito in BIANCHI, Documenti al 1325; BIANCHI, Documenti al 1332); ACU, Codici, 35, f. 38v, 66r, 79r.

De beato Bertrando patriarcha Aquileiensi… in Acta sanctorum, Iunii, I, Antverpiae, 1695, 776-802: 790, 792, 799, 800; LEICHT, Parlamento, LVIII, 50, 51; RDI, 50; BIASUTTI, Cancellieri, 38; P. POSENATO, Dottori e studenti del primo Trecento a Padova. Dai rogiti del notaio Cremonese Gabriele fu Enrigino, «Quaderni per la storia dell’Università di Padova», 3 (1970), 31-89: 31 n. 6; ZENAROLA PASTORE, Atti, 77-87, 98, 102, 103, 112, 139; MORO, Carte, 122, 124, 179, 183, 193; MORO, Visitatio, 44, 85, 91, 105, 118, 126; A. TILATTI, Odorico da Pordenone. Vita e “miracula”, Padova, Centro studi antoniani, 2004, 42, 46, 62, 80-82.

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