MELS (DI) GIOVANNI (PAOLO)

MELS (DI) GIOVANNI (PAOLO) (1490 - 1559)

barnabita, giurista

Immagine del soggetto

Ritratto di Giovanni di Mels nel diritto della medaglia coniata da Giovanni da Cavino, secondo quarto del XVI secolo (Udine, Civici musei).

Nacque a Udine verso gli ultimi anni del secolo XV o i primi del secolo XVI da Pietro dei Mels detti del Cavallo, famiglia originaria del paese di Mels, trasferitasi a Udine e iscritta nel 1518 nel Libro d’oro della nobiltà cittadina. È nipote di un altro Giovanni, giureconsulto del secolo XV di cui tratta il Liruti nel tomo I delle Notizie delle vite […], ricordando che a lui fu chiesto un parere sul testamento di Guarnerio d’Artegna e attribuendogli uno scambio epistolare (ma successivamente lo stesso Liruti corresse tale affermazione) con Cornelio Frangipane. Al Giovanni Mels del sec. XV sono da ricondurre due consulti, conservati presso la Biblioteca Marciana, il primo relativo a una complessa lite su questioni successorie e recupero crediti sulla stessa eredità in presenza di fedecommesso, oggetto di un processo del 1465 redatto dal notaio Nicolò Pittiani di San Daniele; il secondo consulto relativo a una lite per rissa. In una lettera inedita del 1764 dell’Archivio Florio rivolta a mittente ignoto, il Liruti asserisce di avere introdotto nella sua opera tra i “letterati” Giovanni di Mels dietro suggerimento di padre Costanzo Madrisio, ma di avere confuso nonno e nipote, per cui promette una nota riveduta e corretta nelle successive aggiunte all’opera, compilando una nuova biografia pubblicata nel quarto tomo. Il M. nipote del giureconsulto del sec. XV si laureò in utroque iure all’Università di Padova nell’aprile 1526, presenti tra i testimoni un gruppo di friulani composto da Francesco Graziani, Giulio d’Arcano, Giovanni di Nimis, Nicolò Florio, Giovanni Corbelli. ... leggi Anche il M. tra 1525 e 1526 figura quale testimone a discussioni di laurea insieme con gli stessi e con altri udinesi che frequentavano in quegli anni le lezioni di materie giuridiche dello Studio, come Giacomo Bertola, Ludovico Colombatti, Giovanni Corbelli, Ottavio Florio, Giovanni Battista Sbroiavacca. I suoi rapporti con il mondo della classicità padovana sono indirettamente testimoniati da una medaglia, databile al secondo quarto del secolo XVI, che ritrae IOHANNES MELSIUS IUR(IS) C(ONSULTUS) di profilo con vesti romane, coniata da Giovanni da Cavino, la cui bottega di Padova era frequentata dagli amanti del collezionismo antiquario, tra cui Marco Mantova e Tiberio Deciani. Romanello Manin in un manoscritto (forse perduto, di cui si conserva l’estratto relativo al M. nell’Archivio Florio), conservato nel Settecento a Udine presso gli Ottelio, Elogi de’ prelati del Friuli, riferisce che il M. sposò Agnese figlia di Giovanni Offero, capitano di Duino e che dopo la morte della moglie fu nominato vicario pretorio di Udine. Il M. esercitò l’attività forense, incorrendo anche in una multa di 100 lire, peraltro pagata prima che fosse pubblicata la sentenza, per avere schiaffeggiato, come attesta una raspa di sentenze criminali alla data del 27 settembre 1533, Evangelista da Spilimbergo che aveva danneggiato con un atto di parte i signori d’Arcano, di cui egli era avvocato. Divenuto successivamente vicario del podestà di Vicenza, il M. nel 1543 abbandonò la carriera pubblica per entrare nella congregazione dei barnabiti con il nome di Paolo. Nel 1547 stipulò un accordo, rogato dal notaio Antonio Belloni, con il cognato e le sorelle per l’eredità del fratello Rodolfo, riservandosi tra l’altro una porzione di casa in Udine e «li miei libri, quali ho in certe casse in detta casa in salvo et altri mobili miei». Nell’ordine barnabitico il M. raggiunse i gradi più alti, fino alla nomina nel 1558 di preposito generale. In una lettera non datata, pubblicata nel 1558 in una raccolta di «diversi nobilissimi huomini», Cornelio Frangipane di Castello dichiara l’antica amicizia che lo lega a «M. Pavolo», lo loda come «huomo di eccellente ingegno» e «di virtù singulare» che ha saputo scegliere con fermezza la sua strada. Il M., fisicamente debole per avere affrontato una vita di sacrifici attraverso una severa applicazione della morale evangelica, morì nel 1559 a Genova, dove era stato mandato per fondare un nuovo collegio. Fu sepolto nella chiesa dell’Annunciata vecchia. Il Liruti ricorda una sua opera letteraria giovanile, il poemetto in cinquantatre esametri Daphis, raccolto in un manoscritto in suo possesso segnato n. 58, ora conservato nel fondo principale manoscritti della Biblioteca comunale di Udine.

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Bibliografia

Gli estratti dal registro delle raspe criminali (1533) e dal ms di R. Manin, la copia dell’accordo (1547), la lettera di G.G. Liruti a ignoto (1764) e appunti vari in ASU, Florio, 68, Paolo Melso; mss BCU, Principale, 287, Daphnis Ioannis Melsii iurisc(onsulti), f. 30r-31r; ivi, 877.11, Indice dei manoscritti posseduti da Gian Giuseppe Liruti; G. Mels senior, Consilia duo de rebus foroiuliensibus, BNMV, Lat., XIV 48 (= 4237), c. 541r-543r; 544r.

Lettere volgari di diversi nobilissimi huomini et eccellentissimi ingegni, II, Venezia, Giglio, 1558, 47-48.

LIRUTI, Notizie delle vite, I, 352; IV, 429-431; Acta graduum academicorum Gymnasii Patavini ab anno 1501 ad annum 1525, a cura di E. MARTELLOZZO FORIN, Padova, Antenore, 1969, 409-410, 444; Acta graduum academicorum ab anno 1526 ad annum 1537, a cura di E. MARTELLOZZO FORIN, Padova, Antenore, 1970, 20-21; P. VOLTOLINA, La storia di Venezia attraverso le medaglie, I, Venezia, Voltolina, 1998, 463.

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