Nacque a Zegliacco, presso Treppo Grande (Udine), il 25 settembre 1892, da Gerardo ed Emilia Ponta, in una famiglia numerosa e di modeste condizioni. Nel 1910 si trasferì a Ursinins Grande di Buia, nella casa dove sarebbe vissuto, per quasi tutta la sua esistenza, fino alla morte avvenuta il 18 marzo 1979. Nel 1902 la scomparsa del nonno paterno aveva segnato l’inizio della sua esperienza di emigrante temporaneo: ogni estate, fra i dieci e i vent’anni d’età, si recò in Baviera (e in Croazia nella stagione del 1906) per lavorare come fornaciaio insieme con altri emigranti. Chiamato alle armi nel 1912, partecipò come alpino a tutta la prima guerra mondiale, anche al fronte; nel 1917 vinse un concorso letterario fra i soldati e iniziò a scrivere sul giornale di guerra. Fatto prigioniero dopo la disfatta di Caporetto, venne condotto in Austria e in Polonia; alla fine del conflitto fece ritorno in Friuli e iniziò un’attività commerciale. Nel corso della seconda guerra mondiale venne richiamato alle armi, ma in seguito partecipò alla Resistenza con incarichi di rilievo nel Comitato di liberazione nazionale (CLN); nel dopoguerra avrebbe continuato l’azione politica in qualità di segretario della Democrazia cristiana. Formatosi prevalentemente come autodidatta, ma dotato di singolari capacità espressive e di analisi, si impegnò in numerose attività culturali, sociali e politiche, e in particolare nella conduzione dell’“Accademia bujense degli Accesi”, da lui fondata insieme con dodici studenti. ... leggi Alla storia e alla cultura di Buia, ma anche a molti dei paesi vicini e all’intero Friuli, M. dedicò nel corso della vita un numero considerevole di ricerche e monografie riguardanti le istituzioni civili, le confraternite, le parrocchie, gli edifici sacri delle diverse borgate; e ancora l’araldica, le tradizioni religiose, l’emigrazione stagionale e alcune figure storiche di rilievo come l’arcivescovo di Udine mons. Andrea Casasola, i pievani Giovanni Chitussi e Pietro Venier, gli artisti Troiano Troiani e Pietro Giampaoli. Nell’ambito della narrativa M. abbandonò ben presto la lingua italiana delle novelle (raccolte in La croce di legno, Udine 1923, e in Anime in pena, Milano, 1931) e continuò il filone friulano che aveva aperto, nel segno di un interesse etnografico, con Lis lejendis di Buje [Le leggende di Buia] (Udine, 1928, ma edito nuovamente nel 1981 a cura di Novella Cantarutti), lunga serie di racconti e leggende raccolte dalla voce del popolo. Il carattere popolare è peraltro una delle costanti della produzione di M., e lo si percepisce non soltanto nei ricordi di guerra e di emigrazione, ma anche nei due romanzi, esito tardivo di una lunga e appassionata ricerca: Sul agâr [Nel solco] (pubblicato a Udine nel 1970, ma in realtà rifacimento di un abbozzo del 1940) e Chei di Murae [Quelli di Murae] (Udine, 1975). È La setemane rosse [La settimana rossa] (Udine, 1976) l’ultimo lavoro di M., una raccolta di memorie autobiografiche, apprezzabili per la resa dell’ambiente, ma soprattutto per i rapidi ed efficaci ritratti di personaggi. Molte prose erano apparse nel corso degli anni sui principali periodici friulani, tanto in quelli della Filologica quanto in «La Patria del Friuli», «Il Friuli», «La Panarie», «La Vita Cattolica», «Stele di Nadâl», «La Patrie dal Friûl», «Quaderni della FACE», «Friuli nel Mondo». A cura del figlio Gian Carlo e con la prefazione di Carlo Sgorlon, venne pubblicato nel 1988 il volume di Contis e racconti, scelta antologica di cinquantaquattro prose in friulano (dal 1927 al 1979) e ventotto racconti in italiano (dal 1917 al 1955). A fronte di una scrittura italiana sensibilmente debitrice nei confronti dei modelli scolastici, quella friulana, pur nella sua varietà, non perde quasi mai il proprio carattere spontaneo e misurato, alla resa del quale contribuisce indubbiamente anche una lingua immediata ma accurata, significativa per il risvolto lessicale (e comunque immune da quel confronto con la contemporaneità che imporrebbe il potenziamento del vocabolario). A brani più distesi e meno coinvolgenti, in particolare quelli riservati agli aneddoti di paese, si alternano pagine ricche di suggestione, nelle quali l’evocazione della coralità del focolare, della gravosità della miseria, delle figure sovente impenetrabili dei vecchi, del fascino conturbante dei loro racconti giunge ad assumere una portata favolosa. Convince, soprattutto nei romanzi, la costante ma non forzata indagine psicologica, mentre i ricordi angosciosi di guerra e quelli contrastanti di emigrazione rischiano talora la maniera; tuttavia la testimonianza conserva intatto lo straordinario valore dell’esperienza diretta, per di più mediata attraverso lo sguardo di un bambino. Uno sguardo del quale si dovrà tenere conto per comprendere l’assenza di chiose che non potrebbero che apparire ideologiche, per motivare gli atteggiamenti di docile rassegnazione e di amara delusione, ma anche per intuire gli inconfessati moti interiori, per esempio davanti all’impaziente rozzezza degli ordini: «Ghèmars a cjapâ sù modon!» [Via a raccogliere mattoni!]. Anche nella narrativa di invenzione la drammaticità, mai eccedente, si inscrive in una visione provvidenzialistica della vita, in un atteggiamento capace di attutire il dolore e le tensioni nella loro sostanziale accettazione; da qui la carica esemplare di alcuni ritratti di anziani o di alcune figure femminili, la cui solidità diviene emblematica.
ChiudiBibliografia
Una scelta antologica di prose in: P. MENIS, Contis e racconti, a cura di G.C. MENIS, Prefazione di C. Sgorlon, Reana del Rojale/Buia, Chiandetti/Comune di Buia, 1988; Bibliografia di Pietro Menis, a cura di G.C. MENIS, in Buia. Testimonianze di cultura e di storia, Buia/Udine, Comune di Buia/Centro friulano di studi I. Nievo, 1993, 43-66.
DBF, 517-518; CHIURLO, Antologia, 513-518; Galleria friulana. Pieri Menis, «Sot la nape», 20/3 (1968), 41-44; Mezzo secolo di cultura, 170-173; Mezzo secolo di cultura Sup 1, 22; VIRGILI, La flôr, II, 125-132; Mezzo secolo di cultura Sup 2, 40-41; D’ARONCO, Nuova antologia, III, 51-60; PELLEGRINI, Tra lingua e letteratura, 309-310; A. DE CILLIA, Le vicende storiche della gente di Buia nella testimonianza di Pietro Menis, in Buia. Testimonianze di cultura e di storia, Buia/Udine, Comune di Buia/Centro friulano di studi I. Nievo, 1993, 17-31; E. MIRMINA, Il mondo poetico di Pietro Menis narratore friulano, ibid., 33-41; R. PELLEGRINI, La scrittura degli (e sugli) emigranti, «M&R», n.s., 17/2 (1998), 36-39. A partire dai racconti di P. M. il regista L. PITTINI ha realizzato il cortometraggio Pieri Menis, ricuarts di frut (Comune di Buia, 1999).
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