Nacque a Gorizia nel 1843 in una famiglia modesta, in grado di assicurargli soltanto l’istruzione elementare. Avviatosi alla professione di barbiere, la esercitò nel salone in piazza Grande, ma l’attività di parrucchiere teatrale gli procurò anche una certa consuetudine con il mondo delle scene. Una volontà robusta e una capacità immaginativa intensa gli permisero di divenire, dopo Carlo Favetti, il secondo commediografo nel Friuli imperiale, dando vita a una produzione che riflette le lotte politiche di un mondo ormai al crepuscolo. La commedia Tra parinçh [Tra parenti], del 1892, venne censurata sia a Gorizia sia a Trieste, a causa del contenuto politico e del linguaggio polemico. M. ricorse allora alla Tipografia cooperativa di Udine, cosicché in quella città, sullo scorcio dello stesso anno, l’opera venne portata sulle scene del teatro Minerva per la serata di gala; soltanto nel 1898 gli stessi attori la avrebbero rappresentata con successo a Gorizia, al Teatro di Società. Se su «Pagine friulane» Domenico Del Bianco apprezzava «il godimento della bellezza, il senso della verità, la compartecipazione a lotte, a trepidazioni, a dolori, a gioie realmente provate», la recensione apparsa su «La Patria del Friuli» in occasione della prima, riconosceva nell’opera del liberale e anticlericale M. almeno due intenti: la critica politica nei confronti del partito avverso, con la denuncia del sistema di corruzione elettorale fatto proprio da quest’ultimo, e il biasimo per il contegno gretto, umiliante e immorale di una delle famiglie protagoniste. Con una certa ingenuità, la commedia delinea appunto la caricatura di un esponente del Partito cattolico-popolare e l’esaltazione, nel fratello di quest’ultimo, della controparte liberalnazionale (tra l’altro, in un contesto turbato dalle dibattute elezioni del 1891), prospettando un conflitto artificioso e forse semplicistico, una polarizzazione accentuata ed espressa fin dalla dedica: «Impara dala Gigia il sant amor figlial; / Procura come Tita di jessi liberal. ... leggi / Di Madalena e Bortul in brut esempli spreza, / l’amor di Giovanin cul to pensier chiareza» [Impara dalla Gigia il santo amore filiale; fa’ in modo, come Tita, di essere liberale. Disdegna il cattivo esempio di Madalena e Bortul, accarezza con il pensiero l’amore di Giovanin]. Tuttavia, riconosciuta la componente propagandistica che compromette l’attendibilità storica dell’opera, sembra essere proprio la passione dell’autore a garantirne l’efficacia teatrale, fondandola su una concezione scenica solida, su dialoghi dinamici e credibili, su un intreccio sobrio ma plausibile, su un tessuto ideale energico, sì da rendere possibile, secondo Faggin, un confronto tendenzialmente paritetico con la produzione italiana dell’epoca. Puòr Naziut [Povero Naziut] è una farsa in atto unico che racconta un aneddoto accaduto al protagonista, al quale era stato fatto credere che avrebbe potuto sposare una ricca ereditiera francese. Briosa e colorita grazie alla spigliata e vivace partecipazione di quindici personaggi, è motivo di interesse anche per il risvolto linguistico. Risultano smarriti altri lavori teatrali, tra i quali una seconda farsa intitolata I fastidis di sior Jacum [I problemi di sior Jacum] e la commedia in due atti Il fiasco di sior Bortul, rappresentate a Gorizia dai dilettanti filodrammatici di Udine la sera del 20 novembre 1898. In italiano M. scrisse infine il melodramma Il conte di Rabatta. Le Lièvre ricorda altresì le parodie in vernacolo dell’Otello e di Un ballo in maschera, e annunciava in preparazione un dramma di soggetto storico locale destinato a essere musicato da Leonardo Vinci. Oltre a queste opere, sono andate perdute quasi tutte le poesie, anch’esse caratterizzate da un’indole critica e satirica e da toni pungenti. Si conoscono soltanto A me fi [A mio figlio], la dedica in versi martelliani alla commedia Tra parinçh, che riassume efficacemente i caratteri dei personaggi, il sonetto A me mari pel cinquantesim aniversari del so matrimoni [A mia madre per il cinquantesimo anniversario del suo matrimonio] (scritto nel 1893 e pubblicato postumo nel 1931), le canzonette Soi gurizan! [Sono goriziano!] (presentata nel 1894 e stampata in forma definitiva, con una strofa in più, nel 1910, musicata da Marcello Bombi e Adelina Samiz), No puès plui stâ cussì [Non posso più stare così] (o Mari me [Madre mia], musicata da Rodolfo Penso e Antonio Vidrig, e pubblicata da Le Lièvre), La vita è un lampo (in dialetto triestino, premiata al Circolo artistico di Trieste). Su «La Patria del Friuli» del 20 agosto 1909 comparve infine una “divagazione estiva” intitolata L’emancipazione della bicicletta. M. morì profugo a Graz nel settembre 1918.
ChiudiBibliografia
Il manoscritto autografo di Puòr Naziut si trova presso BCU, Principale, 3721. Parte dell’opera si trova raccolta in: Commedie e versi friulani, con note e un saggio di G. Faggin, Udine, La Nuova Base, 1974.
DBF, 520; D. DEL BIANCO, [Recensione a] L. MERLO, Tra parinçh, comedie in doi az, «Pagine friulane», 5/7 (1892-1893), 3ª di copertina; G. LE LIÈVRE, Casa nostra. Storia antica e cronaca moderna, Udine, Del Bianco, 1900, I, 43, 54; II, 39; L. MERLO, Soi gurizan!, in Voci fraterne, Gorizia, Paternolli, 1910, 10; A. LAZZARINI, Bibliografia del teatro friulano, «Rivista della Società filologica friulana», 4 (1923), 159; BEPO DA GRAVIS, Luigi Merlo, «Ce fastu?», 7 (1931), 108; E. SGUBIN, Lingua e letteratura friulane nel Goriziano, in Marian, 575-576; Mezzo secolo di cultura, 174; GALLAROTTI, 104-110; FAGGIN, Letteratura, 139-141.
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