Personaggio singolare, eclettico ed estroso, M. incarna l’allegria bonariamente scapigliata di un Friuli ora perduto, in quell’amata Udine dove nacque nel 1890, operò e morì nel 1972. Dopo essere stato volontario ciclista nella grande guerra, lavorò come impiegato della provincia, distaccato al manicomio di S. Osvaldo, ma, dietro quella possibile vernice di paciosa esistenza piccolo-borghese, resa ragguardevole anche da un fisico imponente, celava il gusto e l’entusiasmo, quasi bambini, per lo scherzo, la fantasia, il piacere dell’avventura, «da quel sommo commediante – ricorda con affetto l’amico Renzo Valente – che è sempre stato». Diviso infatti tra varie e spericolate passioni, M. fu arbitro di calcio e appassionato del circo, dove anzi, agli inizi degli anni Trenta, fece anche il clown, il buttafuori e il tuttofare, intrufolandosi sotto i tanti tendoni che facevano sosta nel Giardin grande della città. Una volta – ricorda ancora Valente – l’amico attore Carlo Serafini dovette perfino riacciuffarlo a Parma, dove aveva seguito il circo Kludski. E poi, oltre che direttore di cori e rifinitore delle opere liriche allestite sullo spiazzo del castello, fu attore piacevolissimo di “Chei de lum”, la filodrammatica di Silvio Sattolo fondata a Paderno nel 1932 e utile come vivaio di nuove leve per la più ufficiale “Compagnia dialettale friulana” della Società filologica. Lì M. brillava nel cavallo di battaglia di Amôr in canoniche, un classico della risata popolare e vernacolare dovuto alla penna di Bruno Paolo Pellarini. Il suo nome, tuttavia, resta legato soprattutto al meritorio recupero nel dopoguerra del teatro delle marionette, sulla scia della tradizione ottocentesca della compagnia di Antonio Reccardini (e poi del figlio Leone) e della sua celebre maschera “Facanapa”. M. riuscì a salvare e ad acquisire questa e altre teste di legno reccardiniane, insieme a parte del repertorio, dal deposito ormai in disuso di monsignor Remigio Bisiaco, un simpatico parroco udinese appassionato di spettacoli di marionette che egli allestiva per la gioia dei suoi piccoli parrocchiani nel teatrino di S. Quirino in via Gemona. ... leggi In seguito M. diede vita ad una sua compagnia, nota come “Galmi”, dalla fusione tra le iniziali del suo cognome e quelle di Guido Galanti, associato all’impresa e già noto a Udine (vi era nato nel 1901) come documentarista, soggettista cinematografico e attore-regista. Il debutto dell’originale formazione avvenne il 12 giugno 1949, al teatro Puccini di Udine, con lo spettacolo La Regata Veneziana, un esempio «tipico del repertorio dei vecchi Reccardini» (Giancarlo Pretini), che conobbe un esito così trionfale da richiedere molte repliche successive, anche con nuovi titoli e in altri teatri udinesi, come il S. Giorgio o il Teatrino di via Asquini. Il favore crescente dell’iniziativa della “Galmi” (clamoroso, nel 1951, il successo di Biancaneve e i sette nani, lavoro completamente nuovo, nato sull’onda dell’omonimo film di Walt Disney), convinse infine il comune di Udine, e il suo sindaco avvocato Giacomo Centazzo, a reperire anche uno spazio, con annesso laboratorio-magazzino, da riadattare a sede stabile di quella colorita compagnia di legno, manovrata da fili invisibili. Fu individuato a questo uso l’edificio della vecchia scuola S. Domenico in via Magrini, dove una sala, attrezzata e impreziosita alle pareti da sei decorazioni su vetro del pittore Emilio Caucigh, poteva accogliere 280 spettatori e consentire al meglio le manovre dall’alto degli attori-marionettisti, abbinati alle voci fuori campo di molti filodrammatici udinesi (tra gli altri, Costantino Smaniotto, Marco Dabalà, Carlo Serafini, Walter Faglioni). In quel teatro, dopo l’inaugurazione del 15 marzo 1958 con lo spettacolo La bella addormentata, la “Galmi” operò ancora fino alla metà degli anni Sessanta. Ma ormai i gusti, anche dei piccoli spettatori, stavano cambiando a vista d’occhio. E la stessa sala, gravemente lesionata dal terremoto del 1976, fu demolita l’anno dopo, trascinando via con sé anche il “com’eravamo” di un divertimento ormai sorpassato, con il suo incantesimo ingenuo e gentile.
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