Professore di grammatica, canonico di S. Felice di Aquileia e cappellano nella chiesa di S. Maria Maggiore di Udine, era abbastanza pervaso nell’ambiente dei vicari patriarcali da essere chiamato nel 1370 nell’abitazione di Giorgio Torti da Pavia a testimoniare all’atto di cessione di un appalto dell’esazione di mille fiorini a Monachino toscano, che l’aveva acquistato per 801 ducati. Oltre a lui il Torti aveva chiamato il dottore in decreti Giovanni Monticoli, il giurisperito Giannino di Prata e i notai di curia Pietro da Fosdinovo e Gaudiolo. Sicuramente il personaggio era legato d’amicizia al canonico Pietro Covassi, che aveva tanto meritato ai suoi occhi – o gli era creditore? – da legargli nel testamento, dettato il 5 settembre 1383, quasi tutta la sua biblioteca, esclusi una biografia di san Martino destinata al convento di S. Gervasio, un breviario inalienabile al chierico Odorico detto Foiono, il quale avrebbe poi dovuto lasciarlo a una chiesa, e a prete Gregorio, canonico di Udine e rettore delle scuole della città un libro a piacere. Il vicario patriarcale Giovanni priore di S. Benedetto di Padova a proposito della visita compiuta al duomo di Udine nel febbraio 1385 scriveva che M. gli aveva riferito aspetti negativi dell’organizzazione della chiesa e che tra l’altro i libri erano trascurati. Forse per questo motivo il grammatico non ne lasciò alcuno al capitolo di S. Maria Maggiore.
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