MICHELSTAEDTER ALBERTO (ABRAM)

MICHELSTAEDTER ALBERTO (ABRAM) (1850 - 1929)

letterato, direttore delle Generali

Immagine del soggetto

Alberto Michelstaedter in un ritratto donato al figlio Carlo, 21 ottobre 1905 (Gorizia, Biblioteca statale isontina, Fondo Carlo Michelstaedter, I 8-1).

Nacque a Gorizia il 13 novembre 1850 da Elia e da Bona Reggio, in una famiglia ebrea di origini tedesche, giunta verso la fine del Settecento a Gradisca d’Isonzo. La linea materna poteva annoverare tradizioni culturali e religiose di un certo prestigio: il nonno era Isaac Samuel Reggio, erudito di valore e rabbino della comunità ebraica. A dispetto di tale estrazione familiare, il percorso formativo del giovane fu piuttosto faticoso: respinto al primo anno del ginnasio, interruppe la carriera scolastica e si diede all’attività commerciale, trovando occupazione prima come agente di commercio, poi come cambiavalute, infine come direttore dell’agenzia goriziana delle Assicurazioni Generali. Dotato di una memoria eccezionale e di una intelligenza vivace, proseguì gli studi da autodidatta, giovandosi di frequentazioni assai stimolanti nell’ambito della comunità e raccogliendo una biblioteca rappresentativa di una cultura ampia e composita; ne sono una prova l’impegno per l’apprendimento delle lingue, in particolare dell’ebraico, e la traduzione di alcuni libri biblici, ma anche l’ammirazione per alcuni scrittori italiani quali Giusti, De Amicis, Carducci e soprattutto D’Annunzio, che avrebbe potuto conoscere personalmente nel maggio 1902, in occasione della rappresentazione della Gioconda a Gorizia. Dalla moglie Emma Coen Luzzatto ebbe quattro figli: Gino (1877), Elda (1879), Paula (1885), Carlo Raimondo (1887). Nobiltà d’animo, equilibrio personale e indole fiduciosa accompagnarono costantemente M., sebbene la sua esistenza fosse profondamente segnata da due eventi luttuosi: la morte del primogenito a New York, nel 1909, in circostanze poco chiare, e il suicidio di Carlo, nell’ottobre dell’anno successivo. ... leggi La moglie subì la deportazione e nel 1943 morì, ottantanovenne, ad Auschwitz, alcuni mesi prima della figlia Elda. Fin da giovane M. abbracciò con entusiasmo la causa dell’irredentismo, ripercorrendo in particolare le orme e le istanze di Carolina Luzzatto. Ferventi spiriti liberali e patriottici trapelano dalla sua operosità di giornalista e conferenziere, attività spesso congiunta agli incarichi ufficiali rivestiti nella città d’origine: presidente del Gabinetto di lettura («il vero focolaio dell’irredentismo pensante e cosciente»), vicepresidente della Società del teatro Giuseppe Verdi, vicepresidente per Gorizia della Società filologica friulana (della quale, il 23 novembre 1919, fu uno dei membri fondatori), membro del comitato per le onoranze a Graziadio I. Ascoli, delegato della società Dante Alighieri. Gli scritti conservati presso la Biblioteca statale isontina, per lo più letture pubbliche e articoli da quotidiani, testimoniano tale cospicua attività, mentre dalle biografie dell’epoca traspare l’immagine di una personalità poliedrica, capace di coniugare l’arte e l’erudizione con il commercio e il lavoro. Uomo sobrio, laborioso e d’indole allegra, interpretò in maniera esemplare il tipo dell’ebreo emancipato ma anche assimilato il cui ideale, quello borghese della “Bildung” (formazione culturale e del carattere) e della rispettabilità, seppe incarnare con animo generoso e ottimista nonostante le tragedie familiari. La testimonianza della figlia Paula ricorda come M. fosse formalmente «conservativo per le usanze tradizionali ebraiche», ma non osservante dei riti né dotato di uno spirito religioso, rivelandosi piuttosto come «il tipico rappresentante della mentalità materialistica dell’Ottocento». La delusione, da parte di Carlo, di tali speranze borghesi fu probabilmente una delle componenti del rapporto conflittuale che si instaurò tra padre e figlio, e che emerge, seppure in modo velato, dalle caricature abbozzate da quest’ultimo. Tuttavia non è agevole indagare la complessità di una relazione che su diversi piani divenne sempre più tormentata. Ancora la figlia Paula ricorda altresì che «senza essere poeta aveva una enorme facilità di comporre versi, ne improvvisava, ne compose molti non veramente ispirati, ma poesie d’occasione, scherzose, commemorative». Recensioni e versi in italiano compaiono su «La Patria del Friuli», «La voce di Gorizia», «Squille isontine», «Il corriere di Gorizia». Su «Pagine friulane», «Il strolic furlan» e «Ce fastu?» sono invece ospitate in prevalenza poesie friulane, in ragione delle quali M. è stato riconosciuto come l’erede di Carlo Favetti. In esse, M. dichiara i sentimenti di indefessa friulanità e italianità («Viva il Friul di chista e di chel’altra banda! / Viva la Pàtria pìzzula! viva la Pàtria granda» [Viva il Friuli da questa e dall’altra parte! Viva la Patria piccola! Viva la Patria grande], in Brindis a la Filològiche [Brindisi alla Filologica]; Brìndis a Spilimbergo; Brìndis dìt al gustà di Cividât [Brindisi detto al pranzo di Cividale]; La mascarada storica [La mascherata storica]; I Garibaldins a Guriza [I Garibaldini a Gorizia]), abbozza affreschi di vita cittadina (Il marciàt di sant Andrea [Il mercato di sant’Andrea]), ritratti ironici di figure tipiche (Il barbier [Il barbiere]; Lui sa dut [Lui sa tutto]) o favole moraleggianti (La cïala e la furmia [La cicala e la formica]), manifesta la propria indole scherzevole e ottimistica (Il frêt nel istât [Il freddo d’estate]) contro ogni profezia di sventura (Il strolic [L’indovino]) o contro gli eccessi di prudenza alimentare (Lista cibaria negativa). Un istintivo, ma garbato umorismo percorre dunque i versi friulani, che nascono e vivono all’ombra delle occasioni e risentono in forma più o meno esplicita del modello zoruttiano. Gli ultimi anni della vita furono dedicati a un’attività esclusivamente letteraria, quasi con l’intenzione di risarcire la perdita di tutti i manoscritti precedenti la guerra. M. si spense a Gorizia il 21 settembre 1929. Dopo gli imponenti funerali, la salma venne inumata nel cimitero ebraico di Valdirose (Rožna dolina), situato ora in territorio sloveno.

Chiudi

Bibliografia

Gorizia, BSI, Carlo Michelstaedter, Cartella Z.

A. MICHELSTAEDTER, Presentazione, in Gabinetto di lettura. Gorizia. 1898-1913. Quindici anni di storia, Gorizia, Paternolli, 1913.

DBF, 525; G. LE LIÈVRE, Casa nostra. Storia antica e cronaca moderna, II, Udine, Del Bianco, 1900, 20-23; A. RICCIO DI SOLBRITO, Alberto Michelstädter, «Studi Goriziani», 7 (1929), 125-128; V. GRAZIANI, Alberto Michelstaedter, Gorizia, Tip. L. Lucchesi, 1930; S. CAMPAILLA, Pensiero e poesia di Carlo Michelstaedter. Con alcuni disegni inediti e una testimonianza biografica di Paula Michelstaedter Winteler, Bologna, Patron, 1973; Mezzo secolo di cultura, 175-176; S. CAMPAILLA, A ferri corti con la vita, Gorizia, Arti grafiche Campestrini/Comune di Gorizia, 19812; O. ALTIERI, La comunità ebraica di Gorizia: caratteristiche demografiche, economiche e sociali (1778-1900), Udine, Del Bianco, 1985, 188; Lettere a Carlo, in Dialoghi intorno a Michelstaedter, a cura di S. CAMPAILLA, Gorizia, BSI, 1988, 10-14; O. ALTIERI, La famiglia Michelstaedter e l’ebraismo goriziano, ibid., 35-42; A. ARBO, Carlo Michelstaedter, Pordenone, Studio Tesi, 1996; A. BRAMBILLA, Per Alberto Michelstaedter, «Studi Goriziani», 86 (1997), 103-113; GALLAROTTI, 114-120; FAGGIN, Letteratura, 144-145; C. MICHELSTAEDTER, Epistolario, a cura di S. CAMPAILLA, nuova ed. riveduta e ampliata, Milano, Adelphi, 20102.

Nessun commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *