Pittore e soprattutto incisore, ha interpretato con grande maestria il paesaggio friulano e risulta più noto all’estero che in Italia. Nacque nel 1926 ad Artegna (Udine): il nonno Gio Batta aveva lavorato come costruttore di ponti e strade nell’Impero asburgico, mentre il padre era commerciante di legname. M. affermava di essere nato artista e di considerare fondamentale l’incontro con la maestra elementare che nei primi due anni gli aveva permesso di disegnare e dipingere «con sfrenatezza» (Ellero, 1990, 31). Si era diplomato al collegio Bertoni dopo aver frequentato, in modo un po’ irregolare, le scuole di Gemona e Udine presso i padri stimmatini. La conoscenza della lingua inglese gli permise, nel primo dopoguerra, di lavorare nei servizi di terra della compagnia aerea TWA a Roma, dove frequentò per due anni i corsi liberi di nudo e paesaggio dell’Accademia capitolina, studiando l’arte classica italiana. Nel 1955 inviò una serie di disegni in bianco e nero alla redazione del settimanale «The New Yorker», famoso per la grafica raffinata e le copertine prestigiose, opere dei migliori artisti statunitensi. M. si trasferì a New York dove rimase sei mesi, pagato a duecento dollari la settimana. Affascinato dal paesaggio americano, che di contro acuiva la sua nostalgia per quello italiano, decise di trascorrere regolari soggiorni di lavoro negli Stati Uniti, senza staccarsi però dalla sua casa di Artegna. Questa, salvata dalle ruspe del post-terremoto e divenuta una delle poche testimonianze edilizie originali, è stata restaurata con cura amorosa ai dettagli: i bassorilievi in pietra eseguiti da Giovanni Patat, i preziosi ferri battuti intorno alla fontanella e la vite a pergolato. ... leggi La casa di Artegna, dove M. operava, ospitava ogni due anni le rassegne dei suoi lavori, un appuntamento obbligato per tutti gli estimatori. Negli Stati Uniti espose nella galleria Weyhe a New York e collaborò regolarmente con «The New Yorker» e la rivista letteraria «Saturday Review of Literature». Le sue incisioni entrarono così nelle più prestigiose collezioni statunitensi, dal Fogg Museum di Harvard alla Boston Public Library, che possiede la maggiore raccolta degli Stati Uniti, dal Museum of Fine Arts di Boston allo Smithsonian Institution di Washington, dal Philadelphia Museum of Art alla Achenbach Foundation di San Francisco e al Museum of Fine Arts di Montreal. In Italia fece parte del Centro friulano arti plastiche, con cui partecipò alla XXV Intart di Lubiana nel 2003. In Europa la sua opera è conservata nell’Albertina di Vienna, nella Galleria nazionale di Stoccarda e in quella di Stoccolma. Dal 1955 M. dipinse ad acquerello, che considerava «un’altissima forma di poesia visuale» per la sua imprevedibilità e la possibilità di trasporre con immediatezza emozioni e sensazioni senza correzioni o pause, e che paragonava alla musica in un’intervista con Gianfranco Ellero, essenziale per comprenderne la poetica (Ellero, 1990, 32). Nel primo periodo della sua attività praticò, oltre alla pittura, anche il graffito, ricoprendo la carta con inchiostro spesso che poi graffiava con un bulino. Nel 1960 a New York iniziò a praticare l’incisione ad acquaforte, cui ben presto aggiunse le acquetinte a colori; nelle prove d’artista, M. usava l’inchiostro turchese, che gli permetteva di controllare meglio la composizione. Affermava infatti che l’artista è «un rivelatore di emozioni», in cui il rigore della tecnica grafica riesce a conciliare sensazioni e logica. Rigoroso e perfezionista, era solito stampare personalmente le matrici. Artista colto, si ispirò al paesaggismo veneto di Bellini e Giorgione, a quello classico francese di Lorrain e Poussin, per arrivare attraverso Corot e Monet agli impressionisti. Gran parte dell’opera di M. è dedicata al paesaggio in serie grafiche ispirate agli Stati Uniti, alla campagna romana e toscana, alle Dolomiti e alle Alpi Giulie, fino all’Himalaya e al Tibet, negli anni Duemila. Fin dalle prime acquetinte, le montagne sono state una costante della sua grafica, all’inizio chiudono per poi cedere gradualmente spazio al cielo. Le montagne, scure e virate su tonalità blu, evidenziano sintetiche masse volumetriche, «forme variate che si frantumano e si ricompongono, come le parole di una poesia» (Micossi, 1995, 612-613). Nel tentativo di cogliere l’intero sviluppo delle catene, M. ha privilegiato le inquadrature dai greti dei fiumi, che scendono dalle Alpi, come il Tagliamento a Versutta. È lo stesso M. a spiegare il suo percorso creativo nella realizzazione delle incisioni di paesaggio friulano: «Nascono da una emozione trascinata a volte per anni, che consegno agli altri dopo un lungo lavoro. Cerco dapprima di eseguire un acquerello, per avere la certezza dei ritmi e dei toni della composizione. Lascio riposare il materiale cioè a volte decine di disegni, graffiti, qualche acquerello, ma non per molto tempo per non perdere la carica emotiva, e comincio il lavoro di riorganizzazione dell’immagine fino allo spasimo. Elimino particolari inutili, cercando di accentuare il carattere dei componenti compositivi portanti o di minimizzarlo, creando contrasti, tensioni, conflitti, rappacificazioni, come del resto fa il regista sulla scena. Si tratta di un processo di drammatizzazione dell’immagine» (Ellero, 1990, 35). Dal 1986 M. incise da nord e da sud le catene montane tra Carinzia, Slovenia e Friuli, per passare, negli anni Duemila, alla rappresentazione del Tibet con i suoi panorami inabitati, desolati, maestosi. Da questa esperienza, in cui gli aspetti naturalistici si intrecciano con la curiosità per gli uomini, M. trasse una serie di acqueforti e acquerelli, che furono esposti nel 2002 e lo dovevano essere nel 2005, quando la morte improvvisamente lo sorprese.
ChiudiBibliografia
G. ELLERO, I longobardi di Mario Micossi, «La Panarie», 22/88 (1990), 31-38; ID., Le Alpi Giulie di Mario Micossi, in Tarvis, 68n Congrès, a cura di G. ELLERO - G. BARBINA, Udine, SFF, 1991, 477-482; M. MICOSSI, Da Versutta e dalla Versa, in Ciasarsa, 611-616; M. MICOSSI, Paesaggi in Carinzia, in Klagenfurt, 77n Congrès, a cura di M. MICHELUTTI, Udine, SFF, 2000, 301-308; XXV INTART Homage to Handke, Kosovel, Pasolini. Catalogo della mostra (Lubiana, 16 settembre-12 ottobre 2003), Udine, Centro friulano arti plastiche, 2003, 16-17; Omaggio a Mario Micossi. Opere da collezioni private. Catalogo della mostra (Udine, 1-16 ottobre 2005), a cura di G. ELLERO, Udine, Centro friulano arti plastiche, 2005 (con ampia bibliografia); Buja e dintorni nell’arte di Mario Micossi, a cura di M. TESSARO, Buia, Comune di Buia, 2009; Rassegna internazionale “Carta Colore” XII Biennale INTERGRAF Alpe Adria. Catalogo della mostra (Eisenstadt, 30 settembre-17 ottobre 2010), a cura di G. ELLERO, Udine, Centro friulano arti plastiche, 2010, 28 (Intervista di Gianfranco Ellero).
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