Figlio del notaio Giusto che al tempo di Marquardo era stato cancelliere nei processi celebrati dal vicecapitano di Udine notaio Leonardo di Domenico, G. M., a sua volta notaio e cancelliere della comunità udinese, lasciò atti relativi al periodo dal 1389 al 1414. Nei primi anni Ottanta, quando egli era minorenne, sua madre vedova aveva dovuto supplicare presso il consiglio della città di Udine i deputati «ad negozia pupillorum» di provvedere a svincolare i beni della famiglia dal blocco dei fratelli del marito, affinché ella potesse procurare «victum pro se et filiis». Ciò significa che il 29 settembre 1402, quando il M. fu eletto uno dei cancellieri del consiglio della comunità di Udine, era ancora abbastanza giovane. Da quell’anno gli fu regolarmente rinnovata la carica, tranne nella tornata del 29 settembre 1410, fino al 28 gennaio 1412. Egli abitava in una casa di sua proprietà in Mercatonuovo. Con il parente Cristoforo del fu Cristoforo Missulini ebbe particolari rapporti economici: nel febbraio del 1406 gli restituiva 18 marche di denari avuti da lui in prestito l’anno precedente; tuttavia due anni dopo lo stesso Cristoforo nel consiglio della città confessava di aver amministrato con prodigalità le sue sostanze e prometteva di non compiere più fino al venticinquesimo anno di età alcuna operazione finanziaria senza il consiglio e il consenso del notaio M., evidentemente la persona più saggia e autorevole della famiglia Missulini. Il cancelliere aveva sposato Benvenuta di Ottobono Zucchi, dalla quale aveva avuto la figlia Simona Orsola che ancora minorenne nel testamento dettato il 31 agosto 1414 nominava sua erede universale. Nello stesso documento destinava due opere, l’Aurora o Apparatus in summam notarie e il Flos ultimarum voluntatum, entrambe (presenti anche in inventari di altri notai udinesi) di Rolandino Passeggeri, riunite in uno stesso volume nonché gli Instituta di Giustiniano a Francesco di Simone Squarani da Venzone allora studente in Padova. ... leggi Tra le sue numerose volontà, espresse in un lungo e articolato documento, emergevano alcuni elementi utili non solo per delineare il suo contorno familiare, l’entità del suo patrimonio e le sue relazioni sociali, ma anche per arricchire la storia della cultura della città. Egli voleva essere sepolto nella tomba dei suoi genitori nel chiostro di S. Francesco, al cui convento lasciava quaranta ducati per la costruzione di un secondo piano del campanile che prevedesse quattro finestre e una copertura a pigna analoga a quella di S. Pietro Martire. Seguiva una serie di legati a diverse istituzioni laiche e religiose del centro cittadino con l’obbligo per le stesse di registrare la data del suo decesso nel proprio obituario: alle fraterne di S. Maria e S. Orsola nonché del Corpo di Cristo, alla chiesa di S. Giacomo; alla fraterna di S. Nicolò; al monastero di S. Nicolò; alla fraterna di S. Spirito; alla chiesa di S. Giorgio; alla fraterna della cappella di S. Giovanni Battista; alla fabbrica della chiesa di S. Antonio; alla cappella di S. Giovanni Evangelista di piazza della fraterna dei notai; alla fabbrica di S. Maria di castello; alla fraterna della chiesa di S. Cristoforo; alla chiesa di S. Lucia e alle monache di S. Chiara. Affidando la figlia ai tutori, il cancelliere raccomandava che questa si maritasse in Udine. Alla dettatura del testamento tra i testimoni figuravano il domenicano dottore in teologia Tommaso di DomenicoTommaso di Domenico e il dottore in arti e medicina Giovanni di Dolce da Fabriano.
ChiudiBibliografia
ACU, Nuovi mss, 793; ASU, NA, Giovanni Missulini, 5135/11, 18-28; ASU, NA, 5171, Prot. test. 1397-1483, f. 163r-170r; BCU, CA, Annales civitatis Utini, VII, f. 109v; XIV, f. 211, f. 258r, f. 388v; XV, f. 138r, f. 300; XVI, f. 211r; XVII, f. 7v; XVIII, f. 459v.
V. JOPPI, Documenti goriziani, «Archeografo triestino», n.s., 11-19 (1885-1892), CL, 69; SCALON, Produzione, 100, n° 181, 291; MASUTTI, Zecca, 93.
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