Esponente di una nobile famiglia, originaria di Montecchio Emilia, inurbatasi a Parma alla fine del Duecento, e di lì cacciata alcuni decenni più tardi in seguito ai ripetuti scontri tra i Visconti, gli Estensi e i Gonzaga per il dominio dell’Emilia settentrionale, G. di Crescimbene Monticoli nasce esule a Verona. Il suo arrivo in Friuli è favorito dalla presenza nella diocesi di Concordia di alcuni congiunti, il preposito Antonio e il notaio di curia Nicolò, stretti collaboratori del vescovo Guizzi nei primi anni del suo governo. Anche il M. entra al servizio del presule reggiano, che lo ricorda nel testamento, redatto nel giugno del 1347, annoverandolo tra i suoi familiari e lasciandogli in eredità le armi, che era solito portare al servizio dell’episcopato. Alla morte del vescovo Guido, il M. lascia la Destra Tagliamento per poter completare la propria formazione giuridica presso uno Studio generale, probabilmente quello di Padova. Nel 1351, il M., nella veste di “iuris utriusque peritus”, risulta risiedere nuovamente in Friuli e precisamente a Udine, dove possiede una casa porticata, in cui convive con il padre e il fratello Candido, che successivamente si trasferirà a Gemona. In tale occasione presenzia a un arbitrato di Nicolò di Lussemburgo nella causa tra la chiesa di Concordia e i di Prampero per il castello di Cusano. Quattro anni più tardi risulta inserito all’interno della curia patriarcale, dove assume spesso incarichi di rilievo. Nel giugno del 1356 rappresenta Nicolò di Lussemburgo al parlamento tenutosi a Sedegliano, nella veste di suo vicario “in temporalibus”, ufficio che manterrà fino alla morte del patriarca, avvenuta nel luglio del 1358, e che gli verrà confermato, almeno inizialmente, anche dal suo successore Ludovico della Torre. I rapporti con il nuovo patriarca sembrano però guastarsi nella seconda metà del 1361, quando il M. viene sostituito nelle sue funzioni da Ottone di Castellino e Rufino da Novara. ... leggi Successivamente le notizie su di lui si fanno più frammentarie, probabilmente a causa di un temporaneo ritorno a Verona. La sua presenza è testimoniata nuovamente a Udine nel giugno del 1371, quando partecipa a un arbitrato del patriarca Marquardo di Randeck nella causa ancora in corso tra l’episcopato di Concordia e i di Prampero per Cusano. Durante il 1372, nella veste di “advocatus”, segue, insieme a Rolandino Ravani, il ricorso in appello presso il tribunale patriarcale della comunità di Moriago contro la cappellania di Sernaglia per una questione di decime. Negli anni seguenti è impegnato in una causa giudiziaria contro i Moriaghesi, che si rifiutano di pagargli l’onorario pattuito. Nell’aprile del 1375, il M., assunto per la terza volta l’ufficio di vicario “in temporalibus” del patriarcato, è incaricato, insieme al vicedomino Francesco Savorgnan, di riacquistare il castello di Tolmino dalla comunità di Cividale e di prenderne possesso. L’ultima notizia che lo riguarda risale al gennaio del 1376, quando assiste alla presentazione di una protesta del procuratore di Leopoldo pievano di Craimburg, rivolta al vicario “in spiritualibus” Giorgio Torti da Pavia.
ChiudiBibliografia
ADP, Curia Vescovile, pergamene sciolte; ASU, NA, Pietro Dell’Oca, 5123bis/6-7.
LEICHT, Parlamento, I, CLV, 154; CLXVII, 167; CLXXIV, 170, 171; CCLII, 285; CCLVIII, 288. G. B. CORGNALI, La tomba e il testamento di un vescovo, «Ce fastu?», 3-4 (1936), 229-235; GIANNI, Vescovi e capitolo.
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