Giovanni Candido Antonio Pradanimo, detto semplicemente Candido, nacque a Cercivento in Carnia il 16 febbraio 1761. Figlio di Giovanni Urbano Antonio e Marianna Leonarda Pitt, apparteneva ad un’antica famiglia di un certo prestigio che annoverava fra i suoi antenati i signori del castello di Fratta, titolo di nobiltà legato ai possedimenti detenuti nei pressi di Zovello. La casata, arricchitasi grazie a numerose attività commerciali e finanziarie in Carnia e nella Valle del Bût, estese tra Sei e Settecento anche oltre confine, era al tempo attiva economicamente in diversi settori, dalla gestione delle malghe alla conduzione di aziende agrarie, fino alla commercializzazione di granaglie e legname. Il padre, nominato notaio e pubblico perito attorno al 1755, ebbe dalla moglie altri quattro figli: Candido, nato nel 1756 e morto prematuramente tre anni dopo; Maria Regina (1758), Maria Vittoria Elena (1763) e, per ultimo, Urbano Filippo Felice, nato nel 1773 e morto lo stesso anno. Dopo una prima formazione tra Zuglio e Piano d’Arta, M. frequentò, sotto la tutela dello zio Felice Maria, le scuole dei barnabiti di Udine, ove compare come convittore nel collegio dei nobili a partire dal maggio del 1775. In data 11 luglio 1780, nemmeno ventenne, venne creato pubblico perito e pochi mesi dopo (4 aprile 1781) notaio, proseguendo una tradizione familiare ormai ben radicata. Il 5 luglio 1786 convogliò a nozze con Elena Beorchia di Trava, dalla quale ebbe numerosi figli, almeno cinque femmine ed altrettanti maschi. Nonostante i titoli di notaio e pubblico perito, ben presto gli interessi di M. si spostarono nel settore forestale. Nel 1792, infatti, in seguito alla richiesta avanzata dal governo veneto alla Società agraria udinese di individuare una rosa di quattro nomi tra i quali selezionare un assistente ai boschi del riparto della Carnia, su proposta di padre Francesco Maria Stella, suo professore a Udine, M. venne scelto per tale incarico. ... leggi La nomina ufficiale, avvenuta per mano degli Inquisitori all’Arsenale il 30 luglio 1792, si inseriva in un complesso apparato di scelte volte a dar vita ad una vera e propria riforma dell’organizzazione forestale della Serenissima. Fin dal principio le sue capacità e la predisposizione verso l’osservazione diretta e la sperimentazione gli attirarono la simpatia del soprintendente ai boschi del Bellunese e della Carnia, il conte Giuseppe Urbano Pagani Cesa. Nell’ottobre del 1794, M. stese un accurato catasto riguardante i boschi della Carnia (Disegni de’ pubblici boschi nel riparto della Carnia colle rispettive estensione de’ medesimi), che aveva lo scopo di delineare un censimento in favore della Serenissima «per ridurre li boschi medesimi al maggior pubblico vantaggio». Il catasto era il frutto di un censimento ex novo dei boschi pubblici della Carnia attuato a partire dai catastici già redatti nel corso dei decenni precedenti (per altro molto lacunosi e parziali) e completato attraverso un intenso lavoro sul campo, che portò alla stesura di un voluminoso corpus di relazioni e materiali cartografici, descrittivi e statistici, fra i quali spiccano gli accurati disegni dei cinquantatré boschi pubblici carnici, rappresentati con «esatta misura e in un’unica scala geometrica» e corredati dalle denominazioni locali, estensioni, descrizione dei confini, condizione, tecniche di sfruttamento e diverse altre integrazioni. Nelle relazioni è contenuta la proposta centrale di M.: eliminare progressivamente i faggi, ormai sempre meno sfruttati nelle costruzioni navali, in favore di un ampliamento massiccio della coltivazione delle conifere. Un’idea che non trovò un’immediata realizzazione e che venne in seguito riproposta a più riprese dallo stesso M. sia alle autorità venete che a quelle austriache. Caduta la Serenissima, durante l’occupazione francese M. entrò a far parte della Municipalità centrale della provincia della Carnia come rappresentante del proprio quartiere, assumendo su di sé, in collaborazione con Osvaldo Cozzi, la responsabilità del settore dei boschi erariali. Finita la parentesi francese, nonostante alcuni sospetti avanzati sulla sua attività, venne reintegrato nelle funzioni di tecnico forestale da Andrea Querini, presidente dell’Arsenale e comandante della marina. I primi anni dell’Ottocento videro M. impegnato direttamente nelle operazioni di regolamentazione e stipula dei contratti per i tagli boschivi, portate avanti con costanza fino al 1808 quando, già giudice di pace del cantone di Paluzza, in seguito a una ristrutturazione amministrativa dovette lasciare l’incarico forestale. Dal maggio del 1811, M. ottenne per il figlio Urbano Matteo l’affidamento dell’incarico di ispettore forestale, con la promessa di affiancarlo nel disbrigo delle numerose incombenze che tale carica comportava. La prematura morte del figlio per tisi (avvenuta nel giugno del 1816) vide M. nuovamente impegnato in prima persona nell’attività di ispettore, titolo riacquistato a partire dal gennaio del 1816, quando abbandonò l’incarico di giudice. Fu l’occasione opportuna per rilanciare il piano di taglio dei faggi e di estensione delle conifere che era stato il suo progetto selvicolturale, appoggiato in questo frangente prima dall’ispettore generale Giovanni Battista Ellero e in seguito dall’ispettore Giuseppe Boiani, vero artefice dell’approvazione e dell’avvio del “progetto Morassi”, portato avanti non senza difficoltà e opposizioni talvolta tenaci. Nel 1819 un altro suo figlio, Antonio, terminati gli studi, iniziò ad affiancarlo come assistente nell’attività di tecnico forestale. Poco prima, tra il dicembre del 1816 e l’ottobre del 1817, M. aveva presentato alla Direzione provinciale del demanio rispettivamente un volume contenente le statistiche dei boschi camerali della Carnia ed un secondo tomo sui boschi comunali del distretto di Paluzza. Tre anni dopo, il 20 marzo 1820, consegnò alla stessa Direzione un’altra serie di cinque volumi contenenti un’elaborata statistica dei boschi comunali dei distretti di Tolmezzo, Ampezzo, Rigolato e Moggio, corredata da un prospetto sullo stato della popolazione e del bestiame di ciascun distretto, a partire dal 1816 in poi, e da un sunto statistico degli stabilimenti pubblici della Carnia. Continuò a lavorare ai suoi progetti sino al 1823 quando, in seguito ad alcune accuse, venne improvvisamente sospeso dalla Camera aulica di Vienna. Di illazioni e critiche nei suoi confronti nel corso degli anni in realtà se ne ebbero diverse: in particolare quelle avanzategli da due personaggi carnici, il cancelliere Erasmo Frisacco di Tolmezzo e il cancelliere del fisco Antonio Casasola di Ampezzo; accuse dalle quali fu peraltro assolto. Ben più gravi dovettero risultare invece le aspre critiche avanzate attorno al 1823 da un alto funzionario boemo inviato in Carnia e Cadore dalla Camera aulica di Vienna, Franz Swoboda, ispettore in capo ai boschi demaniali dell’Illirico, cui erano stati commissionati un accurato sopralluogo sui boschi erariali e alcuni rapporti sui vari aspetti (tecnici, amministrativi, economici) dell’organizzazione forestale veneta. Tali critiche portarono alla sospensione dall’incarico di diversi consulenti ed impiegati, fra i quali lo stesso M., accusati di essere incompetenti e dilapidatori delle risorse pubbliche. Nel suo caso le accuse trovarono risoluzione solamente nel 1825 quando, nonostante la riabilitazione ufficiale e definitiva, il governo, invece di reintegrarlo nell’incarico, decise di metterlo in pensione. Oltre che per le sue indagini sulla situazione boschiva della Carnia, M. è noto anche per i suoi studi nel settore botanico e delle piante aromatiche e officinali. L’apporto fornito alla conoscenza scientifica dell’ambiente carnico è testimoniato da una serie di appunti, fra i quali emergono in particolare due brevi fascicoletti manoscritti intitolati rispettivamente Nomi letterali di alcune Erbe, e Semplici usati dalli Botanici e Speciali confrontati colli Nomi Volgari usati qui in Cercivento nella Cargna e Figure Denominazione e Virtù Medicinali di alcune piante per uso di Farmacisti, Medici e per Dilettanti di Bottanica. Nel 1835 fece restaurare a sue spese l’organo della chiesa parrocchiale di Cercivento, dopo esserne stato, tra il 1796 e il 1798, amministratore e direttore della fabbrica del coro. Morì il 17 ottobre 1839 dopo «tre soli giorni di gagliarda febbre maligna».
ChiudiBibliografia
Tra i numerosi documenti riguardanti la figura di C. Morassi si segnalano in particolare: Tolmezzo, Museo delle arti e tradizioni popolari Luigi e Michele Gortani, Archivio della famiglia Morassi, archivio non inventariato, in particolare: 51 (contiene i due manoscritti sulle erbe officinali), 223, 229; ASU, Perusini, 84, 129, 173-201, 206-208, 210-215, 238-239, 263, 397, 407, 784; ibid., Perusini, Materiali personali di studio, LXXVI; ASV, Amministrazione forestale veneta, 77, 87, 88, 101, 108, 109, 110 e reg. 205-206; ibid., Provveditori sopra boschi, 205, Disegni de’ pubblici boschi nel riparto della Carnia colle rispettive estensioni de’ medesimi; ibid., Ispettorato generale dei boschi, 128/1, Quadro ossia Stato dimostrante li boschi camerali, comunali e di pubblico stabilimento situati nel riparto della Carnia (1816); ibid., Senato di finanza, 672.
D. MOLFETTA, Felice Maria Morassi e Candido Morassi uomini illustri di Cercivento, «Sot la nape», 31/2-3 (1979), 40-50; L. MORASSI, Tradizione e “nuova agricoltura”. La Società d’agricoltura pratica di Udine (1762-1797), Udine, Ribis, 1980, 214-233; C.G. MOR, I boschi patrimoniali del Patriarcato e di San Marco in Carnia, Udine, Cooperativa Alea, 1992 (= Udine, Del Bianco, 1962), 390-394; D. MOLFETTA, Cercivento di Sopra Casa Morassi, in Cento case di provincia, Udine, Casamassima, 1994, 274; R. CORAZZA, L’epistolario della famiglia Morassi di Cercivento in Carnia nel fondo Perusini dell’Archivio di Stato di Udine. Ordinamento ed inventariazione, t. ... leggil., Università degli studi di Udine, a.a. 1999-2000; F. BIANCO, Nel bosco. Comunità alpine e risorse forestali nel Friuli in età moderna (secoli XV-XIX), Udine, Forum, 2001, 85-128; ID., Riforme fiscali e sviluppo agricolo nel Friuli napoleonico. Francesco Rota pubblico perito e agrimensore «con il coraggio della verità e nell’interesse della nazione», Udine, Forum, 2003, 35, 46, 82; ID. - A. LAZZARINI, Forestali, mercanti di legname e boschi pubblici. Candido Morassi e i progetti di riforma boschiva nelle Alpi Carniche tra Settecento e Ottocento, Udine, Forum, 2003; A. LAZZARINI, La trasformazione di un bosco. Il Cansiglio, Venezia e i nuovi usi del legno (secoli XVIII-XIX), Belluno, Isbrec, 2006, 165, 188, 198, 200; F. BIANCO, Strutture comunitarie, boschi e confini nella montagna friulana, in Comunità e questioni di confini in Italia settentrionale (XVI-XIX sec.), a cura di M. AMBROSOLI - F. BIANCO, Milano, F. Angeli, 2007, 173; D. MOLFETTA, Piante officinali a Cercivento. Storia e tradizione, Cercivento, Comune di Cercivento, 2008, 31, 56, 86-116.
Nessun commento