Nacque nel 1871. È tuttora ricordato per il suo impegno nella pubblica amministrazione; fu mosso da autentico spirito di servizio anche in campo vitivinicolo dove si espresse al meglio la passione che l’animava per l’agricoltura. La sua tenuta di Manzinello fu per molti anni quel campo ampelografico sperimentale che il Friuli ancora non aveva. Insieme con Francesco Coceani si trovò in prima linea nella guerra contro la fillossera e la vittoria contro tale fitofago di origine americana (scoperto nel Friuli udinese nel 1901) va in buona parte ascritta a questi due personaggi. Entrambi parteciparono alla costituzione, nel 1904, del Consorzio libero antifillosserico con lo scopo di arrivare a quelle soluzioni concrete che la legislazione italiana in materia non prevedeva, e che il Consorzio antifillosserico provinciale non perseguiva. Mentre Coceani operava nel vivaio di Gagliano, M. presiedeva quello di Palmanova che, nel 1906, era già in grado di distribuire 83.000 viti innestate. Nel 1907 i due vivai si unirono sotto l’ombrello del neonato Consorzio antifillosserico che ebbe M. come presidente e direttore Coceani. La produzione, che si spostò a Gagliano, raggiunse i due milioni di barbatelle tra il 1904 e il 1917, interrotta bruscamente dalla rotta di Caporetto che costrinse, tra l’altro, M. alla profuganza a Firenze dove fu il rappresentante dei friulani ivi sfollati. Nel catalogo del vivaio, messo in circolazione nel 1915 e firmato da M., si evince un giusto equilibrio tra vitigni nostrani e vitigni stranieri, e si denota la consacrazione dei “magnifici tre” che avrebbero fatto per tanti anni la viticoltura friulana: Cabernet, Merlot e Tocai. ... leggi Nel 1927 tenne un’applaudita relazione col modesto titolo di Note su alcuni ibridi coltivati in Friuli a un convegno internazionale a Conegliano. Riportò i risultati desunti dalle prove che conduceva nella tenuta di Manzinello e le sue osservazioni su altri campi sperimentali in Friuli; giunse a stabilire quale fosse il miglior ibrido da coltivare in Friuli e quali potessero essere i suoi comprimari. I tempi, però, erano votati alla “razza pura” e, malgrado il successo popolare degli ibridi (rustici e resistenti alle malattie), i responsabili del Ministero erano del parere che il vino da essi derivato avrebbe fatto «degenerare i gusti dei consumatori»; sta di fatto che, con una legislazione ad hoc la coltivazione degli ibridi venne proibita, ma alcuni di essi, inferiori a quelli identificati da M., vennero comunque utilizzati data la penuria di anticrittogamici. M. rimase sempre attivo nel settore; negli anni Trenta promosse l’istituzione del vigneto ampelografico di Buttrio, dove si affinarono le conoscenze sul comportamento di tanti vitigni e vennero, sostanzialmente, confermati quelli identificati come migliori dal vivaio di Gagliano già trent’anni prima. Ancora negli anni Cinquanta presiedette il Consorzio provinciale per la viticoltura e l’enologia voluto da Guido Poggi, il tecnico che per molti versi continuò l’opera di M. e di Coceani, nel solco tracciato tanti anni prima da Gabriele Luigi Pecile. M. morì nel 1958.
ChiudiBibliografia
Scritti di G. Morelli de Rossi: Lavori d’innesto a macchina e di forzatura eseguiti nella passata primavera dai Consorzi della zona abbandonata, «Bull. Ass. Ag. Fr.», (1905); Le irroratrici a grande lavoro, Udine, Tip. G. Seitz, 1906; Norme per l’impianto a dimora stabile di barbatelle di viti innestate, «Bull. Ass. Ag. Fr.», (1907), 147-149; I lavori del Consorzio Antifillosserico di Palmanova nel 1906, ibid., 1907, 295-296; La viticoltura [del Friuli] e i problemi della ricostituzione viticola, «L’Italia agricola», 62/2 (febbraio 1925), 66-75; Note su alcuni ibridi P. D. coltivati in Friuli, in Atti del Congresso viti-vinicolo tenuto a Conegliano nel maggio 1927, «Annuario della R. Stazione sperimentale di viticoltura e di enologia di Conegliano», 3/1 (1927-1928).
G. POGGI, Giuseppe Morelli de Rossi, «Terra friulana», 3/3 (1958), 3.
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