Licio M., in arte Denis, vanta un primato assoluto nella storia dello spettacolo e del particolare genere teatrale in cui scelse di dirottare il suo carismatico talento. Fu infatti l’unico italiano, tuttora ineguagliato, ad essere incoronato campione del mondo nell’arte della magia da palcoscenico al congresso della Federazione internazionale delle società magiche (FISM), con un Grand Prix conquistato il 15 settembre 1952 al teatro del Casino Kursaal di Ginevra, prevalendo su sessantasei concorrenti di diciassette nazionalità. A quel traguardo M. giunse al culmine di una vera vocazione, scoccata per scherzo a San Daniele del Friuli (vi nacque il 19 aprile 1920, da una famiglia di semplici origini), quando restò affascinato dai giochi di un prestigiatore di passaggio, sbirciato durante la sagra del prosciutto. Da lì una folgorante passione, coltivata con assidui allenamenti davanti allo specchio e poi dimostrata in casa o anche sui banchi di scuola dell’Istituto tecnico Malignani di Udine, dove si diplomò nel 1941 perito aeronautico. A metà degli anni Quaranta, dopo il servizio militare prestato da ufficiale presso il genio aeronautico di Sesto Calende (Varese), risale la decisione di trasformare in possibile professione un’abilità manipolatoria che sarebbe potuta rimanere solo un diletto per pochi ammiratori. Per perfezionarsi e studiare i segreti della magia da scena, si trasferì dunque a Parigi, “ville lumière” per eccellenza nel settore, data la lunga e vitale tradizione nel teatro-cabaret, dagli anni Ottanta dell’Ottocento fino ai nuovi rinverditi fulgori del dopoguerra, tra “boîte” da lungosenna e spettacoli di varietà. Lì M. entrò a far parte dell’Association Française des Artistes Prestidigitateurs (AFAP), del cui presidente, Jules Dhotel, medico, poeta e prestigiatore, autorità riconosciuta dell’ambiente, divenne amico e collaboratore. ... leggi Dopo il prestigioso riconoscimento mondiale, la vita artistica di M., osannato dalla stampa internazionale e conteso dai teatri, proseguì ancora per vent’anni, con esibizioni nei più rinomati locali di spettacolo d’Europa: Lido di Parigi, Tabarin di Losanna, Casino di Beirut, Open Gate Club di Londra, Casina delle Rose di Roma. Impeccabile, elegante, garbato, un concentrato di bravura e di classe, M. spiccava e incantava per la destrezza dinamica delle mani, abilissime e addestrate, che in “numeri” veloci di un quarto d’ora, ottenevano effetti stupefacenti con pochi attrezzi e piccoli oggetti, foulard, monete, carte da poker, palline. Era l’esatto contrario della “grande magia”, esaltata da opulenze scenografiche, riempitivi musicali e incombenti mercificazioni. E fu forse per coerenza al suo stile minimalista e glamour o per altre ragioni più recondite (intuizione del mutare del gusto e della crisi incipiente del settore, o anche delusione per quell’ambiente esclusivo della magia che, dice il collega Tony Binarelli, «non lo aveva riconosciuto come uno dei suoi massimi esponenti») che questo «principe» (Pierre Edernac) del “close-up” in frac decise di smettere nel 1971, anno in cui diede l’addio definitivo, proprio a San Daniele, con l’ultima replica dello Spettacolo d’arte magica che in due ore condensava tutti i giochi della sua carriera. Nella cittadina natale, dove poi si ritirò e morì (20 giugno 2007), si dedicò all’insegnamento di materie tecniche all’Istituto professionale, approfondì una sua personale ricerca filosofica e spirituale e, quanto al teatro, mantenne un qualche filo di contatto solo tramite la collaborazione al Gruppo d’arte drammatica Quintino Ronchi, diretto da Gianfranco Milillo e tuttora attivo. Questa figura affascinante, schiva e misteriosa viene ora valorizzata dal Progetto Denis Moroso (fondatori Edwin e il sandanielese Paolo Nikli) che si prefigge di far conoscere il settore teatrale illusionistico attraverso la diffusione della cultura e della storia ad esso legate, progetto già suggellato da una mostra nel 2008, ora itinerante, e dalla pubblicazione nel 2010 del volume Denis Moroso. L’arte dell’illusione.
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