MOTTENSE LIBERALE

MOTTENSE LIBERALE (1591 - 1665)

accademico, poeta

Nacque a Pordenone il 4 novembre 1591 da Luigi giureconsulto (morto il 27 giugno 1617) e da Silvia Turra, mancata pochi mesi dopo il 17 novembre 1617 nell’abitazione di Davide Frattina. Onorò la memoria dei due genitori con due sonetti «in morte» («Cara mia fida cetra…» e «O dolce madre…»). Del vuoto e del dolore inconsolabile creato in lui dalla perdita del padre parla con accorata umanità in una lettera a Ciro di Pers dell’8 luglio 1617. Fu socio dell’Accademia degli Sventati sorta nel 1606 nella casa del conte Alfonso Antonini. Il M. si firmava: «Incognito, Sventato et Obscuro Accademico». Fu iscritto, infatti, anche all’Accademia degli Incogniti di Venezia, fondata nel 1630 da Giovanni Francesco Loredan, figura assai discussa, superficiale e troppo interessata al successo. I suoi contributi per questa Accademia comparvero nella raccolta delle Novelle amorose dei signori accademici Incogniti a partire dall’ultima edizione del 1651 (vi concorse con due novelle). Fece parte dell’Accademia degli Oscuri di Pordenone, costituitasi nel 1653 su iniziativa di Giovanni Lucio Ricchieri conte di Sedrano. Non conosciamo la data di morte, ma è arguibile che sia avvenuta intorno al 1665. Il periodo della maturità del M. coincise con le vicende della guerra dei Trent’anni (1618-48) e con quella di Gradisca combattuta da una «stanca» Venezia in Friuli contro l’Austria dal 1615 al 1617. Nel 1645 vide l’invasione dei Turchi e conobbe le epidemie gravi del 1630 e del 1657. Alcuni suoi componimenti celebrarono personalità civili e politiche che ai suoi occhi apparivano un baluardo contro conflitti e sciagure che investirono il Friuli all’epoca. ... leggi La risoluzione di riunire in un corpus le sue poesie fu presa, probabilmente, nel febbraio 1655, come si può ricavare dal manoscritto conservato nella Biblioteca Marciana. La raccolta è piuttosto cospicua, ma è rimasta inedita. È costituita da sonetti, canzoni, madrigali d’argomento amoroso, religioso ed encomiastico secondo una suddivisione che potrebbe essere stata suggerita dal modello del Tasso. Nelle liriche del suo canzoniere il M. ha sperimentato le forme assai diffuse dell’imitazione del Petrarca e del Marino, ma in modi e toni non totalmente convenzionali e artificiosi. Tornano ripetutamente i temi consueti della poesia barocca e hanno rilievo alcuni madrigali ingegnosi e studiati secondo la tecnica verbale dell’anagramma. Si colgono qua e là echi di Dante (Vita Nuova e Commedia) e non mancano riferimenti biblici e ai classici (Virgilio, Ovidio e Catullo). Deve essere stato un affezionato lettore del Pastor fido del Guarini, le cui «carte felici avventurose» elevò a simbolo dell’amore. La sua esperienza poetica ricevette senz’altro forza dalla vena più aperta e profonda di Ciro di Pers, «l’onor del Pindo», e suo modello tra i poeti contemporanei, che furono anche suoi corrispondenti: Giuseppe Salomoni, Pietro e Giovanni Pomo, Pietro Michiele, Aurelio Amalteo, Antonio Muscettola, Marcello Macedonio, Giovan Leone Sempronio, Scipione Caetano, Alessandro Berardelli e lo storiografo Faustino Moisesso autore di una storia della guerra di Gradisca (1623). Il legame particolare con Ciro di Pers è dimostrato bene dal fatto che due suoi componimenti sono entrati a far parte della tradizione dell’opera dell’amico poeta più famoso. Alludiamo al sonetto la Bella donna che sudava nel confessarsi (inc. «Pentita no, ma negl’error confusa») e la Bella penitente (inc. «Sotto il cener del manto il foco acceso») – il Mottense era prete –, inviati a Ciro di Pers per essere, forse, rielaborati, e poi confluiti nel manoscritto Guarneriano 255 di San Daniele del Friuli (cc. 52-53), allestito da Giusto Fontanini e comprensivo anche di tre epistole del M. La natura confidenziale dei rapporti con Ciro di Pers è testimoniata in modo nitido dal sonetto Nicea del 1636, inviato all’amico che si trovava a Venezia ed era all’oscuro della morte, appunto, di Nicea, ossia Teodolea di Colloredo da lui amata pur essendo promessa sposa del nobile Carlo di Montereale. Potrebbe essere stato un suo lontano antenato quel Francesco Mottense «uomo eloquentissimo e dotto», a detta del Liruti, e maestro di scuola, del quale si ha qualche notizia grazie ad alcune lettere del conte Iacopo di Porcia. Questi afferma di averlo avuto come maestro all’età di diciotto anni (1503). Non conosciamo l’anno di nascita né di morte. Sappiamo che proveniva da Motta di Livenza e che prese casa a Pordenone. Il Porcia si rivolge a lui con il titolo di «Reverendo» e ci informa che fu vicario del vescovo di Concordia e “Giudice delle liti”. Il che fa supporre che F. M. si sia laureato in diritto canonico, forse a Padova, anche se gli Acta sono muti. Sempre la fonte del Porcia lo indica con l’incarico di oratore presso la curia romana per conto della sede episcopale di Concordia. Quivi divenne canonico del duomo. Le sue capacità diplomatiche dovettero essere apprezzate anche dall’ambasciatore veneziano Girolamo Lion.

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Bibliografia

ADP, Registro delle nascite e delle morti; mss BGSD, 255 (già Fontanini LXXI), Varie lettere, risposte, poesie e altri originali del cavaliere fra’ Ciro di Pers e altri, c. 33 (tre lettere a Ciro di Pers, 8 luglio 1617, 7 maggio 1629, 21 dicembre 1652) e cc. 52-53; ivi, 268, Prose manoscritte del Pers (cinque lettere di Ciro di Pers al M. secondo la seguente successione cronologica: 15 agosto 1629, 1 gennaio 1637, 7 dicembre 1653, 18 marzo 1635, 10 maggio 1637); ms BCU, Principale, 465, cc. 177-181 (lettere a Ciro di Pers); ms BNMV, It., IX 258 (= 7555, già di A. Zeno, autografo), Poesie di L. M. da Pordenone.
Opus IACOBI Comitis PURLILIARUM Epistolarum familiarum, s.n.l.t., [1505? ma forse post 1519]. Poemi latini, et volgari di diversi illustri autori in lode dell’ill.mo sig. Michele Foscarini […], Udine, Pietro Lorio, 1613, 3v; Componimenti volgari, et latini di diversi illustri autori in lode de l’illustrissimo sig.r Vicenzo Capello […], raccolti, et mandati in luce da Goffredo Sabbadini udinese, Udine, Lorio, 1615, 74; Componimenti in lode dell’illustris. signor Bertucci Contarini […], Udine, Pietro Lorio, 1619, cc. A4r-B2r, B2r-v; Corona di compositioni, volgari e latine fatte nella partenza dell’illustrissimo et eccellentissimo Gio. Francesco Pisani, Udine, Schiratti, 1651, 37; Antologia ovvero raccolta di fiori poetici, in morte del molto illustre et eccellentissimo signor Tiziano Vecellio da Cadore, Venezia, Evangelista Deuchino, 1622, 70-71; Novelle amorose, in Novelle amorose dei signori accademici Incogniti, Venezia, Guerigli, 1651, I, 106-116, II, 55-64; G. GUACCIMANNI, Raccolta di sonetti d’autori diversi ed eccellenti della nostra età, Ravenna, de Paoli e Giovannelli, 1623, 116-118.
G. BRUSONI - G.F. LOREDANO, Le glorie degli Incogniti overo gli uomini illustri dell’Accademia de’ signori Incogniti di Venezia, Venezia, Valvasense, 1647; LIRUTI, Notizie delle vite, I, 407-411; CIRO DI PERS, Poesie, a cura di M. RAK, Torino, Einaudi, 1978, 378-379; G. AUZZAS, Le nuove esperienze della narrativa: il romanzo, in Storia della cultura veneta. Il Seicento, 4/I, a cura di G. ARNALDI - M. PASTORE STOCCHI, Vicenza, Neri Pozza, 1983, 249-295, 257; L. CARPANÉ, La tradizione manoscritta e a stampa delle poesie di Ciro di Pers, Milano, Guerini, 1997, 39, 132-133, 139; Q. MARINI, La fine del Cinquecento e il Seicento, in Storia della letteratura italiana, diretta da E. MALATO, Roma, Salerno Ed., 1997, 293; F. PEDRON, L. M. poeta, t.l., Università degli studi di Udine, Facoltà di lettere e filosofia, a.a. 1998-1999.

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