Nome noto tra gli irredentisti friulani, fu attivo fino all’ascesa del fascismo. Per storia familiare era legato sia a Trieste, dove nacque nel 1875, sia a Udine e al Friuli, dove trascorse periodi significativi a partire dall’adolescenza. Il padre Giusto fu il fervente garibaldino (tra i settanta di villa Glori) e irredentista che, stabilitosi a Udine dopo l’attentato di Guglielmo Oberdan, continuò qui, diffondendola, l’opera cospiratrice, facendosi intermediario con l’irredentismo segreto giuliano. M. crebbe, con il fratello Gracco, in questo ambiente e a Udine compì gli studi classici, per poi laurearsi in giurisprudenza a Bologna. Iniziò il tirocinio legale nella città di origine, presso lo studio di Felice Venezian, amico fraterno del padre. Proprio al Venezian, a Riccardo Pitteri e al proprio padre, M. afferma di dovere la formazione del carattere e dei sentimenti. Su tale formazione influì anche il rapporto con il Friuli contadino, conosciuto e vissuto nei periodi di vacanza a Tricesimo (ininterrotti dal 1882 al 1900) e di permanenza a Sagrado nella settecentesca villa Torriani (per i tre anni che precedettero la grande guerra). Nell’imminenza del conflitto, M. si trasferì con la famiglia a Roma, dove ebbe un incarico in seno alla Commissione centrale di patronato tra i fuoriusciti adriatici e trentini, e dove collaborò con l’Unione economica nazionale per le nuove Provincie, redigendo tra l’altro uno studio (inedito) sul patrimonio storico e bibliografico del Friuli orientale per la Commissione delle opere storiche e d’arte. Dopo Caporetto fu chiamato dall’Alto commissariato dei profughi di guerra a stendere una relazione sui rifugiati a Firenze. A conflitto concluso M. fu tra i primi a sbarcare a Trieste, inserendosi immediatamente nella nuova vita politica della città, fedele all’irredentismo e all’idea nazionalista, che informarono anche la lunga presidenza del comitato triestino della Società Dante Alighieri, retta dal 1922 al 1936 (anche quando, dal 1932, la Società fu incorporata nei quadri del regime). Costretto a interrompere, per problemi di salute, una instancabile attività, M. morì a Trieste l’anno successivo, il 23 aprile 1937. Nella città natale presiedette anche la Biblioteca civica dei Musei di storia e d’arte, del Risorgimento e la Società di Minerva. ... leggi All’opera indirettamente politica di M., si affiancò l’impegno dello studio (che seguì interessi storici e linguistici) e quello letterario, avviato nei primi anni del secolo, alternativamente in italiano e in friulano. Una bibliografia si ricava dalla commemorazione di B. Coceani (prefetto di Monfalcone sotto il fascismo e di Trieste durante l’occupazione nazista). Il poemetto La morte di Ippolito Nievo (1907) evoca il culto per lo scrittore e palesa la linea carducciana. Il fascino delle antiche glorie di Venezia è centrale ne La Dominante (1914), novella, dedicata a Riccardo Pitteri, in versi formalmente controllati nei toni ottocenteschi, memori a tratti della sensibilità linguistica di Pascoli. Di fronte a questa scrittura «aristocratica» B. Chiurlo, presentando i Versi friulani (1924), manifesta stupore per la capacità di passare dalla poesia italiana «classicamente composta» alla «friulana semplicità», e ne riconosce il valore come fedele continuatore della linea di Zorutti. I Versi palesano l’adesione al modello (rima facile e ritmi cantilenanti, temi popolari, brevi racconti, faceti dialoghi in versi) e, in termini di maniera, al Friuli paesano e alla disimpegnata compagnia degli anni giovanili («Co viôt là dal Ciars la mont Cianine / che mi par di tociale cu lis mans, / ’o sint come une vôs che mi busine, / che mi fevele dai amìs furlans; // che fevele al gno cûr cidin’ cidine / di sagris, di ligriis dai timps lontans, / di oseladis lassù cu la coline, / di ciants, di morosez, di vins nostrans» [Quando vedo là dal Carso il monte Canin / che mi pare di toccarlo con le mani, / sento una voce che mi sussurra, / che mi parla degli amici friulani; // che parla al mio cuore calmo silenziosa / di sagre, di allegrie dei tempi lontani, / di uccellagioni lassù sulla collina, / di canti, di amoreggiamenti, di vini nostrani]). Accanto al ritratto paesano balenano il tema della guerra (XXIV di Mai [XXIV Maggio], I muarts di San Pieri [I morti di San Pietro]), della fragilità umana (La fuee [La foglia]), del paesaggio friulano e della modernità cittadina (Se al tornàs in chest mont Pieri Zorut [Se tornasse in questo mondo Pietro Zorutti]). Nel sonetto Afârs di Parnâs [Affari di Parnaso] M. riassume la storia della poesia friulana ponendo tradizionalmente all’apice Zorutti e la Filologica, a cui aderì dalle origini e sulle riviste della quale (oltre che su altri periodici friulani) furono ospitati i suoi scritti. Di M. la Società premiò nel 1931 Il cjant di Aquilee [Il canto di Aquileia], sei quartine di villotta, senza fremiti, a glorificazione della storia friulana, presentate al concorso per il primo decennale dei militi ignoti e il nono centenario della basilica.
ChiudiBibliografia
La morte di Ippolito Nievo, Udine, Del Bianco, 1907; La dominante, Milano, F.lli Treves, 1914; Vecchio Friuli. Spigolature storico letterarie, Trieste, C.U. Trani, 1921; Une cjaminade in montagne, Trieste, Tip. del Lloyd, 1922; Afàrs di Parnâs, Ai finide la cure, «Rivista della Società filologica friulana», 4/4 (1923), 156-157; I precursori. Documenti riguardanti tre punti di storia dell’Irredentismo, Trieste, C.U. Trani, 1923; Versi friulani, sotto gli auspici della SFF, Trieste, Lloyd, 1924; La massàrie di pre Checo, Trad. e note a cura di U. PELLIS, «Rivista della Società filologica friulana», 5/1 (1924), 37-41; Cenni sugli alloglotti delle provincie orientali di confine, «Le pagine della Dante», 38/2 (1928); Il ciant di Aquilee, musica di C. Conti, «Ce fastu?», 8/1-2 (1931), 34-37; Il ciant di Aquilee, musica di A. C. Seghizzi, partitura, ibid., 8/3-4 (1931), 76-79; Il ciant di Aquilee, musica di E. Stabile, ibid., 8/5-6 (1931); 136-138.
DBF, 554; «La Panarie», 13/76 (1937), 284-285; B. COCEANI, Spartaco Muratti nel primo anniversario della morte 23 aprile 1938, «La Porta orientale», 8/5-6 (1938), 202-220; G. COSTANTINI, Uomini ragguardevoli di Tricesimo e Cassaco (esclusi i viventi), «Ce fastu?», 15/4 (1939), 214-217; Mezzo secolo di cultura, 181-182; D’ARONCO, Nuova antologia, II, 220.
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