Nacque a Sorzento (Sarženta), nelle Valli del Natisone, il 21 novembre 1864 da Antonio, contadino, e Teresa Tomasetig, casalinga. Alla conclusione delle superiori, portate a termine in seminario, si iscrisse alla Facoltà di lettere a Padova, dove insegnava geografia Giovanni Marinelli. Si laureò nel 1888. Insegnò al Ginnasio di Ceva (Cuneo), all’Istituto commerciale di Palermo, infine dal 1892 all’Istituto tecnico Antonio Zanon di Udine. Avviò nello stesso anno la collaborazione con la «Geografia per tutti» di Arcangelo Ghisleri, quindi con «In Alto», la rivista della Società alpina friulana, seguendo le puntuali indicazioni di Marinelli. Dal 1894 al 1902 fu sindaco di San Pietro al Natisone, riconoscendo la militanza politica come dovere civile. Nel 1897 sposò Emilia Vellischig e fissò la sua residenza a Sanguarzo (Cividale). Negli stessi anni, da una costola della Società alpina friulana, fondò con Olinto Marinelli e Arrigo Lorenzi, per citare soltanto i geografi maggiori, il Circolo speleologico e idrologico friulano, impostando e dirigendo dal 1904 «Mondo sotterraneo», prestigiosa rivista di carattere non soltanto regionale. Ottenuta la libera docenza all’Università di Padova nel 1902, vinse la cattedra di geografia all’Università di Palermo nel 1915, ma non accettò l’incarico. La rinuncia all’insegnamento universitario ebbe più motivazioni, tra cui – causa non secondaria – l’essere stato eletto consigliere provinciale, carica che mantenne dal 1914 al 1923. Durante la guerra difese i diritti dei civili contro i soprusi dei militari e, pur profugo a Firenze, nel 1917, riuscì a pubblicare «Mondo Sotterraneo». Ritornato a Udine, illustrò con la consueta accuratezza i danni di guerra subiti dalla provincia friulana. ... leggi Sul piano politico non contrastò il fascismo, ma, pur aderendo al Blocco, mantenne atteggiamenti liberali ben distinti. Nel 1923 organizzò e diresse, come preside e professore di storia e filosofia, il nuovo Liceo scientifico udinese, che intitolò a Giovanni Marinelli. Aveva già ottenuto di ritornare come preside all’Istituto Antonio Zanon – pur ormai privato della sua importanza di centro di cultura tecnica e scientifica dalla riforma Gentile – quando il 10 ottobre 1926 morì, nello stesso anno di Giuseppe Ricchieri e Olinto Marinelli, a sessantadue anni. La figura di M. è piuttosto complessa. Le grandi qualità della sua produzione geografica sono state spesso misconosciute o alterate da giudizi a volte frettolosi o parziali. L’osservazione di Ilaria Caraci, secondo la quale «da un punto di vista scientifico gli interessi del geografo friulano non varcarono i confini della ‘piccola patria’», oggi sembra ingiustificata. È vero che M. coltivò la geografia del “vicino” con assoluta cura, ma è anche vero che a livello di geografia umana seppe inquadrare i problemi degli “alloglotti”, cioè degli sloveni in Italia, nell’ampio contesto del mondo slavo e della penisola balcanica, valutando prima e dopo la guerra mondiale condizioni geostoriche e generali assetti politici dei Paesi che li componevano. Del resto, Roberto Almagià, collega e amico di M., in proposito era già stato esplicito: di molti problemi etnografici e antropogeografici della Balcania «egli fu tra noi il miglior conoscitore». Sandra Puccini, a proposito di antropologia fascista e penisola balcanica, osserva che M. ne La Jugoslavia (1923) avrebbe ripresentato «in modo sostanzialmente acritico le concezioni razziali che erano state tipiche del versante medico-biologico degli studi antropologici del secondo Ottocento». Il giudizio si appunta sul breve capitolo, quattro pagine scarse, di La Jugoslavia, intitolato Cenni antropologici, nel quale M., in forma indiretta e usando regolarmente il condizionale, riferisce le misure di crani e le stature degli slavi in questione. Immaginare che le successive riflessioni su caratteri psichici e modi di vita, allineate con le puntuali indagini di Jovan Cvijic, possano essere utilizzate da antropologie fasciste in senso xenofobo, contraddice il senso di un testo, tra i pochissimi in Europa e soprattutto in Italia, equilibrato e direttamente informato. Maria Paola Pagnini rileva come M. «a volte» ignori il sociale, quando, per esempio, nel 1904 tratta la questione migratoria «nelle sue cause più generali, specialmente in quanto determinata da cause geografiche». Nel caso, l’adesione all’antropogeografia ratzeliana e al determinismo che la caratterizzerebbe verrebbe a occultare l’impegno civile, che invece è dimostrato apertamente dall’intervento al convegno nazionale sull’emigrazione temporanea del 1903 a Udine. Se si considerano la produzione scientifica e l’attività politica di M. nella loro totalità, il cardine è nell’idea di patria: lo stabilirsi delle singole patrie in Stati-nazione verrebbe a essere solo un gradino per la patria universale dell’umanità. Questo cosmopolitismo di origine risorgimentale, pur rimeditato nella Slavia friulana, deriva in larga misura dalla tradizione liberale e radicale consolidata dal maestro Giovanni Marinelli. L’indagine sul terreno e la verifica costante delle proprie asserzioni sono altri caratteri distintivi della scuola che maturò nella Società alpina, che egli assimilò e ripropose a sua volta. La produzione di M. può dividersi in tre momenti. Il primo, che si conclude con la morte di Giovanni Marinelli, comprende una quarantina di scritti. «Geografia per tutti», «In Alto», «Pagine friulane», gli «Atti dell’Accademia di Udine» accolgono i primi scritti incentrati sull’elemento slavo in Friuli. Sono ricerche condotte secondo lo stile delle peregrinazioni scientifiche di Olinto Marinelli, lavori di cui vengono sottolineate originalità e attualità nella recente riedizione, a cura di Paolo Petrigig e Lara Dugaro, del testo Tra gli Sloveni di Montefosca (1898). L’intervento al congresso geografico di Firenze (1899), dove si parla Dei progressi dello slavismo e della necessità di seriamente studiarlo anche in Italia, consacra M. come lo specialista di questioni balcaniche tra i geografi italiani, come fonte autorevole di diretta informazione. I testi più importanti del periodo non sono tuttavia strettamente geografici, ma vertono invece Sulle incursioni dei Turchi in Friuli (1890-1894), edizione di fonti e ricostruzione della storia delle incursioni turchesche. M. si muove bene anche tra gli archivi: Giuseppe Trebbi (2004) riconosce la serietà di questi saggi, che giudica fonti attendibili. Il secondo momento della produzione di M. si spinge fino al 1915 ed è caratterizzato dall’organizzazione e direzione del Circolo speleologico, dalla cura di «Mondo Sotterraneo» in specie, dalla partecipazione all’attività culturale della città di Udine tramite l’Accademia di scienze, lettere e arti e l’Istituto tecnico Antonio Zanon. Del periodo va segnalato un testo dove la ricerca storica è essenziale, Udine dalle origini al principio del sec. XIX (1915), tanto che Francesco Tentori nel 1983 ritiene M. il primo e forse il più acuto geografo urbano che si sia occupato di Udine. Importante resta la collaborazione alla Guida delle Prealpi Giulie, edita nel 1912 dalla Società alpina friulana a cura di Olinto Marinelli. Di fatto M. tratta tutte le questioni antropogeografiche discutendo demografia, differenze etniche tra slavi e friulani, condizioni agricole e commerciali, vie e mezzi di comunicazione dell’area in questione, inserendo di regola la conoscenza diretta dei luoghi nell’ampia cornice dell’economia nazionale e mondiale. La riduzione delle distanze e la novità dell’emigrazione transoceanica, divenuta nel nuovo secolo anch’essa temporanea, confermano così da altra angolatura, cioè dalla nuova fase della mondializzazione dell’economia, il cosmopolitismo kantiano che nell’elogio funebre di Giovanni Marinelli egli aveva già riformulato. Sempre secondo questa apertura mentale, che non esclude l’adesione talvolta ancora rigida a schemi ratzeliani, per esempio a proposito della Influenza del carsismo sulla vita pastorale nel bacino medio del Natisone (1913), sono quindi descritti e suddivisi gli sloveni del Friuli: resiani, slavi del Torre, del Natisone, del Judrio. Nessuna traccia di gerarchia etnica può essere rinvenuta in un discorso sempre documentato che si inserisce a fianco dei ragionamenti di Olinto Marinelli, Giuseppe Feruglio, Michele Gortani, Arrigo Lorenzi e Pier Silverio Leicht. Con l’eccezione di quest’ultimo, si tratta di geografi che hanno preferito nell’occasione trattare temi naturalistici quale necessaria premessa per l’illustrazione delle condizioni civili. L’intesa con M., cui fu affidato questo compito, si fonda sulla collaborazione costante, ma soprattutto sul fatto che il gruppo considera le scienze del territorio e le relative corografie non fini a se stesse, ma dovere sociale, servizio alla comunità, così che inventario e usi delle risorse sono parti dello stesso discorso. Per questa stessa ragione accanto agli scritti demografici M. descrive Il lago di S. Daniele del Friuli (1906-1907) e ragiona su Le fonti e l’acquedotto della Poiana (1912), riferisce la Gita speleologico-scolastica alla Grotta di San Giovanni (1906) e illustra L’opera di E. A. Martel e la geografia sotterranea (1912). Peso sociale della ricerca e doveri pedagogici confermano i valori della scuola impostata da Giovanni Marinelli, rinsaldano fino alla grande guerra le sinergie tra istituti scolastici, Accademia udinese, Società alpina, Circolo speleologico. Il terzo momento dell’attività di M. è invece incentrato quasi esclusivamente su problemi politici in senso stretto. M. come consigliere provinciale si batteva per ridurre i disagi della guerra derivanti dalla presenza dell’esercito; al ritorno dalla profuganza valutò i danni subiti da La provincia di Udine e l’invasione nemica (1919); si interrogava quindi se Raggiunse la guerra mondiale, i fini che l’umanità se l’aspettava? (1920) e all’Università di Padova pose con chiarezza il problema dei rapporti tra Jugoslavia e Italia (1922). L’eredità risorgimentale e la distanza dal fascismo sono evidenti quando riconosce come gli slavi costituiscano finalmente «una magnifica costellazione di stati, quali la Polonia, la Cecoslovacchia, la Jugoslavia, la Russia», quando sostiene la necessità di imparare a conoscere la Jugoslavia, con cui l’Italia confina, albergando nei suoi territori un rilevante numero di jugoslavi, quando invoca moderazione, equità, conciliazione per le questioni che ancora ci dividono. Significativamente riprende le parole che già aveva pronunciato commemorando Giovanni Marinelli circa i danni del nazionalismo e «la necessità della conoscenza precisa, sapiente, oculata» delle realtà statali e dei loro continui mutamenti.
ChiudiBibliografia
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