Nacque a Pordenone nel 1558 da Paolo di professione sarto, forse proveniente da Narvesa. La prima traccia documentaria che lo riguarda è una delibera del 1574 del consiglio di Pordenone che gli assegna un modesto sussidio perché possa formarsi come pittore, atto che sarà replicato nel 1579, per consentirgli di apprendere l’arte al di fuori della città. Da simili notizie apprendiamo, oltre alle modeste condizioni familiari, che il N. fino quasi all’età di vent’anni aveva avuto esclusivamente maestri locali, comunque mai citati, probabilmente di poco rilievo ed è dubbio che in seguito ai benefici ottenuti sia riuscito a recarsi a Venezia. Tuttavia, egli riuscì a staccarsi da quel pordenonismo di maniera che caratterizzava l’ambiente artistico della Destra Tagliamento e nella sua opera si possono leggere elementi provenienti soprattutto dal Veronese, forse recepiti attraverso l’attività a Sacile di Francesco Montemezzano, allievo del Caliari (e Latisana dal 1567 ospitava una pala del grande maestro veneto), sul quale in seguito innestò suggestioni dedotte da Iacopo Tintoretto e Palma il Giovane. Nel 1585 il N. trasferì la residenza a Spilimbergo dove prese moglie e si spense nel 1639. In quella cittadina, nella chiesa di S. Giovanni dei Battuti, si trova la sua prima opera certa, una Visitazione del 1588, dall’impianto compositivo semplice e solido, che vede la scena ambientata in uno spazio aperto con una quinta architettonica alla destra. Ben più complessa e articolata risulta l’impaginazione della pala presente nella parrocchiale di Domanins, raffigurante San Valentino che benedice i devoti e la processione della confraternita, datata 1595, una delle migliori realizzazioni del N., in cui le figure dai colori vivi sono inserite all’interno di una luminosa chiesa e impostate dinamicamente lungo la diagonale. ... leggi Agli ultimi anni del Cinquecento va datata anche la Santissima Trinità con la Madonna in gloria, santi e la figlia del pittore, ora a S. Maria dei Battuti di Valeriano. Dello stesso periodo è la Santissima Trinità con i santi Valentino, Floriano Urbano [?] e devoti, ora nella parrocchiale di Cordenons, che spicca per la suggestiva figura dell’indemoniata in primo piano e per i colori squillanti di matrice veronesiana (al dipinto sono stati incongruamente aggiunti nel XIX secolo quattro gradini alla base). Firmata a datata 1597 è la pala con i Santi Andrea, Mattia e Gerolamo ora nella parrocchiale di Mels. All’inizio del Seicento si collocano invece la pala raffigurante San Gottardo [?] in gloria e i santi Valentino, Daniele, Floriano e Bernardino da Siena, in S. Giovanni Battista a Malnisio di Montereale Valcellina, una delle migliori realizzazioni del periodo, cui seguono lo Sposalizio mistico di Santa Caterina, ora nella chiesa della Madonna del Monte a Marsure di Aviano, la pala con i Santi Antonio abate, Pietro e Agata nella parrocchiale di Basaldella di Vivaro e i Santi Floriano e Valentino in S. Nicolò di Sequals. Accenni nordici, forse legati a Pozzoserrato, si leggono nel paesaggio che fa da sfondo all’intenso Crocifisso nella parrocchiale di Baseglia, dei primi anni del XVII secolo. Datate 1608 sono due pale nella parrocchiale di San Leonardo di Campagna, dedicate alla Madonna in gloria con santa Caterina, santa Lucia, san Francesco e un santo papa e la Santissima Trinità tra i santi Osvaldo, Valentino, Rocco e Antonio abate. L’opera forse di maggiore impegno e difficoltà risulta la grande pala per la chiesa della Santissima Trinità a Pordenone, del 1611, ora nel Museo civico d’arte di Pordenone, che illustra la Santissima Trinità con la Madonna in gloria, la cacciata dei demoni e l’adorazione dell’Eucarestia da parte della confraternita (il dipinto era stato commesso dalla confraternita Rossa), in cui il N. riesce a raccordare la zona inferiore, dedicata ai confratelli, con quella superiore del dipinto, riservata alle figure divine. A partire dal secondo decennio del Seicento le tele del N. sembrano perdere la vivezza cromatica e l’equilibrio compositivo, legati al mondo veronesiano, che costituivano gli elementi di maggiore attrattiva della sua arte, in favore di una cupezza e di un irrigidimento forse frutto delle nuove tendenze provenienti dal mondo veneto (Palma il Giovane e i Bassano), oltre che di una progressiva stanchezza creativa. Esempi di tale propensione si ritrovano nel Cristo in Croce tra la Vergine e san Giovanni e nella Discesa dello Spirito Santo nella chiesa di S. Pantaleone a Spilimbergo e in particolar modo nella Pietà con i santi Urbano, Agostino, Girolamo e Silvestro nella parrocchiale di Basaldella di Vivaro, datata 1616. All’anno successivo va collocata la Madonna del Rosario nella parrocchiale di Aviano, dall’iconografia inconsueta, che enfatizza il quindicesimo mistero in un tondo centrale. Sempre ai misteri del Rosario è legata la decorazione che il pittore esegue nel 1626-27, insieme alla lunetta con la Madonna del Rosario con il Bambino e san Domenico, per far da cornice alla Visitazione di Giovanni Martini (1503) nel duomo di Spilimbergo. Al quarto decennio appartengono la Madonna con il Bambino in gloria con san Giorgio che uccide il drago, nella chiesa di S. Giorgio a Pordenone, il San Carlo Borromeo tra i santi Antonio abate e Floriano nella parrocchiale di Prata e il Martirio di due sante nel duomo di Spilimbergo, forse la sua ultima opera, rimasta in parte incompiuta a causa della morte. Oltre all’intensa attività come pittore di cavalletto il N. era noto anche per la sua perizia nella tecnica dell’affresco, di cui però ci restano pochissime testimonianze, come il frammento che mostra il Cristo crocifisso tra i santi Severo e Francesco nella cosiddetta Torre orientale a Spilimbergo.
ChiudiBibliografia
C. RIDOLFI, Le Maraviglie dell’arte, Venezia 1648, edizione a cura di D. VON HALDEN, Berlin, Grote’sche Verlagsbuchhandlung, 1914-1924, I, 136; I. FURLAN, Profilo del pittore Gasparo Narvesa a quattrocent’anni dalla nascita, «Il Noncello», 11 (1958), 51-84; P. GOI, Appunti per il Narvesa, «La Panarie», 6 (1973/4), 26-32; Gasparo Narvesa (1558-1639). Catalogo della mostra (Pordenone, 22 dicembre 1974-12 aprile 1975), a cura di L. MENEGAZZI, Pordenone, Comune di Pordenone, 1974; R. PALLUCCHINI, La pittura veneziana del Seicento, Milano, Electa, 1981 (ristampa, 1993), 72-73; P. GOI, Pittura e scultura dal 1584 al 1984, in Il Duomo di Spilimbergo 1284-1984, a cura di C. FURLAN - I. ZANNIER, Spilimbergo, Comune di Spilimbergo, 1985, 239-240; ID., scheda, in Floriano. Ponte di arte e fede tra i popoli d’Europa. Catalogo della mostra (Illegio, 30 aprile-30 settembre 2004), a cura di G. BERGAMINI - A. GERETTI, Milano, Skira, 2004, 152-153.
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