Nato a Muzzana del Turgnano (Udine) nel 1920, dopo gli studi presso un collegio toscano, intraprese la professione di insegnante elementare e la esercitò in diverse località del Friuli. Durante il secondo conflitto mondiale fu attivo nella Resistenza con le formazioni osovane, e in tale esperienza, segnata dalla prigionia e dalla violenza sofferta, è verosimilmente radicata la sua concezione di scrittura come testimonianza e come impegno motivato innanzitutto dalla passione intellettuale. Nel dopoguerra partecipò al movimento “Risultive” per una “letteratura nazionale” friulana e, nell’ambito di quell’indirizzo letterario, l’operosità di N. si rivolse principalmente al rinnovamento del teatro, genere da lui incrementato con una produzione cospicua, soprattutto di commedie. Lo scarto più evidente rispetto al passato è segnato dal passaggio dai temi intimi della vita privata alle istanze sociali della vita pubblica; il mondo interiore e il pensiero dell’autore non fungono più da rassicurante luogo di evasione, ma prorompono dalla scena in modo provocatorio e stimolante. Tra i titoli mette conto ricordare La cjase [La casa] (tre atti e un quadro composti nel 1962, Udine, 1966), opera di impianto ancora tradizionale che si conclude con il suicidio del protagonista tra le fiamme dell’abitazione espropriatagli e da lui stesso incendiata; Plomp e nivèl [Filo a piombo e livello] (un atto e un quadro composti nel 1974, Udine, 1975), dove il teatro nel teatro diviene strumento per smascherare le menzogne sociali e le dinamiche non più armoniose di una comunità paesana; Joane (del 1975, in due parti, Udine, 1976), ricca di riferimenti alla contemporaneità più scottante (la mozione del clero friulano nel 1967, le lotte per l’Università del Friuli, l’affacciarsi dell’emancipazione femminile, gli scontri ideologici e il dibattito su aborto, contraccezione e divorzio); Il bunker (commedia in due momenti, Udine, 1980, tradotta anche in sloveno), che affronta il controverso tema degli espropri e delle servitù militari. ... leggi Nonostante il loro carattere pionieristico – almeno per quanto riguarda il secondo dopoguerra – e di rottura, si tratta di composizioni via via più mature, apprezzabili per i dialoghi sciolti e parsimoniosi, per la sceneggiatura dinamica e brillante, per la presenza di personaggi robusti e ben caratterizzati. N. guarda con particolare simpatia ai giovani, per il loro sforzo teso al miglioramento della società; agli intellettuali, che trovano nella cultura uno strumento di analisi critica e di confronto sociale; e infine alle donne, rese finalmente protagoniste anche nella trasmissione del messaggio etico, politico e sociale dell’autore. A queste categorie umane N. ricorre con convinzione per irrobustire sulla scena il filo del proprio pensiero, per tenere saldamente in mano le chiavi delle vicende umane rappresentate, per provocare l’inevitabile contraddittorio tra verità e menzogna, sopraffazione e giustizia, ribellione e rassegnazione. È in particolare nella donna che l’inventiva di N. si lascia andare, dando vita a una serie di personaggi centrali molto diversi tra loro ma ugualmente autonomi e carichi di passionalità e di coraggio. Emblematica, in questo senso, la figura di ’Gne Milie nell’omonimo lavoro (Udine, 1981) ambientato nel tragico frangente del terremoto del 1976; qui la figura femminile si fa poliedrica, riassume in sé molti dei tratti delle altre donne delle scene di N., fino a divenire personaggio simbolico, allegoria della resistenza e della testimonianza (e in quest’ottica andrà interpretata anche la figura della Vergine in Il misteri de crôs [Il mistero della croce], sacra rappresentazione pubblicata nel 1989). A fronte di un impegno notevolmente diverso, raggiungono esiti più problematici i drammi storici: Buje [Buia] (del 1970, in due parti, in collaborazione con Aurelio Cantoni, Udine, 1971), Strumîrs e zambarlàns [Strumieri e zambarlani] (del 1977, in due parti, Udine, 1978), e il più ampio Friûl! [Friuli!] (del 1983, dramma storico in due parti, Udine, 1985), che racconta le vicende del popolo friulano dalle origini alla contemporaneità. In questi lavori, strutturati come successioni di singoli quadri che tuttavia non perdono di vista la loro unitarietà, il ritmo si fa spesso incalzante, il movimento concitato, l’azione essenziale e talora patetica, ma l’articolazione di ambienti, scene e personaggi è sbrogliata con bravura. La sollecitudine più esplicitamente didattica si manifesta nella stesura, in collaborazione con Riedo Puppo, di alcune fiabe drammatizzate a uso delle scuole e pubblicate in «Sot la nape» fra 1974 e 1976: Tre sûrs [Tre sorelle], La sentènzie de regjne [La sentenza della regina], Blancje come la nêf [Bianca come la neve], Il re cjazzadôr [Il re cacciatore], Malategne [Malatigna], Lis tre ocjutis [Le tre paperette]; ma già nel 1969 era apparsa la fiaba Lis zariesis pe mari di San Pieri [Le ciliegie per la madre di san Pietro], musicata da Arbeno Bertoni. Nell’insieme, la scrittura di N. risponde in modo pertinente alla necessità di rinnovamento del teatro in friulano, da tempo paralizzato entro schemi bozzettistici o macchiettistici e inceppato nelle convenzioni di una visione oleografica o umoristica della realtà. In luogo di un Friuli «salt, onest, lavoradôr» [saldo, onesto, lavoratore], irrompono finalmente sul palcoscenico non soltanto le problematiche moderne, ma anche i turbamenti e i malesseri che in realtà hanno già incrinato il passato della regione. Tensioni politiche e sociali innervano questi testi, tutt’altro che alieni dal coinvolgimento ideologico, ma attenti a cogliere le ingiustizie, le sofferenze e i soprusi provocati in ogni tempo dal meccanismo del potere. Complementare all’apertura del ventaglio tematico è la ricerca formale, che amplia non soltanto il lessico e la flessibilità della sintassi, ma esplora strutture sperimentali nuove, cercando invenzioni sceniche e soluzioni drammaturgiche coerenti con una visione problematica della vita e del mondo. È ambizioso l’obiettivo che si coglie a monte di queste scelte: si tratta infatti di suscitare anche nel pubblico un atteggiamento critico adeguato alla complessità del Friuli di ogni tempo. A N. si devono anche alcuni racconti, già apparsi sullo «Strolic» e riuniti nel volume Ajar de Basse [Aria della bassa] (Udine, 1971), storie brevi che insistono su una ambientazione paesana conservando intenzionalmente un impianto tradizionale. Numerose opere sono state pubblicate dalla Società filologica friulana, mentre dall’attività nell’Istituto friulano per la storia del movimento di liberazione hanno origine alcuni studi storici. N., che ha collaborato anche con la Rai regionale, con Radio Onde Furlane (con il radiodramma La colpe [La colpa]), con il Teatro sperimentâl di Vile di Buje e con la Scuola di recitazione del comune di Udine, scomparve nel capoluogo friulano il 21 febbraio 1987.
ChiudiBibliografia
DBF, 565; CHIURLO, Antologia, 788-799; A. CICERI, [Recensione a] A. NEGRO, Ajar de Basse, «Sot la nape», 23/2 (1971), 114-115; Mezzo secolo di cultura Sup 1, 24; VIRGILI, La flôr, II, 294-302; Mezzo secolo di cultura Sup 2, 45; D’ARONCO, Nuova antologia, III, 185-193; Mezzo secolo di cultura Sup 3, 62; G. PITZALIS, Alviero Negro, «Sot la nape», 39/1 (1987), 81-82; M. MICHELUTTI, La donna nel teatro di Alviero Negro, ibid., 39/3 (1987), 95-98; Mezzo secolo di cultura Sup 4, 63; A. FELICE, Appunti sul teatro in friulano del secondo dopoguerra, «Sot la nape», 43/1 (1991), 57-67; EAD., La donna tra storia e mito nel teatro di Alviero Negro, «La Panarie», 27/105-106 (1995), 65-69.
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