Nacque a Milano il 30 giugno 1928 da Antonio e Saveria Nasalli Rocca. Era pronipote di Alessandro Nievo, fratello del grande Ippolito. Trascorse i primi anni in Friuli e quelli dell’adolescenza nell’Agro Pontino. Studiò a Roma dove conseguì la licenza liceale presso l’Istituto Massimo gestito dai gesuiti. Si iscrisse poi alla Facoltà romana di scienze naturali. Fortissimi erano i suoi interessi per la biologia e per la zoologia. Fin da bambino frequentava il giardino zoologico di Roma, attratto in particolare dalla fauna africana. Spirito avventuroso, desideroso di conoscere il mondo, viaggiò molto in Europa, quasi senza denaro, facendo lavori di ogni tipo per campare: fu mozzo su navi mercantili, scaricatore di porto, raccoglitore di frutta, lavapiatti, insegnante d’italiano. Negli anni Cinquanta partì per l’Africa come membro di una spedizione scientifica. Possedeva quello spirito di scoperta che animò tanti viaggiatori del secolo XIX, i quali spesso appartenevano a nobili famiglie, come Pietro Savorgnan di Brazzà. Oltre che alla ricognizione geografica, N. si dedicò all’attività di fotografo, di documentarista e di giornalista, collaborando a molti giornali come «Il Gazzettino», «Il Tempo», «La Stampa», «la Repubblica». Fu regista di due film: Mal d’Africa (1965) e Germania sette donne a testa (1971). Come biologo e naturalista non fu soltanto seguace della scienza ufficiale, perché era vivo in lui anche il senso dell’infinito mistero e delle forze sconosciute che agiscono nell’universo. ... leggi Nel 1958 si sposò con Consuelo Artelli. Era dominato dalla grande ombra del prozio, che lo attirava verso l’attività letteraria, ma in pari tempo anche lo bloccava. Così per molti anni, anziché dedicarsi a un noviziato letterario, si diede a ricerche sottomarine, nella speranza di rintracciare i resti del piroscafo Ercole, naufragato il 5 marzo del 1861 al largo di Capri, in una notte di mare tranquillo. Su di esso v’era il colonnello Ippolito Nievo, intendente dell’esercito volontario garibaldino, custode della cassa e anche della documentazione sull’impresa dei Mille. Corsero molte voci sul naufragio un po’ misterioso del piroscafo. Si parlò persino di un episodio di pirateria da parte di corsari poi fuggiti in Medio oriente. Nel suo fortunatissimo libro di esordio letterario, Il prato in fondo al mare (premio Giovanni Comisso, premio Supercampiello 1974), N. alluse anche a quelle voci. Era attratto dai miti, dalle leggende, dalle coincidenze che sembravano cariche di rivelazioni e di destino. Il primo libro di N. è ricco di attrazioni anche per questi motivi. Ma esso è soprattutto una narrazione appassionata di tutte le indagini compiute dall’autore per chiarire il mistero del naufragio: esplorazioni sottomarine, a oltre duemila metri di profondità; ricerche di ogni tipo, persino consultazione di veggenti e sensitivi. Ricerca scientifica e sciamanesca si mescolano continuamente. Il prato in fondo al mare non è un romanzo nel senso classico, ma una narrazione composita, un reportage sulle lunghe e intense ricerche dell’autore. È una forte testimonianza dell’energia, della vitalità fortissima che N. metteva in tutte le sue iniziative. Perciò egli non è avvicinabile in nessun modo al modello più diffuso dello scrittore italiano, salottiero, un po’ snob, adoratore dell’intelligenza e degli stili elaborati. N. rimase sempre lo scrittore appassionato dell’avventura, della scienza, in particolare di biologia e di antropologia, dei viaggi, delle scoperte, della curiosità intensissima di sapere, delle indagini o descrizioni di temi misteriosi, paranormali, mitici, archeologici. Sapeva bene, per convinzione profonda, che al di là delle certezze scientifiche vi sono nel reale dimensioni enigmatiche, arcane, che attraggono come sirene. La ricerca e la esplorazione in lui sembrano superare d’intensità l’esigenza dello scoprire. Del piroscafo Ercole non trova alcuna traccia. Il fantasma del grande Ippolito si sottrae come fosse un’ombra in uno sterminato Ade di acqua salata. Solo alcuni vaghi particolari o coincidenze paiono svelare che l’autore abbia quasi sfiorato la meta, come se il destino si divertisse ad annodare e a sciogliere i mille fili della vita. Le pagine più intense del libro sono quelle in cui N. immagina e rappresenta i terrori del prozio in procinto di annegare. Egli possiede una grande capacità di immedesimazione. Il suo linguaggio si fa più energico e suggestivo proprio quando sta descrivendo la minaccia di morti imminenti. I racconti di Il padrone della notte (1976) raggiungono analogamente il loro momento più intenso nella descrizione di un evento pauroso che N. visse soltanto da lontano: il terremoto friulano di quell’anno. Crollò il castello di Colloredo di Montalbano, una costruzione composita e secolare che apparteneva ai Nievo ed a famiglie con essi imparentate. Non ci furono vittime, ma N. si scatena nel descrivere la furia delle forze infinite che la Terra Madre chiude nel suo grembo. Uno dei modi più calzanti per definire lo scrittore è di chiamarlo il poeta delle energie misteriose della Terra (che sono poi le stesse del cosmo) di cui egli si sente partecipe. È lo scrittore, darwiniano e spiritualista insieme, delle forme della vita, delle specie viventi e di quelle estinte, come il Dodo, cui è dedicato un racconto. O come le grandi balene che lo scrittore non vuole cacciare, come capitano Achab, ma con le quali cerca piuttosto un misterioso contatto, una chimerica comunicazione (La balena azzurra, 1990). Per N. la vita è un’infinita meraviglia e per questo desidera e ipotizza cose impossibili e miracolose. È una delle forme della sua religiosità elementare, il suo modo di aderire all’Essere. Nel 1979 pubblicò un secondo romanzo, Aurora, un altro libro magico e scientifico insieme. V’è un’altra dimensione importante della narrativa di Stanislao: l’archetipo antichissimo, il simbolo di valenza mitica e religiosa. È la ricerca dell’antica madre, la Terra, la dea dai molti nomi, Cibele, Demetra, Astarte, Iside, Gea, Giunone. N. coglie tutte le possibili relazioni tra la struttura del cosmo e gli avvenimenti umani, come se l’attrazione degli astri e i loro campi gravitazionali in qualche modo corrispondessero all’eros umano. Egli mette in relazione l’enigma del cosmo con la mente e i sentimenti umani. L’uomo così viene cosmicizzato e il cosmo umanizzato. È sempre il frutto di una concezione magica e religiosa del reale, una costante di N., cui non interessa tanto la storia umana, quanto quella dell’essere universale, che crea e dissolve, che è generazione e distruzione insieme. Aurora è un vortice di idee, di miti, di visioni, di venti cosmici, flussi di particelle e campi magnetici, e vi sono imponenti consapevolezze ecologiche. Esse indurranno N. a diventare uno dei fondatori del WWF e inventore dei “Parchi letterari”, dove si fondono le sue fortissime esigenze di salvare la natura e gli animali e di mantenere intatti, nello stesso tempo, i luoghi frequentati da alcuni grandi della letteratura, creando attorno ad essi un’atmosfera di mito. L’una e l’altra iniziativa sono una robusta riprova delle capacità inventive e organizzative di N., sempre legate al suo fortissimo istinto ecologico e al suo interesse globale per il pianeta vivente. Perciò fu membro o presidente di molte associazioni o circoli di sostanza ecologica e naturalistica. E per questo gli furono attribuiti molti premi come il Cypraea (napoletano) e lo Scanno (abruzzese). Nel 1985 N. pubblicò il Palazzo del silenzio, in cui si riaffacciano i temi archeologici, gli archetipi religiosi e il fascino di un passato che la cultura contemporanea sembra aver liquidato senza rimpianto. Le isole del paradiso (premio Strega 1987) racconta il ritorno alla natura di un gruppo di emigranti veneti e francesi, alla ricerca di una nuova patria al di fuori della civiltà industrializzata occidentale. Si stabiliscono in un’isola bellissima, incontaminata, non lontana dalla Nuova Guinea, realizzando un sogno e una utopia di sostanza roussoniana. Ma sogni e utopie si rivelano illusioni che la realtà, le difficoltà della vita in luoghi primitivi si incaricano di demolire. Restano però le suggestioni del lontano, del mitico, del luogo sognato, le stesse attrazioni che seducevano scrittori come il Daniel Defoe di Robinson Crusoe, Robert Stevenson, Rudyard Kipling e Joseph Conrad, di cui N. è un po’ l’epigono e di cui fu talvolta anche il traduttore. Il tempio del sogno (1993) riunisce quattro racconti lunghi che ripropongono i temi consueti di una natura ancora intatta, ricca di suggestioni ancestrali ma anche oniriche. Il “sogno” infatti è uno status della mente umana che diventa sempre più importante in uno scrittore ansioso di moltiplicare le dimensioni dell’esperienza. Nelle pagine di N. rientrano totem e vulcani, uova di uccelli preistorici e animali sopravvissuti alla catastrofe della loro specie. Allo scrittore continuano ad appartenere tutte le epoche non solo della storia umana, ma anche della Terra. Nel 1997 pubblicò Il sorriso degli dei, una strana storia, tra visione e leggenda, in cui vengono in primo piano strane coincidenze del destino. Avere il medesimo nome, per esempio Ippolito, comporta una somiglianza di esperienze e di modi per uscire dalla scena della vita. Forse vi è nel fondo una vaga suggestione borgesiana. Col passare degli anni N. si avvicina sempre più al tema dell’Aldilà. Per esplorarlo non si serve tanto di testi sacri, rivelazioni, teologie, ma piuttosto di interpretazioni, audaci e suggestive, di ipotesi di lavoro della scienza più moderna. Questo almeno nel romanzo Al di là (1999). In Gli ultimi cavalieri dell’Apocalisse (2004) invece riunisce i temi del Destino, della Fede, della Profezia e della Storia naturale, in un’altra fiaba avventurosa, ambientata nella Gerusalemme straziata dai drammi dei nostri giorni. Si tratta di un’altra tipica storia dell’autore, dove la fisica moderna si mescola con le solenni profezie dell’ultimo libro della Bibbia. E, nonostante tutto, il romanzo contiene una nuova speranza per l’avvenire del mondo, spezzando un altro sigillo del testo diventato il simbolo stesso della fine di ogni cosa. Dunque gli ultimi libri di N. sono sempre più penetrati da un senso ansioso della dimensione trascendente, come se lo scrittore non sapesse rassegnarsi all’idea di dover tornare nel Tutto, perdendo i limiti della propria individualità. Suoi romanzi e poesie sono stati tradotti in rumeno, francese, svedese, inglese, spagnolo, cinese. Lo scrittore è deceduto a Roma il 13 luglio 2006.
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Opere di S. Nievo: Il prato in fondo al mare, Milano, Mondadori, 1974; Il padrone della notte, Milano, Mondadori, 1976; Aurora, Milano, Mondadori, 1979; Il palazzo del silenzio, Milano, Mondadori, 1987; Le isole del paradiso, Milano, Mondadori, 1987; Il cavallo nero, Milano, Paoline, 1990; La balena azzurra, Milano, Mondadori, 1990; Parchi letterari, Roma, Abete, 1990; La voragine, Napoli, Guida, 1991; Il tempo del sogno, Milano, Mondadori, 1993; Il sorriso degli dei, Venezia, Marsilio, 1997; Canto di pietra, Milano, Mondadori, 1998; Mater Matuta, Venezia, Marsilio, 1998; Al di là, Venezia, Marsilio, 1999; Barca solare, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2001; Gli ultimi cavalieri dell’Apocalisse, Venezia, Marsilio, 2004.
Dizionario della letteratura mondiale, Milano, Paoline, 1980; Enciclopedia universale Rizzoli-Larousse, 17, 1982; Who’s Who in the World, 1982-19837; Dizionario Bompiani degli autori di tutti i tempi e di tutte le letterature, Milano, Bompiani, 1987; La realtà e il sogno, narratori italiani del 900, a cura di G. MARIANI - M. PETRUCCIANI, Roma, Lucarini, 1987; G. AMOROSO, Narrativa italiana 1975/83, Milano, Mursia, 1989; ID., Narrativa italiana 1984/88, Milano, Mursia, 1989; Dizionario del cinema italiano, 3. I film dal 1960 al 1969, Roma, Gremese, 1992; D. MAURER - A.E. MAURER, Guida letteraria dell’Italia, Parma, Guanda, 1993; I giovani hanno riletto per voi. Quarant’anni di narrativa italiana, Milano, Mondadori, 1994; Enciclopedia Rizzoli, Milano, Corriere della Sera, 2004; Storia della letteratura italiana, Milano, Il Sole 24 ore, 2005.
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