Nacque a Montale (Pistoia) nel 1919, ma nella terra dei genitori, a Gemona del Friuli, trascorse molto tempo della sua vita. Durante il secondo conflitto mondiale partecipò alla campagna di Russia. Nel dopoguerra si laureò in filosofia e si accostò ai poeti neorealisti friulani: Luciano Morandini, Dino Menichini, Mario e Domenico Cerroni. Come altri del gruppo, collaborò alla rivista torinese «Momenti». A Livorno, divenuta sua città d’elezione, insegnò per molti anni storia e filosofia al liceo classico, mantenendo sempre solidi legami con il Friuli. Vi morì il 16 settembre 1998. Nel 1953 pubblicò il suo primo libro di poesie, Un pugno di questa terra, seguito, nel 1959, da Il luppolo selvatico. Dopo un lungo silenzio uscì la raccolta Con le tue mani (1993), in cui vennero riproposti anche i testi degli anni Cinquanta. Seguirono Prima che ci sommerga il flutto (1995) e Il cipresso calvo (1998). Pur nella molteplicità dei temi, si ritrova, in tutte le sillogi, lo sforzo di sondare il mistero dell’esistere, la realtà della materia che si trasforma, la terra che genera e rigenera la vita. Lui stesso si riconosce «un lembo / di terra carnica strappato al greto dei torrenti / conteso ai venti / sulle balze / e fatica delusa in dumi / e sterpi a primavera». Il Friuli, nei testi di N., compare – a tratti – con le sue «ghiacciate solitudini», il paesaggio aspro e arcigno di Gemona con i monti Brancot e Cjampon, il Tagliamento, il torrente Orvenco, «la sorte avara di uomini racchiusi / fra sassi di brevi orti infecondi». Affiorano echi della guerra, dell’occupazione cosacca, intrecciati all’incubo della «neve infinita» di Russia, il cruccio dell’emigrazione, reminiscenze dell’infanzia, dell’adolescenza, e il dolore per la perdita del fratello Leandro fucilato dalle SS a Udine il 9 aprile del 1945. Un’antologia postuma (L’albero che cresce) ha raccolto, nel 2000, anche una quindicina di liriche – alcune già apparse in tempi diversi su varie riviste – scritte nel friulano di Gemona e molto attente sul piano formale: facevano parte di un progetto più ampio interrotto dal sopraggiungere della morte il 16 settembre 1998. La scelta linguistica intensifica il vincolo con la terra degli avi («Nô, cassù, gabòdui di Glemone, / cul cerneli salvadi, / o sin e o sarin simpri / pastanâz te nestre tiare / cun lidrîs di clap» [Noi, quassù, fanfaroni (?) di Gemona, / con il cervello selvatico, / siamo e saremo sempre / impastati nella nostra terra / con radici di sasso]), con il paese distrutto dal terremoto («al duâr sdrumât / sot clas e gravis, / sot cùssinis di vint di niulis di nuje» [dorme distrutto / sotto sassi e ghiaie, / sotto coperte di vento di nuvole di niente]), con la fatica della ricostruzione, e ammette, infine, la vanità dell’inseguire parole per forzare i confini del Nulla («A ce fâ e a ce bon / vastu atôr cirint peraulis, / mai cjatadis, mai vizinis / par sfuarzâ i sclusez dal Nue…?» [A fare che e a che pro / vai in giro cercando parole, / mai trovate, mai vicine / per forzare le chiuse del Nulla…?]).
Bibliografia
Scritti di T. Nonini: Un pugno di questa terra, Milano, Schwarz, 1953; Il luppolo selvatico, Milano, Schwarz, 1959; Con le tue mani, Prefazione di P. Valesio, Spinea (Venezia), Edizioni del Leone, 1993; Prima che ci sommerga il flutto, Prefazione di A. G. Boano, Spinea (Venezia), Edizioni del Leone, 1995; Il cipresso calvo, Spinea (Venezia), Edizioni del Leone, 1998; L’albero che cresce.
Omaggio a Tosco Nonini, a cura di M. MARENNA - D. GASPERI, Livorno, Effequ, 2000; D. CERRONI CADORESI, A cirì il gno paîs, con una lettera e una dedica poetica di T. NONINI, Udine, U/S, s.d. [ma 1978]. A. LUCCHITTA, Tosco Nonini, il naufragio della speranza, «Il Friuli», 10 novembre 1995; D. ARGNANI, Recensione a Prima che ci sommerga il flutto, «Sot la nape», 49/1-2 (1997), 168; M. CARMINATI, Tosco Nonini, «La Panarie», n.s., 31/124 (2000), 33-36.
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