O. nacque il 30 novembre 1896 a Pordenone, da Luigi ed Anna Marco. Muratore, fu segretario della Camera del lavoro di Pordenone nel primo dopoguerra e consigliere comunale nella maggioranza socialista del sindaco avv. Guido Rosso. Nel 1921 aderì al Partito comunista italiano (PCI). All’inizio del 1928 fu alla testa dell’organizzazione clandestina che diede vita per un mese ad uno dei più grandi scioperi avvenuti sotto la dittatura fascista, quello degli stabilimenti del Cotonificio veneziano di Pordenone contro la riorganizzazione produttiva voluta dalla proprietà Brunner. Sfuggì all’arresto della gran parte degli attivisti pordenonesi nel 1931, in quanto era già espatriato. Poco dopo partecipò al congresso clandestino del PCI di Colonia, nel corso del quale fu eletto componente del Comitato centrale. Attivo con il nome di battaglia “Antonio”, rientrò in Italia nel gennaio 1932 per operare a Milano come responsabile della riorganizzazione della CGL – nell’ambito del Centro interno del PCI guidato dal muggesano Luigi Frausin –, ma fu arrestato solo due mesi dopo. Fu condannato dal Tribunale speciale a soli cinque anni di carcere, a causa del suo «ravvedimento», e successivamente – avendo presentato domanda di grazia – fu scarcerato già nel 1934. Negli anni successivi ebbe modo di conoscere, attraverso le corrispondenze dalla Francia di Costante Masutti, il dramma dell’emigrazione comunista in Unione Sovietica. ... leggi Forse anche questi motivi contribuirono, negli anni Trenta, alla crisi dell’organizzazione comunista pordenonese, spaccata tra i seguaci della linea ufficiale e quelli che ne mettevano in discussione, in particolare, la scelta settaria nei confronti del Partito socialista. Ciò non gli impedì di rimanere un riferimento per l’antifascismo locale (già nel 1927 O. aveva per altro scritto a Mussolini per ottenere il passaporto, continuando ciononostante nella lotta antifascista), e di partecipare alla Resistenza in città. Per questi motivi, il PCI lo candidò, come indipendente, alle elezioni comunali del 1946, nelle quali fu il secondo degli eletti. O. fu in quegli anni imprenditore edile, attività che successivamente lo mise in contrasto con alcuni compagni, come fu il caso della rottura con il socio ed amministratore dell’impresa Eugenio Pamio, che era stato il segretario del PCI pordenonese durante la Resistenza. Morì a Pordenone il 16 aprile 1964.
L’attività di O. fu affiancata da quella della moglie Ida Brusadin, nata a Pordenone il 22 marzo 1898 da Giovanni Battista e Rosa Brisin. Apparteneva ad una famiglia operaia che contava fratelli e sorelle attivi politicamente nelle file comuniste e socialiste: Elena, operaia tessile, Giovanni Giorgio, decoratore e giornalaio, e Luigi, muratore ed assessore comunale nel 1920-1921. Dopo l’arresto della rete comunista pordenonese nel 1931, B. rimase il principale riferimento del PCI negli stabilimenti del Cotonificio veneziano. Per sottrarsi all’arresto, anche lei si recò in Francia a lavorare per il Centro estero del PCI, tessendo con lo pseudonimo “Antonia” le relazioni con i compagni rimasti in città attraverso corrieri. Intervenne anche come delegata pordenonese all’XI congresso clandestino della Federazione giovanile comunista. Delusa dall’attività del partito, e contestando la divisione di ruoli tra i compagni intellettuali e quelli operai (ed in particolare le operaie, costrette a pesanti lavori di servizio per mantenersi), rientrò in Italia dopo la liberazione del marito dal carcere. Morì a Pordenone il 5 luglio 1978.
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