Discendente da una dinastia di fabbri e costruttori di orologi da torre attivi in molti centri del Friuli, ma in modo particolare a Udine, nacque il 14 gennaio 1551 verosimilmente ad Aurava di San Giorgio della Richinvelda (Pordenone). Se nei primi documenti veniva indicato come A. «de Aurava» «de la Aurava» «de la Vrava», a partire dal 1575, essendo subentrato al padre Pellegrino nella manutenzione dell’orologio pubblico di piazza Contarena a Udine (e dell’armamentario cittadino), cominciò gradualmente ad essere registrato come A. «de relogi», «Horologius», senza neanche più l’indicazione del toponimo di provenienza. La sua formazione fabbrile e musicale è probabile che fosse avvenuta in Udine ove il padre «faber ferrarius et magister horologiorum» risultava attivo già negli anni Cinquanta, dapprima insieme con il prozio Giacomo di Aurava, artefice di diversi orologi pubblici, e poi in proprio. Il primo impiego pubblico di O. fu come musicista in quanto il 18 maggio del 1573 entrò a far parte della ricostituita compagnia strumentale udinese (era stata sciolta nel gennaio del 1571 per far fronte ai preparativi della guerra contro i Turchi), insieme con Giovanni e Bernardino Buccii (o Celotti), Nicolò e Giovanni Battista Mosto: compito della compagnia era quello di suonare in duomo durante le liturgie festive e «in tutte le allegrezze, bagordi, solennità, et ogni altra occasione publica ad ogni richiesta, et commandamento de magnifici diputati che si troveranno per tempo, et anco sonar le trombe, come, et quando sarà loro imposto da essi signori diputati». Il 26 gennaio 1574, O. chiese ed ottenne, pur mantenendo il ruolo di strumentista, di subentrare al padre da poco deceduto, nell’incarico di manutentore dell’orologio e dell’armamentario, incarico che i suoi antenati avevano svolto «per ispacio di centinara d’anni». Delle due professioni comunque era quella musicale ad impegnarlo ed attirarlo maggiormente: da una supplica presentata ai deputati cittadini il 25 agosto 1577 per ottenere un aumento stipendiale sappiamo che non solo era in grado di suonare diversi strumenti «da mano et da fiato», ma era anche autore di molte composizioni eseguite dalla compagnia. ... leggi Nonostante il ducato mensile di aumento ottenuto in quella occasione, O. «spe lucri amplioris, et conditione certa alicuius uberioris comodi» presentò al consiglio cittadino il 6 aprile del 1578 le sue dimissioni (con lui altrettanto fecero Florindo Sertorio, Francesco Sagabria e Andrea Mosto). Da Udine passò, con questi tre compagni, in Praga al servizio dell’imperatore Rodolfo II, cui indirizzò nel maggio del 1586 il suo Primo libro de madrigali a cinque voci, definiti nella dedicatoria «humili primitie raccolte dal non ancor ben coltivato [suo] giardino de i fiori della musica». Verso la fine di giugno dell’anno seguente, ottenuta una fede di buon servizio, lasciò Praga iniziando, talvolta in compagnia del Sagabria, una serie di peregrinazioni in diverse corti dell’Europa centro-settentrionale. Probabilmente la prima tappa fu Dresda, dove nel 1589 stampò il suo Secondo libro de madrigali a quatro, cinque et sei voci dedicandolo al duca Cristiano I di Sassonia e dove, insieme a Sagabria, figurava tra i membri della cappella di corte nel 1590; i legami di O. con Dresda, sia pur in modo non continuativo, andarono ben oltre la morte del duca Cristiano sopraggiunta nel 1591 (O. compare infatti occasionalmente nei libri paga fino al 1612). Negli anni seguenti fu forse al servizio dei nobili polacchi Pietro e Sigismondo Myschovvschi, destinatari di due suoi libri di canzonette a tre voci, ma mancano i necessari riscontri documentari in proposito, mentre è certa la sua presenza tra il 1594 e il 1595 alla corte del langravio Moritz von Hessen a Kassel cui dedicò il Secondo libro de madrigali a cinque voci e per conto del quale scese in Italia a comprare un buon numero di strumenti musicali. Lasciata Kassel, O. entrò al servizio del duca Heinrich Julius von Braunschweig-Wolfenbüttel (destinatario nel 1596 di una raccolta, compilata da F. Sagabria, di sue canzonette intavolate per liuto) perlomeno dal 1597 quando si servì per la stampa delle sue Intradae del tipografo dell’Università ducale in Helmstedt. La sua presenza nel territorio del Braunschweig-Wolfenbüttel è documentata oltre che nel 1597, nel 1599-1601; cessò ufficialmente, insieme con F. Sagabria, di far parte della cappella musicale ducale il giorno di Natale del 1601. Successivamente le sue tracce si perdono fino al primo aprile 1603 quando tornò in Praga per assumere la carica di vice maestro della cappella imperiale rodolfina; questo incarico, che si protrasse per un decennio, non comportando obblighi rigorosi di residenza, gli permise di continuare occasionalmente la sua attività di cornettista a Dresda. Morto Rodolfo, il nuovo imperatore Mattia, a fine ottobre del 1613, lo pensionò, dopo avergli concesso un atto di nobilitazione a Regensburg e la possibilità di mantenere il titolo di «musico di sua maestà imperiale». Negli anni seguenti O. continuò a viaggiare molto, ma probabilmente senza assumere servizi stabili: nel giugno del 1615 era a Venezia forse per preparare la stampa del suo Terzo libro de madrigali a cinque et a sei voci, nel 1616 a Dresda e poi a Praga per sollecitare pagamenti arretrati. Dalla fine del 1617 al 1622 dimorò a Steyr su invito del burgravio Georg Sigmund von Lamberg avendo modo di ricoprire temporaneamente nel luglio 1618, a seguito della morte di Sebastiano Ertel, la carica di prefetto del coro nella vicina abbazia di Garsten. Negli anni seguenti pare essere stato prevalentemente a Vienna ospite ora della famiglia di una nipote, ora del conte Dietrichstein (un figlio della terza moglie di G.S. von Lamberg), afflitto spesso dalla podagra e da momenti di difficoltà economica in quanto non gli giungeva regolarmente la provisione annuale imperiale di 300 fiorini e non riusciva a riscuotere i suoi crediti arretrati dalla camera imperiale: per cercare di ottenerli, oltre a supplicare più volte l’intercessione di Lamberg, aveva dedicato nel 1627 i suoi Cantica Sion all’abate di Kremsmünster, Franz Anton Wolfrath (o Wolfradt), presidente della camera imperiale e nel 1628 aveva affrontato inutilmente un ennesimo viaggio a Praga (restando creditore di quasi 3000 fiorini). Sempre in Vienna, il 27 febbraio 1633, dettò il suo testamento nominando eredi universali ed esecutori Pietro Verdina, maestro di cappella del re d’Ungheria e Boemia, e Giovanni Sansone, musico da camera di sua Maestà Cesarea; l’atto fu sottoscritto tra gli altri da Martin Kheller, musico cesareo, dal sanvitese Gian Giacomo Arrigoni, organista di sua maestà cesarea, e da Agostino Rossini, musico di sua maestà cesarea. Di questo testamento venne data lettura il 29 ottobre seguente: verosimilmente quindi la morte di O. va collocata nei giorni immediatamente precedenti. La sua produzione musicale comprende composizioni vocali e strumentali, sacre e profane e consta di tre libri di canzonette, quattro libri di madrigali, una raccolta di mottetti e una di intradae: Canzonette a tre voci […] novamente poste in luce, Libro primo, Venezia, A. Gardano, 1593; Canzonette a tre voci […] novamente poste in luce. Libro Secondo, Venezia, A. Gardano, 1594; Canzonette a tre voci […] intavolate per sonar di liuto et nuovamente stampate, Venezia, G. Vincenti, 1596; Il primo libro de madrigali a cinque voci, novamente composti, et dati in luce, Venezia, A. Gardano, 1586; Il secondo libro de madrigali a quatro, a cinque, & a sei voci. Novamente composti et dati in luce, Dresda, «typis elect. Saxoniae», 1589 (si conserva solo in esemplari mutili); Cantica Sion in terra aliena a mysticis Israelitis, octo vocibus concinenda, Venezia, Giacomo Vincenti, 1627 (ci è pervenuto un solo esemplare, purtroppo gravemente mutilo); Il secondo libro de madrigali a cinque voci, novamente composti et dati in luce, Venezia, A. Gardano, 1595; Terzo Libro de Madrigali a cinque et a sei voci. Novamente composti, e dati in luce, Venezia, G. Vincenti, 1616 (sopravvive la sola parte del Canto); Intradae Alexandri Orologii, quinque & sex vocibus, quarum in omni genere instrumentorum musicorum usus esse potest. Liber primus, Helmstedt, «in officina typographica Iakobi Lucii», 1597. A questi libri vanno aggiunte circa trenta composizioni (in prevalenza sacre) presenti in importanti raccolte a stampa dell’epoca e in codici manoscritti. Vale la pena di ricordare almeno il Magnificat (Kremsmünster, Benediktinerstift, Mu sikarchiv, ms L 5), il Miserere mei Deus (edito in Promptuarii musici, sacras harmonias sive motetas V. VI. VII. & VIII. vocum, e diversis […] Collectore Abrahamo Schadaeo senffbergensi […], Strasbourg, K. Kieffer, 1611) e la messa Quando fra bianche perle (di cui sopravvivono solo l’Altus e la Quinta vox, già a Wrocl´aw ed oggi nella Staatsbibliothek zu Berlin Preußischer Kulturbesitz, Slg. Bohn manoscritto mus. 99), tutte a cinque voci. Rimane infine solo la memoria di alcune opere non meglio identificate («cantiones Italicas novas. I. Madrigali quinque, sex, septem. p. II. Madrigali per concerti ut vocamus. III. Dialogos per concerti: Et denique librum de coloratura») che O., in una lettera del 12 ottobre 1599 al re Cristiano IV di Danimarca, affermava di aver dedicato al sovrano stesso; una di queste sembrerebbe addirittura un trattato di teoria sulla coloratura ossia sull’arte della diminuzione o fioritura che era stata illustrata alcuni anni prima da un altro compositore friulano G. Dalla Casa. Le composizioni di O. godono oggi di un rinnovato interesse, favorito forse dalla recente pubblicazione in Italia dell’opera omnia e dalla disponibilità in diversi paesi europei di altre edizioni parziali, interesse che si concretizza in proposte concertistiche e in incisioni discografiche. All’interno di questo corpus si possono segnalare le canzonette per la loro freschezza di invenzione melodica e per la vivacità ritmica, e le intrade (tra i migliori brani per ensemble strumentali del XVI secolo) che già all’epoca della loro composizione godettero di una discreta fortuna contribuendo alla nascita della suite strumentale; anche la produzione madrigalistica e mottettistica, pur non distinguendosi per particolari novità di linguaggio, raggiunge esiti artistici talvolta davvero interessanti e meritevoli di attenzione e studio. Di O. sopravvive pure un bel ritratto (olio su tela) conservato al Grassi Museum für Musikinstrumente der Universität Leipzig, mentre risulta perduto un suo busto che si trovava nella camera dei pifferi in Dresda.
ChiudiBibliografia
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