PAOLINI ALESSANDRO

PAOLINI ALESSANDRO (1500 - ?)

notaio, letterato

Immagine del soggetto

Atto rogato da Alessandro Paolini (Udine, Archivio di stato, NA, b. 4986, f. nn., 20 maggio 1545).

Figlio di Paolino, nacque a Tricesimo all’inizio del Cinquecento. Le scarne notizie sui primi decenni della sua vita filtrano dai suoi componimenti: nell’epistola metrica XCV, rivolta a Francesco Filomelo da Cividale, il P. racconta di aver fatto il precettore dei figli della famiglia genovese Fieschi a Padova e di aver frequentato contemporaneamente le lezioni del giurista Socino e del letterato Lazzaro Bonamico, di essersi recato a Bologna per riprendere gli studi («ut studia instaurem dimissaque munera tentem») con Romolo Amaseo, allora ambasciatore a Roma, e di essersi ammalato gravemente. Rientrato nel paese d’origine per esercitare la professione notarile, si sposò attorno al 1535, poco prima che la moglie morisse dando alla luce il primo figlio Fabio (cui avrebbe dedicato, nel 1581, la lunga epistola metrica CXXXVIII e l’elegia CLXXIV). Nei suoi versi narra le peripezie degli anni seguenti: dapprima a Roma, al servizio di Bernardino, vescovo di Sorrento, maggiordomo di Paolo III, quindi a Napoli segretario di Isabella Villamarina, moglie di Ferdinando Sanseverino, principe di Salerno, poi a Ischia, dove insegnò per qualche tempo lettere greche, infine a Castel Durante sul Metauro, presso Urbino, da cui si allontanò per rientrare in patria sul finire del 1544, come accertano gli atti notarili stilati a Tricesimo dal 1545 al 1546. Cronologicamente diversa la testimonianza del carme XXIX, una supplica rivolta nel 1564 al podestà di Conegliano Lorenzo Malipiero e ai maggiorenti della comunità perché gli reintegrassero lo stipendio dopo la partenza del figlio Fabio suo coadiutore, da cui si ricava che avrebbe lasciato l’ultima sede sedici anni prima, quindi nel 1546. Si possono collocare subito dopo il rientro in patria le seconde nozze, allietate dalla nascita di almeno altri quattro figli maschi, tutti docenti, fra i quali Francesco, Lodovico e Giovan Battista, cui avrebbe indirizzato il carme CXI, tramato di lodi per i letterati friulani. ... leggi Le numerose condotte didattiche degli anni seguenti sono confortate talora da documenti d’archivio: nel 1553 P. era maestro a Gemona; a Udine nel 1559, quando lesse la sua prolusione su Aristotele al luogotenente Giambattista Contarini; a Conegliano dal 1561 al 1564. Il 18 novembre 1560, infatti, Giambattista Amigoni, capitano della città di Udine, raccomandò il P. «homo di bone lettere et boni costumi cum uno suo fiolo di ettà de anni desdotto di bone lettere che aiuteria al Precettore ad insegnar alli scolari […] per anni tre» (Archivio Municipale Vecchio di Conegliano, Libro delle Reformazioni e Parti del M. Consiglio, b. 397/ 27, f. 105v). Il contratto del 26 novembre lo impegnò invece assieme con il figlio Fabio, con la qualifica di ripetitore, per cinque anni (Ibid., f. 105v-106r); dalla corrispondenza intercorsa successivamente si desume inoltre che il ragazzo ha «desesette anni» (Ibid., f. 106r-v), che il consiglio ha stabilito di assegnargli per tramite del notaio e letterato Bologni «per sua habitatione la casa solita posta in Conegliano sopra le Beccarie» e che intende «mandar doi, over tre, carri fino a Pordanon a levar le robe et famiglia di esso Precettor» (Ibid., f. 107r). Il 12 ottobre 1564 però il P., lamentando di avere pochi studenti, chiese di lasciare l’incarico (Ibid., f. 183v), che gli venne revocato il 5 novembre successivo (Ibid., f. 185r). Insegnò di nuovo a Udine dal 1581, come si evince dall’epistola metrica XXXIII inviata al figlio Fabio, allora docente a Venezia, e riscosse larghi consensi: nell’attestato del 5 dicembre 1586 dei settemviri della comunità di Udine, sottoscritto dal cancelliere Marco Antonio Fiducio, si ricorda infatti il P. «qui ab hinc multos annos multa cum laude sua humanitatis studia profitendo nostrae iuventutis ingenia elegantioribus literis et liberalibus disciplinis accuratissime excolit atque exornat». Sebbene ormai ottuagenario, fu chiamato nel 1591 ad insegnare a Cividale; era ancora in vita nel 1599, quando piangeva la scomparsa della nobile Lucina, figlia di Giannetta Savorgnan e di Giovanni Martino Marchesi, e celebrava la nomina di Stefano Viario a luogotenente del Friuli. Dalla memoria poetica De calamitosa publici praeceptoris vita (CVII) si ricava invece l’esasperato sfogo sull’inutilità dell’insegnamento («ut quod non ulla potuit ratione sepultum / elicere ingenium vel cohibere malos»), una frustrante fatica di Sisifo, perché i fanciulli dissennati corrono a precipizio sempre verso ciò che è proibito («qui sibi diverso proponant tramite metam / in vetitum semper praecipitesque ruunt») e, se si cerca di frenarli con saldi precetti o con le punizioni, allora si viene biasimati dai genitori («quod si praeceptis cohibere salubribus aut, si / illa minus valeant, experiare plagis, / insurgunt linguis tutique parentibus audent / spargere per totum dira venena forum»); considerazioni malinconiche che lo inducono a concludere che quella del maestro sia una vita disgraziata: «Credo equidem hanc miseram vitam genus esse luendi / criminum et haud minimum supplicium miseris». La sua produzione poetica consente di ricostruire la fitta rete di amicizie: il giurista romano Angelo Papio, Aldo Manuzio il Giovane, Fausto da Longiano, e, tra i friulani, Giambattista Arrigoni, Gian Francesco Federici Bernardini, copista di Tricesimo, il giurista Boezio, pretore a Udine, Nicolò Cillenio originario di Tolmezzo, precettore a Gemona, Marco Antonio Fiducio, Francesco Filomelo, Cornelio Frangipane il Vecchio, Bernardino Partenio, precettore del figlio Fabio, Francesco Robortello, Pier Antonio Sacilotto. Tra i carmi d’occasione gli epigrammi per Pietro Bonomo, vescovo di Trieste, i due per la nomina, nel 1572, a cardinale di Michele della Torre, quelli per la costruzione della fontana di Lauzacco, voluta nel 1543 dal luogotenente Niccolò da Ponte (celebrato anche dal figlio Fabio nell’elegia in Fabii Paolini Ad Nicolaum a Ponte serenissimum principem Venetiarum, pubblicata a Venezia nel 1578), uno per la visita in Friuli nel 1581 dell’imperatrice Maria, figlia di Carlo V, moglie di Massimiliano e madre di Rodolfo, tre per la nomina a pretore di Bernardo Nani nel 1588, l’epitalamio per le nozze di Francesco Quadrivio con Cassandra Arcoloniani e del conte Muzio di Porcia con Camilla Sbrojavacca, gli epitafi per i papi Paolo III e Pio V, per la nobile Irene di Spilimbergo, morta nel 1559, per Faustina Cucagna Valvasone, per Elena Savorgnan nel 1579, per Tiberio Deciani nel 1582. Tra i “carmina docta” la sua prolusione alla Morale di Aristotele (XCVII), una bucolica di intonazione classica e il lungo panegirico per la Patria del Friuli (CIX), tramato con echi mitologici, leggende, spunti storici e prelievi virgiliani: una terra fortunata («Haec facilis tellus et amica colentibus atque / ingeniorum apprime ferax, studiosa bonarum / artium et indignae fraudis vindexque malorum / hospitiisque patens mitem clementia coeli / reddit et exculti studio curaque politi / ingenui mores deductaque stemmate virtus»), che la natura generosa ha dotato di confini naturali («Munit ingenio alma suo cum protulit orbem / hanc rerum natura parens praesaga futuri / ne decus et regionis opes et commoda pessum / barbaricus daret assiduis furor hostibus olim»), alla quale Saturno svelò i segreti dell’agricoltura e che è abitata da una stirpe di uomini di ferro, tolleranti della fatica («et demum aere virum genus hoc patiensque laborum») e memori delle tradizioni.

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Bibliografia

Sulle sue condotte: mss BCU, Joppi, 596, Serie cronologica, f. non num.; Ibid., Principale, 860/V, Magistri scolarum Glemone; BALDISSERA, Alcune notizie, 10, il quale sostiene genericamente che Alessandro, Giambattista e Lodovico insegnarono a Gemona dal 1557 al 1606. La “provisione” di Alessandro è documentata tra le spese per i “salariati” del comune negli anni dal 1554 al 1556 e nel 1558-59 (ACG, Parte antica, Quaderni dei Massari, ni 523-525), ma forse anche nel 1556-57, per il quale manca il quaderno relativo. Nel 1561 invece si avvia la lunga condotta di Giovanni Spica, quasi ininterrotta fino al 1586 (ivi, ni 527-546), e soltanto nel 1588 quella decennale di Giovanni Battista Paolini (Ibid., ni 547-552). Gli atti notarili di Alessandro, dal 7 gennaio 1545 al primo gennaio 1546, sono conservati in ASU, NA, 4986.
La sua silloge, conservata nel mss BBU, Bartolini, 21, assieme ai componimenti dei figli Fabio e Giovanni Battista, inoltre ivi, 19, f. 120v (di nuovo l’epitafio per Giovanni Battista Arigoni), è consultabile in rete, entro gli archivi del programma Poeti d’Italia in lingua latina, all’indirizzo <http://poetiditalia.sse. unive.it:8080/poetiditalia>. Pochi i componimenti a stampa: un epigramma In foedus et victoriam contra Turcas […] Poemata varia, Petri Gherardi Burgensis studio, Venezia, Guerra, 1572, 347-348; tre editi da M. PICTORIUS, Oratio in funere illustrissimae et excellentissimae principis et dominae dominae Solames ducis Munsterbergi et Olssenii in Silesia, comitis et liberae baronissae a Turri et S. Cruce, dominae Lipnizi et Theudtschenbrodthi, cum naeniis latinis atque italicis insignium poetarum, Venezia, Valgrisi, 1567, 42-43 (gli stessi sono conservati in mss BNMV, Lat. XII 150 (4395), f. ... leggi 12r-v); un epigramma nella Corona variorum poematum in Corona di poemi ne la volgare et Latina lingua […] in lode de l’ill.mo sig.r Stefano Viaro luogotenente […] de la Patria del Friuli, Udine, Natolini, 1599, f. 32v; l’epitafio per la Savorgnan in Lagrime di diversi nobilissimi spiriti in morte de la molto illustre signora Lucina Savorgnana Marchesi, Udine, Natolini, 1599; l’epistola metrica per il figlio Fabio, prefatoria Delle epistole di Paolo Manutio, libri tre, tradotti in lingua volgare da L[udovico] P[aolini] da Udine, Venezia, Somasco, 1590, f. 6r-v; l’elegia in Alexandri Paulini Elegia ad Fabium filium qua illum ad inuisendam ciuitatem Forouliensem inuitat, Venezia, Angelieri, 1591.
LIRUTI, Notizie delle vite, III, 340-352; DI MANZANO, Cenni, 148; BALDISSERA, Degli uomini, 24; SOMEDA DE MARCO P., Notariato, 66, 79; G. COSTANTINI, Uomini ragguardevoli di Tricesimo e Cassacco, «Ce fastu?», 15/4 (1939), 216 (senza estremi cronologici); S. DI BRAZZANO, Pietro Bonomo (1458-1546), diplomatico, umanista e vescovo di Trieste. La vita e l’opera letteraria, Trieste, Parnaso, 2005, 317-318n, 506n.
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